Superman #41Nelle ultime settimane, l’argomento della multirazzialità e multiculturalità nel fumetto di supereroi sembra essere ricorrente. Ultimo ad entrare nel dibattito, Gene Luen Yang, autore di origini asiatiche attualmente in forza alla DC Comics e ai testi di Superman. Interessato in prima persona dalla questione, ha detto la sua in merito ai microfoni di Comic Book Resources, nella videointervista che potete vedere in coda a questo articolo e di cui vi riassumiamo i contenuti

Il concetto chiave, che Yang riprende da un discorso ascoltato tempo fa da parte della professoressa Sarah Dalen, è che gli scrittori hanno il dovere di coltivare il dubbio ed essere esitanti di fronte al compito di scrivere personaggi che appartengono a culture diverse dalla propria. Il cruccio di Yang, che è anche insegnante di scrittura creativa, è che i suoi studenti possano prendere il consiglio come una scusa per evitare di affrontare l’impresa. Non bisognerebbe avere questa paura, per quanto comprensibile sia e per quanto Yang stesso ammetta di esserne a volte colpito, quando non può fare riferimento alla propria esperienza personale.

Yang – In casi come questi, ci vuole un ottimo editor. Qualcuno che possa farti da rete di sicurezza. In alcuni casi, dal subconscio di un autore escono delle cose terribili e io voglio che il mio editor mi richiami e mi rimetta nella giusta direzione.

A colloquio con Yang, Joseph Philip Illidge, attivista e oratore riguardo il problema dei diritti razziali nel campo del fumetto ed ex-editor della DC Comics, ha citato il caso di Cassandra Cain nei panni di Batgirl. Asiatica, Cassandra si impose all’attenzione del pubblico pur appartenendo a una minoranza, ma lo fece soffrendo di alcuni problemi di caratterizzazione.

Illidge – La DC si accorse che rispondeva allo stereotipo dell’orientale terribilmente silenzioso che abbiamo in America. Mettemmo insieme una storyline che la portò ad avere un vocabolario più ampio e un’espressività maggiore, ma non risolvemmo mai il problema fino in fondo, a dimostrazione che, anche quando armati delle migliori intenzioni, bisogna rimanere aperti al diverso e avere un atteggiamento responsabile nei confronti del personaggio.

Yang – Ascoltare più di un parere sul personaggio ha reso Cassardra Cain di gran lunga migliore. Mi ricordo di essermene accorto quand’ero solo un lettore e ben lontano dal diventare un autore DC.

L’intervista affronta quindi l’attuale lavoro di Yang, che non poteva che parlare di Superman:

Quando lavori su un personaggio che non hai creato, cerchi di trovare un equilibrio tra la tua voce narrativa, quel che vuoi fare come autore e l’identità del personaggio, il suo ruolo. Con Superman, il fatto che Kal-El sia il prototipo dell’immigrato è stato di grande aiuto per me. Shuster e Siegel erano entrambi figli di immigrati e vi hanno infuso la loro storia. Quand’ero ragazzo non ne ero consapevole, ma mi ha comunque avvicinato a Superman.

Ha due identità, due codici di comunicazione, come io avevo una lingua a casa e una che parlavo a scuola; un’immagine in famiglia e una in pubblico; un certo tipo di aspettative su di me da parte dei miei genitori e tutt’altro tipo dai miei amici. Proprio come Superman.

Yang ha spiegato che, per un immigrato straniero, la prospettiva che queste due identità possano incontrarsi e riunire i due mondi separati è terribilmente angosciante, come accade all’Uomo d’Acciaio nella storyline Truth.

IconIllidge ha continuato parlando della sua esperienza alla Milestone Comics, che negli anni Novanta proponeva versioni afroamericane di supereroi già famosi, secondo la critica meno benevola.

Non era così. Se leggi Icon, sai perfettamente che non parla di un alieno in una tuta rosso-verde. Parla di Raquel Ervin, diciassettenne che vuole diventare una scrittrice e di come usi la propria immaginazione per cambiare letteralmente la realtà. Icon è una sua creatura ed è lei la protagonista attiva.

Similmente, Illidge spiega le differenze tra Hardware e una semplice versione nera di Iron Man: Tony Stark non ha limiti da superare, non è costretto dalle convenzioni sociali a gestire la propria rabbia. Hardware è in cammino verso il superamento di un’ira, di una furia razziale da cui, crescendo, non ci si deve far dominare.

Yang ha quindi parlato della sua prossima graphic novel, intitolata Secret Coders.

Si tratta di una storia apertamente educativa. Ragazzi delle medie scoprono questa scuola segreta in stile Harry Potter che, invece di insegnare la magia, insegna a scrivere in codice informatico. I protagonisti la frequentano e, tramite quel che imparano loro, speriamo di insegnare a programmare anche ai nostri giovani lettori. Molti non se ne rendono conto, ma la programmazione è nata come un lavoro femminile. Ai tempi si considerava importante l’hardware, non il software: era un lavoro da donne. Quindi sono state loro a creare i fondamenti della programmazione moderna.

Uno dei protagonisti della storia, Eni, è basato sulla figura del campione di basket NBA Chris Bosh, noto per essere appassionato di programmazione ed informatica. Secondo Yang, Eni non è altri che Bosh, qualora avesse deciso di finire l’università e divenire un informatico invece di una delle più forti ali grandi del mondo.

 

Fonte: Comic Book Resources