Nel corso dell’ultima edizione di Lucca Comics & Games abbiamo incontrato il maestro Giorgio Cavazzano per un’intervista. Durante la chiacchierata, ci ha parlato dei suoi lavori Disney, di progetti del passato e dei fumetti che gli piacerebbe realizzare.

Ringraziamo Jacopo Iovannitti e lo staff di Topolino per la disponibilità.

 

Da bambino, uno dei miei personaggi preferiti era OK Quack, uno dei protagonisti del volume “Topolino Extra”, presentato qui a Lucca Comics & Games. Recentemente sono stati ripescati alcune figure Disney assenti ormai da tempo, penso ad esempio a Reginella. C’è qualche possibilità di rivedere in azione anche il simpatico alieno?

Per il momento rimane lì, sospeso. Domani mi incontrerò con Carlo Chendi e Valentina De Poli, quindi potremmo anche parlare di un suo recupero… be’, non mi dispiacerebbe! D’altronde è un personaggio che mi ha dato molte soddisfazioni e mi ha permesso di creare Umperio Bogarto, con cui forma una coppia molto particolare. Mi ha fatto divertire parecchio mentre lo disegnavo.

Negli ultimi anni, anche grazie a Panini, sono aumentate le riedizioni di lusso, tra volumi Deluxe, Collector e Artist. Da disegnatore è cambiato qualcosa sapendo che certe storie probabilmente saranno poi riproposte in un formato più grande?

C’è una consapevolezza diversa: se quello che sto facendo avrà uno sviluppo diverso cambia la mia interpretazione. Cambiano anche gli sceneggiatori, che nel loro lavoro danno qualcosa in più del solito.

In passato, quando arrivavano racconti come “La vera storia di Novecento”, “La Strada” o “Il Papero senza passato”, sia io che lo sceneggiatore sapevamo che era qualcosa di diverso: ci si mette un 1% in più di impegno, c’è rispetto e timore reverenziale.

Molti definiscono “Topo Maltese” una parodia, ma in realtà è un enorme atto d’amore. Mi sono confrontato con il lavoro di Hugo, avendolo conosciuto, apprezzando quello che ha fatto e ciò che ha rappresentato per tutti noi disegnatori. È stato davvero un bel viaggio.

Ci sono opere con cui le piacerebbe confrontarsi, magari reinterpretandole con Topi o Paperi?

Sarebbe simpatico fare qualche film di Almodóvar: con i personaggi umoristici sarebbe perfetto, i suoi sono già caricature! Sono nato con John Ford e i maestri del western, anche qualcosa del genere mi farebbe piacere. Oppure “Il Gattopardo”: mi sarei divertito a ricrearne i dettagli e i costumi… ma purtroppo è già stato fatto.

Al di fuori dell’Universo Disney, ha lavorato a numerosi personaggi molto popolari, come Spider-Man, Martin Mystère e Ken Parker: c’è qualche altro fumetto che le piacerebbe disegnare?

Be’, mi manca il Punitore, The Punisher. Tra l’altro avevo già disegnato dei character design per gli americani, e li avevano accettati, ma poi è mancata l’occasione e sono rimasti lì. Chi lo sa, magari in futuro…

Sul fronte del disegno più realistico, la rivedremo alle prese con fumetti meno cartooneschi?

C’è qualche progetto su Altai & Johnson che ancora non posso svelare…

Ha lavorato molto anche all’estero: quali sono le principali differenze che ha riscontrato rispetto al mercato italiano?

C’è molta differenza nelle interpretazioni, nei dialoghi, anche nell’espressività dei personaggi. C’è un approccio nell’affrontare la sequenza che definirei cinematografico, diverso. Soprattutto nei Paesi del Nord Europa come Finlandia, Norvegia e Svezia.

Trovo interessante questo aspetto perché mi ha fatto conoscere nuovi percorsi attraverso la vignetta, la pagina e la storia stessa. Le storie sono molto più semplici, ma attraverso questa semplicità bisogna creare elementi interessanti, quindi può rivelarsi un tranello. Bisogna puntare sullo scenario, sui personaggi di contorno o sul comportamento dei protagonisti.

A Lucca Comics è stato presentato il Grouchino che ha disegnato su testi di Francesco Artibani: un ritorno al mondo di Dylan Dog dopo la storia realizzata anni fa per il “Color Fest”.

È quasi un noir, ed è molto divertente. Purtroppo è uscito in bianco e nero perché Simone Airoldi me lo ha proposto tre mesi fa, quindi ho dovuto lavorare con molto impegno. Ma in futuro ci è stato promesso che sarà riproposto in un “Color Fest”.

Queste tue storie su Dylan Dog mi hanno ricordato, per toni e atmosfere, “Jungle Town”. Quel fumetto era stato concepito fin dall’inizio come qualcosa di autoconclusivo oppure c’era l’idea di un possibile sviluppo? 

In tutta sincerità, io non lo volevo fare perché in Francia era uscito ormai da tempo, e con meritato successo, “Blacksad”. Con Claretta Muci, all’epoca direttrice di “Topolino”, ci sono state parecchie telefonate in cui spiegavo perché non me la sentivo di creare qualcosa che potesse assomigliare a un’opera già esistente. Era qualcosa che era già stato fatto prima di me, perciò avrei preferito fare altro. Lei, da cara amica e straordinaria direttrice, la mise sul personale e riuscì a convincermi, così disegnai quell’episodio. Ci sarebbe dovuto essere anche un seguito, probabilmente, però con Tito [Faraci] abbiamo preferito concludere così.

Non avevo pensato al possibile collegamento con “Blacksad”, però “Jungle Town” sembrava un’opera nelle vostre corde, visto che con Faraci aveva già realizzato “Mickey Mouse Mystery Magazine”.

Ecco, sarebbe stato più interessante proseguire quella serie, ma il problema è che ci sono stati dei veti, delle censure. Io ho otto pagine censurate dalla Disney Francia perché ritenute troppo violente.

L’idea era quella di far uscire Topolino dalla sua città e portarlo in giro per gli Stati Uniti. Quello doveva essere lo scopo. Poi si è impantanato ad Anderville, con alcuni amici che alla fine erano versioni alternative di Pippo e Basettoni… È stato qualcosa che è nato bene, ma purtroppo è finito subito.

C’è qualche fumetto o qualche artista che ultimamente l’ha colpita o che l’ha influenzata?

Tutto quello che ha fatto Hayao Miyazaki. Due cari amici mi hanno regalato l’artbook di “Il mio vicino Totoro”, e ci sono delle illustrazioni che sono di una bellezza unica. Direi che avere un po’ curiosità per tutto sia fondamentale.

 

Giorgio Cavazzano