Grazie a BAO Publishing, alla scorsa edizione di Lucca Comics & Games abbiamo intervistato Giovanni Masi e Rita Petruccioli, gli autori di Frantumi. È stata l’occasione per scoprire qualche retroscena sul processo creativo attraverso il quale è stato realizzato il loro fumetto.

Ringraziamo Chiara Calderone e Daniela Mazza per la collaborazione.

 

Com’è nata l’idea del prologo, questa sorta di riassunto dell’intera relazione raccontata attraverso gli SMS?

Giovanni Masi – “Frantumi” voleva essere estremamente naturalistico nelle premesse e poi avere uno sviluppo che si allontanasse dalla realtà. I personaggi vivono tutta la vicenda come se fosse reale, è il contesto che poi diventa onirico. Nel mio mondo, il 99% della comunicazione è via SMS… i messaggi vocali su carta non potevamo inserirli, e così ho usato quelli.

Esatto, in mezzo a questa comunicazione via SMS non c’è alcun contatto vocale. Per assistere a un vero dialogo della coppia dobbiamo attendere il finale. Intendevate sottolineare così quanto il viaggio metaforico abbia cambiato qualcosa nel loro rapporto?

Masi – Sì, in qualche modo la differenza doveva essere marcata. La distanza e la finta vicinanza degli SMS sono un elemento fondamentale della nostra comunicazione. Noi abbiamo un flusso costante via messaggi praticamente infinito, ma molto spesso non siamo veramente vicini.

Come avete creato il mondo astratto dell’illusione, sia narrativamente che esteticamente? Confesso che non mi sarei stupito se da un momento all’altro si fosse visto un orologio afflosciato, come quelli di Dalì.

Frantumi, copertina di Rita PetruccioliMasi – “Frantumi”, in realtà, ha avuto due vite. La prima è stata il soggetto che è stato proposto all’editore. Poi quando Rita è salita a bordo, al di là dell’idea di massima per cui serviva un mondo distrutto, abbiamo lavorato a braccetto, ma l’aspetto visivo è soprattutto merito suo. Io, ad esempio, volevo il mare di mercurio, denso e grigio, ma lei mi ha detto: “Ma Giò, duecento tavole di grigio? Siamo matti?”

Rita Petruccioli – Sono partita dalle idee di Giovanni, andando verso tutto ciò che io riuscivo a fare. Perché lui ha una descrizione molto dettagliata, ma io non sono abituata a disegnare questi scenari ricchi di particolari. Nel tipo di illustrazione che realizzo di solito non sono necessari. Mi preoccupava soprattutto il pensiero di far girare i personaggi all’interno dello stesso ambiente, così ho trovato una soluzione grafica che fosse semplice ma che allo stesso tempo rendesse bene, basata sulle forme geometriche e i colori.

Il colore è stato un elemento fondamentale fin dall’inizio nella definizione dei personaggi e degli ambienti, nelle varie sequenze del libro. Nella lavorazione dello storyboard io mettevo già i colori. Per esempio, la classica gabbia della tavola non era fatta di linee: era una campitura del colore che sapevo avrebbe avuto quella precisa scena. La stazione Termini di Roma ha come colore dominante un azzurro-grigio: io realizzavo in questo modo una campitura e all’interno andavo a disegnare la scena. Idem per quelle ambientate sull’isola, con campiture gialle e rosa per la spiaggia e il cielo che la caratterizzavano.

Per quanto riguarda l’utilizzo delle chine, ho notato che ci sono vignette in cui i personaggi vengono “contornati”, mentre in altre c’è solo il contrasto tra il colore del personaggio e quello dello sfondo. 

Petruccioli – Vado a occhio. Se dovessi spiegare tutto quello che faccio, non ci riuscirei! Giovanni progettava un sacco le tavole, mentre io “le sento”. Guardo i pesi e magari mi rendo conto che non è necessario contornare un elemento del disegno, mentre un altro sì.

In molte storie ambientate in mondi paralleli o immaginari, il protagonista incontra versioni alternative di personaggi a cui è legato. Perché invece qui troviamo Laila, una figura completamente nuova?

Masi – Secondo me quando il tuo mondo va in frantumi, sei completamente solo. C’è bisogno di qualcuno che non sia amico tuo. Non che gli amici non siano importanti in quei momenti, ma avevo necessità di creare un senso di straniamento totale. Volevo che il lettore, come Mattia, si domandasse: “Chi cavolo è questa?”. Era essenziale per l’esperienza del libro.

Non siete una coppia consolidata ed entrambi avete lavorato con altri autori: dopo “Frantumi” avete già qualche progetto che vi porterà a collaborare di nuovo?

Masi – Rita e io siamo rimasti amici, non ci siamo mandati a quel paese! [ride] Il problema è la mole di progetti paralleli che abbiamo… Ci sarà un’altra cosetta fatta assieme, però ci sentiamo così spesso che qualcosa potrebbe anche nascere domani o dopodomani, oppure tra qualche anno. Però ci diamo una mano a vicenda anche sugli altri lavori.

Petruccioli – È difficile programmare dei libri assieme perché entrambi siamo pieni di impegni…

Masi – …e soprattutto in due mondi diversi. Lei ha un lavoro di illustratrice, io di story editing. Ma vedremo.

Per salutare i lettori, un momento “consigli per gli acquisti”: quali sono i fumetti che recentemente vi hanno colpito di più?

Masi – “Sempre libera” di Lorenza Natarella e “Un anno senza te” di Luca Vanzella e Giopota, entrambi pubblicati da BAO.

Petruccioli – Io ultimamente ho letto “Diana e la Lingua Robotica” di Carolyn Nowak, edito in Italia da Delebile. L’ho scoperto a Treviso, dov’era ospite l’autrice.

 

Giovanni Masi e Rita Petruccioli