Nel corso dell’ultima edizione di Lucca Comics & Games abbiamo incontrato Paolo Mottura per un’intervista. Durante la chiacchierata, ci ha parlato del suo lavoro come disegnatore Disney, delle sue storie più celebri e dei progetti a cui gli piacerebbe dedicarsi.

Ringraziamo Jacopo Iovannitti e lo staff di Topolino per la disponibilità.

 

Ciao, Paolo e grazie per la disponibilità!
Puoi raccontarci come hai affrontato il lavoro su “Metopolis”? Da un confronto tra film e fumetto ho notato che spesso le vignette non ricalcano le scene della pellicola in modo fedele, ma riescono comunque a trasmettere la stessa sensazione e atmosfera con inquadrature e architetture differenti.

Sì, forse perché “Metropolis” ce l’ho abbastanza in mente, quindi non sono andato a copiarmi le inquadrature come ho fatto invece per altre opere in cui si dovevano citare delle inquadrature o delle situazioni. Ho semplicemente riguardato il film prima di iniziare a disegnare la storia, poi sono andato un po’ a memoria.

Mi piace fare citazioni velate senza proporre la copia pedissequa dell’originale. Chiaramente quando non si conosce bene un’opera, la copia fedele è una scorciatoia valida. Quando ho fatto l’omaggio a “La dolce vita”, di Fellini, non avevo così in mente il film, e la citazione esatta di certe inquadrature è stata necessaria, perché il rimando non era ovvio. Alcune situazioni di “Metropolis”, invece, sono ormai dei classici e la citazione è evidente anche se è più vaga e meno implicita.

Parlando dell’edizione Limited Deluxe, c’è mai stata l’idea di pubblicare la storia in bianco e nero com’era stato fatto con le tavole di Fabio Celoni per “Lo strano caso del Dottor Ratkyll e di Mister Hyde”?

Metopolis, copertina di Paolo MotturaQueste decisioni spettano all’editore, noi non veniamo coinvolti. Se a livello editoriale si ritiene una cosa che possa avere un riscontro, la si fa, altrimenti no. Nel mio caso, credo che ci sia proprio una valutazione della resa grafica: quando disegno penso alle tavole colorate, mentre Celoni ha una lavorazione più elaborata delle chine, quindi forse in bianco e nero sono addirittura più belle, a volte. Io lavoro in funzione del colore, quindi penso che il bianco e nero andrebbe a penalizzare un po’ il mio lavoro. Dovrei pensare un fumetto in bianco e nero fin dall’inizio, così inserirei più tratteggi, più chine.

So che l’idea di proporre una mia storia in bianco e nero era stata presa in considerazione per il volume “On the Road”, ma mi è stato detto che le tavole rendevano di più a colori, quindi l’ipotesi è stata scartata. Tutto sommato, mi sembra la scelta giusta.

Negli ultimi anni, anche grazie a Panini, sono aumentate le riedizioni di lusso, tra volumi Deluxe, Collector e Artist. Da disegnatore, è cambiato qualcosa sapendo che certe storie saranno in seguito riproposte in un formato più grande?

Dylan TopNo, direi di no. Quando vengono realizzate, le tavole sono in formato ancor più grande del Deluxe, e non si pensa al tipo di pubblicazione. È chiaro che un formato più grande valorizza il tuo lavoro, mentre un formato più piccolo lo penalizza. Al tempo stesso, quando lavori a queste storie “speciali” di settanta pagine, parodie con tematiche particolari, cerchi di impegnarti al massimo immaginando una visibilità maggiore.

Questo è però un discorso relativo, perché – e mi spiace dirlo – il nostro è comunque un lavoro fatto con tempistiche strette e costi molto contenuti, quindi ognuno cerca di fare il meglio che può ottimizzando i mezzi che ha a disposizione. È chiaro che non si può fare il capolavoro, perché queste storie vengono pagate esattamente quanto quelle ordinarie ma richiedono più lavoro, e quindi uno deve anche andare più veloce per sbarcare il lunario.

Abbiamo citato Celoni: vi accomuna il personaggio di Dylan Dog, anche se tu hai realizzato solamente una storia per il “Color Fest”. Possiamo considerarlo un unicum o ti interesserebbe proporre qualcos’altro?

È stato un esperimento, non sono un disegnatore realistico. È stata un’incursione, un gioco, un divertissement, senza affrontare a fondo l’argomento del disegno realistico. Servirebbe uno studio delle anatomie che francamente richiede molto tempo, e non so se ho voglia di intraprenderlo. Inoltre, non mi sono stati proposti altri lavori, quindi è finita lì. Sono contento di esplorare nuove soluzioni all’interno del fumetto Disney, che comunque in questi anni sta dando grande libertà agli autori.

Anche “Dylan Top” sulle pagine di “Topolino” possiamo considerarlo un omaggio autoconclusivo? Topalbano sembrava inizialmente un personaggio destinato a essere sfruttato una volta sola ma poi è tornato in scena con altre storie. C’è la possibilità che avvenga lo stesso per la parodia di “Dylan Dog”?

Bisognerebbe chiederlo all’editore. Io ho parlato con Tito Faraci, sceneggiatore del primo episodio, e gli ho detto che secondo me poteva avere degli sviluppi. Non un vero e proprio seguito, però: una storia più violenta, più cupa, più adulta, in modo da rivolgersi a un pubblico diverso dai lettori di “Topolino”.

Si parla di tante cose, ma i progetti che alla fine si realizzano sono pochi, e anche quelli, a volte, hanno bisogno di molto tempo di maturazione prima che vengano alla luce. Di “Moby Dick” mi pare che se ne parlò per tre o quattro anni prima che venisse realizzato, e all’incirca lo stesso per “Metopolis”.

Ci sono opere, di qualunque media, con cui ti piacerebbe confrontarti, reinterpretandole con Topi o Paperi?

Ho pensato a molte cose, più o meno fattibili. Tra i classici del cinema mi piacerebbe disegnare “Tempi Moderni” di Chaplin, oppure “King Kong”, del quale ho anche scritto un finale alternativo che a me piace molto: un’alternativa poetica che nell’universo disneyano permetterebbe di evitare l’epilogo drammatico dell’originale. Poi, con Francesco Artibani, c’è l’idea di fare l’adattamento de “Il Mago di Oz”. Vedremo.

 

Paolo Mottura