Nel corso di Lucca Comics & Games 2017 abbiamo avuto la possibilità di intervistare Giovanni P. Timpano, talentuoso artista italiano, co-creatore della serie Eclipse e attuale illustratore della miniserie The Shadow/Batman.

Ringraziamo sentitamente lo staff di Panini Comics per la collaborazione.

 

Ciao, Giovanni e benvenuto su BadComics.it!

Ciao, e grazie!

Partiamo da una delle grandi novità lucchesi che ti vede protagonista: “Eclipse”. Di cosa parla questa serie che hai co-creato con Zack Kaplan? E cosa rende questa storia di genere fantascientifico davvero originale?

Eclipse vol. 1: Luce mortale, copertina di Giovanni Timpano“Eclipse” è una storia che si svolge in un futuro post-apocalittico la cui principale peculiarità è che il sole, a seguito di un evento di una certa portata, si è di fatto trasformato in un’arma. E credo che proprio questo sia l’elemento più originale del racconto.

Quello che fondamentalmente accade è che, se ci si trova a diretto contatto con i raggi solari, si muore. Quindi, a seguito del suddetto evento, che è stato un vero e proprio cataclisma globale, l’umanità ha iniziato a poco a poco a ricostruirsi. Dopo anni, gli esseri umani hanno imparato a vivere nel sottosuolo. L’unico modo per uscire in superficie senza particolari protezioni è farlo di notte, cosa che ha provocato un’inversione dei fisiologici bio-ritmi. C’è anche la possibilità di uscire di giorno: dei tecnici, parte di una compagnia privata che ormai dirige la città di New York, hanno a disposizione delle tute uniche nel loro genere che gli consentono di lavorare – letteralmente – alla luce del sole. Da queste premesse, prende il via la nostra storia.

Ciò che mi ha spinto a lavorare a questo progetto è stato un discorso prettamente tecnico. Fino ad allora avevo lavorato solo a storie e personaggi pulp, spesso ambientate negli anni Trenta, della Dynamite. Personaggi oscuri, atmosfere tetre e un predominante uso della china, del nero. L’occasione di capovolgere gli elementi chiave su cui avrei lavorato, in una storia nella quale il sole – e quindi la luce – la fa da padrone e il nero di fatto è come se non esistesse, mi è sembrata troppo ghiotta da rifiutare. È stato tutto funzionale al mettermi alla prova in un nuovo contesto narrativo.

Oltre al fatto che hai avuto modo di concepire e illustrare dei design molto originali.

Per la creazione dei design, io e Zack abbiamo lavorato a stretto contatto e in totale libertà, trattandosi di una serie creator owned. La particolarità di “Eclipse” è che non devi inventare nulla ex novo: trattandosi di un post-apocalittico, in cui la società è stata distrutta e l’umanità ora ha il solo scopo di sopravvivere, è sufficiente prendere gli oggetti di uso comune, anche i più banali, e riplasmarli in qualcosa di diverso. Le stesse tute dei protagonisti non sono altro che quelle appartenute in precedenza agli astronauti e utilizzate con una nuova funzione. Il riutilizzo di materiali già esistenti si è rivelata essere una sfida molto divertente.

Una cosa che mi ha colpito, ancor prima di incontrarti personalmente, è quanto traspaia la tua sincera passione per il Fumetto e per il tuo lavoro attraverso i social, di cui, a mio modesto parere, fai un ottimo utilizzo. In che modo queste piattaforme possono essere uno strumento per un artista?

Come avrai visto, utilizzo i social esclusivamente per lavoro. Faccio da sempre molta fatica a condividere online aspetti della mia vita privata o esprimere opinioni su argomenti sensibili: non è quello il posto giusto. È invece il luogo perfetto per promuovere il proprio lavoro. Mi piace molto cercare di comunicare tutta la mia passione per questo mondo, a cui sono attaccato davvero con le unghie.

Nonostante io sia quello “nuovo”, non sono esattamente un giovincello: ho trentotto anni. Sono nuovo perché sono arrivato tardi. E sono arrivato tardi perché la mia vita ha preso una piega diversa rispetto a quella di tanti bravi artisti. Prima di fare fumetti, lavoravo in fabbrica. E dunque, quello che cerco di dire, attraverso i social ma anche con il mio stesso lavoro, è che amo tutto questo, e ci tengo tantissimo a farne parte.

Ho provato che cos’è la vita “dall’altra parte”. Oggi vedo ragazzi appena usciti dalle scuole di Fumetto che, grazie al loro talento, arrivano subito a grandi palcoscenici. Ed è giusto così, ma loro non hanno vissuto quello che ho vissuto io, e dunque mi chiedo sempre se hanno o avranno lo stesso mio attaccamento, dato che qui ci voglio restare e a tornare a fare i servosterzi per auto non ci penso minimamente!

Ammetto che non sapevo nulla di tutto questo. Ora hai solleticato la mia curiosità, e vorrei che mi raccontassi qualcosa di più sulla tua esperienza precedente e sul tuo tanto agognato arrivo nel mondo del Fumetto.

Ho lavorato in fabbrica fino a otto anni fa. Mi è sempre piaciuto disegnare e sognavo da sempre di poter fare fumetti. Tutto è cominciato la prima volta che da bambino vidi “Batman” di Tim Burton. Da allora, non ho mai smesso di disegnare, tanto da iscrivermi al Liceo Artistico. Una volta finita la scuola, mi trovai in una situazione nella quale dovevo portare a casa il pane e non ero ancora abbastanza bravo per lanciarmi nel mondo del Fumetto. La vita, a volte, sa essere tiranna, fregandosene abbastanza dei tuoi sogni. Quindi, ho dovuto prendere il primo lavoro che sono stato in grado di trovare per tirare a campare, cosa che comunque ho fatto di buon grado, accantonando il mio sogno, che però è rimasto sempre vivo. Sentivo questa pulsione crescere dentro di me, sempre di più, fino a quando, a ventinove anni circa, ho mollato il mio lavoro a tempo indeterminato e mi sono detto: “Basta, io devo fare fumetti”.

Ho ripreso quindi a disegnare intensamente e sono stato per la mia prima volta al San Diego Comic Con, dove ho preso i miei primi contatti. Da lì ho iniziato i miei primi lavori con piccoli editori, per poi arrivare dove sono adesso. Per tutto questo, oggi sono molto felice e provo una grandissima passione per quello che faccio. Sono qui per restare.

Hai detto “per arrivare dove sono adesso” e che tutto è iniziato con “Batman”, di Tim Burton. Oggi su Batman ci sei arrivato. Stai illustrando la miniserie “The Shadow/Batman”, e non posso nascondere di essere folgorato dal tuo stile, che trovo quantomai consono a un personaggio come il Cavaliere Oscuro. Hai realizzato il tuo sogno?

Lavorare su Batman è, ovviamente, meraviglioso. E sì, ho realizzato il mio sogno. Il bambino dentro di me è stato felicissimo, ma per cinque minuti. Poi è tornato il professionista.

Purtroppo non sono in grado di godermi molto i successi perché vedo tutto in ottica molto lavorativa: il mio obiettivo è essere il professionista migliore possibile, spingendo sempre al massimo e puntando a migliorarmi sempre di più. So già che, quando avrò settant’anni, di tutto questo mi pentirò, ma è quello che sento: se arriva un’occasione, devo sfruttarla al massimo ed essere pronto per quella successiva.

Distrarsi potrebbe essere deleterio. Quindi arrivare a disegnare Batman è stato il momento più bello del mondo. Ma, di nuovo, per cinque minuti. Poi mi sono messo al lavoro.

Sono convinto che dopo questa miniserie non mancheranno nuove offerte, magari proprio dalla DC Comics. Stai pensando a un futuro con la casa editrice di Burbank?

Sì. Nel senso che so che la DC Comics è molto felice del mio lavoro. Tecnicamente, “The Shadow/Batman” è un prodotto edito da Dynamite, ma ovviamente la DC deve monitorare e soprattutto autorizzare ogni vignetta della storia. Ho già parlato con diversi editor della casa editrice per poter fare qualcos’altro dopo questa miniserie. In pratica, però, dopo “The Shadow/Batman” tornerò su “Eclipse”. Poi si vedrà.

I fumetti delle major, come “Batman”, sono un po’ l’opposto di quelli creator-owned come “Eclipse”. Nel secondo caso è tutto in mano ai creatori, mentre nel primo c’è lo stretto controllo di quella che è di fatto una grande azienda di importanza globale. Quali sono i pro e i contro delle due realtà?

Mi piace moltissimo il poter alternare il mio lavoro in entrambi gli ambienti, che sono così diversi tra loro. Per me sono due realtà che possono tranquillamente convivere. Anzi, io non riuscirei a concepire questo mondo se dovessi disegnare solo Batman per tutta la vita, o solo “Eclipse”. È appagante avere la totale libertà di fare tutto ciò che vuoi, ma è altrettanto bello avere qualcuno che ti dice come devi fare le cose.

All’inizio della miniserie di Batman e Shadow sembrava che la storia dovesse svolgersi in un universo alternativo, quello di Terra-2, e a causa di ciò mi avevano chiesto di creare un nuovo costume del Cavaliere Oscuro: per qualche artista potrebbe essere un sogno poter realizzare il design di un nuovo costume di Batman, ma personalmente sono molto legato alla tradizione e con essa desidero confrontarmi.

Quindi, quando la DC ha fatto retromarcia, scegliendo di ambientare questo racconto nell’universo canonico, sono stato contentissimo di poter lavorare sul Batman attuale, con il costume disegnato da Greg Capullo. In questo caso, quindi, la mia preoccupazione è solo quella di fare del mio meglio e rispettare le deadline.

Sul fronte creator owned, ti assicuro che non è un gioco dover inventarti sempre qualcosa, per quanto sia una sfida divertente. In questo senso, Batman diventa una valvola di sfogo e mi consente di trovare sempre il giusto equilibrio.

Lavori di fatto esclusivamente per l’America. Cosa ha in più questo mercato rispetto a quello italiano?

La prima cosa che mi viene in mente è: libertà. A volte ho l’impressione che il mercato italiano sia un po’ “vittima” dei suoi lettori. Mi viene da fare un’analogia con il mondo del Calcio: quante volte le società sono ostaggio dei propri tifosi ultras? Magari sbaglio, ma ho la sensazione che in Italia si tenda sempre – e quindi troppo – a dare al lettore quello che vuole, in maniera molto più conservatrice di quello che dovrebbe essere.

In America… basta guardare alla Marvel e ai cambiamenti di cui si è resa protagonista negli ultimi anni, anche scatenando l’ira di tantissimi lettori! Non ne sto facendo un discorso qualitativo: magari i nuovi fumetti della Casa delle Idee sono robaccia, ma intanto ha avuto il coraggio di osare, rivoluzionando più di una volta il proprio universo narrativo e i tanti personaggi che lo popolano. Se non sperimenti e rimani incollato alla tradizione, come fai a sapere qual è il modo migliore per fare le cose?

 

Giovanni Timpano