Un mondo decisamente curioso, il nostro. Due grandi proteste in contemporanea nell’enorme corpo della potenza mondiale cinese: da un lato i giovani di Hong Kong, impegnati nella rivendicazione di diritti civili e politici, Dall’altro decine di migliaia di cittadini cinesi che partecipano a una petizione online pro o contro un gatto piuttosto grassoccio e dal colorito indaco che proviene dal Giappone. Doraemon, il pericolo del Sol Levante, che tra le sue forme giunoniche nasconde i valori giapponesi insegnati ai bambini di tutta la Cina, un po’ come il cavallo degli Achei nascondeva i guerrieri greci di fonte alle porte Scee.

Questo l’allarme lanciato da diversi quotidiani cinesi alla popolazione e ai lettori: importare le storie e i cartoni animati del gatto robot ha inquinato in maniera indelebile le menti dei vostri giovani figli. Subito, si è scatenato un polverone di polemiche e di accuse incrociate difficili da comprendere. L’anime tratto dal manga di Fujiko Fujio (pseudonimo della coppia di mangaka Hiroshi Fujimoto e Motoo Abiko), dopotutto, va in onda sugli schermi di mezza Cina sin dal 1991. Che sia la recente nomina, nel 2008, da parte del governo di Tokyo, che ha eletto Doraemon ambasciatore nel mondo della cultura giapponese, a rinverdire i fasti dell’antica e mai sopita rivalità tra l’arcipelago e il colosso del continente?

Senz’altro sappiamo che la pietra dello scandalo è stata una mostra di statuette dedicate al gattone del futuro organizzata nella provincia di Chengdu, nella Cina sud-orientale. Troppo amore e troppa affezione per l’invasore. Un amore che non ha mancato di manifestarsi nei risultati dell’interrogazione online. Il 77% circa dei votanti, sono del tutto contrari alla censura di Doraemon dai loro schermi. E per fortuna, perché anche in Cina “ogni bambino vuole un gattino”.

Mostra Doraemon

Fonte: New York Times