In quel di Lucca Comics & Games, abbiamo intervistato per voi Marco Taddei e Simone Angelini. Ringraziamo lo staff di Panini Comics per la disponibilità e per averci concesso questa chiacchierata. Gli autori di Malloy hanno portato alla fiera lucchese il volume antologico Storie brevi e senza pietà, riedizione deluxe e rimaneggiamento di due precedenti raccolte che segnarono l’inizio della collaborazione tra loro.

 

Iniziamo da “Malloy”. Siete felici del successo che ha avuto? La maggior parte delle critiche che ha ricevuto sono state tra il molto positivo e l’entusiasta.

Angelini – Certo. Siamo contentissimi, anche se l’abbiamo vissuto in maniera diversa rispetto all’attenzione ricevuta in passato. Essendo in una realtà grande come quella di Panini, rispetto ai tempi di “Anubi”, l’abbiamo sentita meno sulla pelle, forse. Anche perché all’epoca era davvero la nostra prima pubblicazione importante. Era tutto molto diverso. Insomma, facciamo fatica a capire se “Malloy” abbia avuto lo stesso successo, se sia stato inferiore o magari superiore.

Certo, il punto di partenza era molto differente rispetto a una produzione indipendente.

Angelini – Esatto. Anche la produzione non è paragonabile. Ai tempi di “Anubi” avevamo molto più il polso di come e quanto girasse il libro. Mentre oggi, con “Malloy”, siamo dentro a un sistema molto più grande e non abbiamo un’idea dell’impatto che ha avuto.

Taddei – Comunque siamo felicissimi dal punto di vista della soddisfazione personale. Il volume è stato ben accettato e recensito. Ovvio che si tratta di un libro completamente differente da “Anubi”, però questo ci fa ancora più piacere, dato che il pubblico ci ha seguiti, o riscoperti, anche se abbiamo decisamente cambiato genere.

Eppure siete riusciti a mantenere la vostra identità artistica, seppur in una nuova incarnazione e confezionando un’avventura. “Malloy” è a tutti gli effetti una storia in senso più classico del termine. Quando lo leggevo avevo l’impressione di leggere una specie di “Grosso Guaio a Chinatown” sotto acidi.

malloyTaddei – La definizione rende davvero bene. Non ricordo chi, ma qualcuno ci ha detto che gli sembrava proprio di essere in fila all’agenzia delle entrate sotto acidi. E questa è una definizione che ci garba. Ancora meglio la tua, dato che siamo dei superfan di John Carpenter.

Angelini – Oppure, un’altra definizione che avevamo dato noi – e molti hanno condiviso – è una fusione di “Fantozzi”, “Indiana Jones” e Mario Monti.

Taddei – Lo stile è comunque davvero molto diverso da quello di “Anubi”, anche se siamo sempre noi. In quel caso l’idea di base era quella di sottrarre il più possibile, mentre con “Malloy” si trattava di aggiungere in maniera illimitata. A spirale rovesciata. Si tratta di una struttura complicatissima e articolata. Spesso incasinata perché ci piaceva l’idea di trasformare il progetto in una storia super-colma di roba. La fantascienza è un genere che te lo permette e il fatto che avessimo a disposizione una distribuzione capillare come quella di Panini era perfetto per questa scelta. Noi che facciamo un fumetto distribuito in questo modo è pura fantascienza.

Angelini – Anche nel promuoverci abbiamo fatto una cosa simile. Ad esempio, sapendo che avremmo dovuto rincontrarti, sono andato a rileggermi l’intervista dell’anno scorso, sempre con te, e ho verificato che ti abbiamo detto una marea di stronzate! Così come a moltissimi altri che ci facevano domande. In molti casi abbiamo citato l’architettura sovietica, un sacco di storie di accumulo. Ma in realtà erano tutte baggianate.

Il che, poi, è perfetto. Ad esempio nel vostro stile molto ieratico ci rivedo perfettamente quelle architetture sovietiche iperrazionaliste e senza troppi fronzoli. E anche l’idea della burocrazia onnipresente e minacciosa, a suo modo…

Taddei – In effetti. Sicuramente è più sovietico che altro.

“Malloy”, secondo me, è un’avventura totalmente funzionale al personaggio. C’è chiaramente lui sul palco. Vi interessava costruire lui e il mondo che gli gira attorno. Il resto è venuto di conseguenza. Un po’ come “Anubi”, del resto. Ma in quell’ansia di accumulo di figure che giravano attorno al protagonista, vi siete presi il tempo di ragionare sui personaggi che lo accompagnano o erano degli accessori, ammassati per bulimia?

Taddei – No, certo che erano tutti progettati uno per uno. Non sarebbe stato possibile costruire un mondo così complesso senza avere coscienza compiuta e conclusa di tutti i personaggi. Valeva ancora di più per “Anubi”. Però è proprio così, per noi. Il mondo di “Malloy” non sarebbe stato completo se non fossero stati approfonditi abbastanza anche gli altri personaggi. Anzi, è la chiave di tutto e lo era anche per “Anubi”. Avere dei protagonisti così forti ti impone un sostegno alla sua altezza. Per “Anubi” c’era addirittura Horus. Per “Malloy” il mondo del Paravatz, studiato nei dettagli. Anubi non faceva nulla. Malloy è invece super-istituzionalizzato, con un suo ruolo in un sistema che approva e certifica le sue azioni.

Nonostante, alla fine, sia impossibile o quasi stabilire se sia il buono o il cattivo della storia.

Taddei – Sicuramente non il buono. Non so se sia il cattivo.

Angelini – Sul discorso dei personaggi, della complessità e di tutta l’architettura del racconto, c’è anche un punto molto importante che spesso facciamo presente agli editori con cui lavoriamo. Realizzare qualcosa del genere in un tempo anche abbastanza ristretto, perché alla fine non hai chissà quanto a disposizione, significa starci dentro al cento percento. Quindi non solo crei quel mondo, ma ci vivi dentro. “Malloy” ha significato sei mesi in cui io ero convinto di stare ogni giorno dentro la sua astronave: fai solo quello e pensi solo a quello. Figurati quanto impatta ogni personaggio che nasce, ogni particolare della storia. Ed è veramente una cosa da matti. Quindi facciamo presente anche il fatto che, essendo il mondo del Fumetto abbastanza difficile per gli autori – soprattutto per noi che facciamo cose poco popolari, per così dire – significa che questo lavoro deve essere sostenuto da chi te lo commissiona. Anche considerando il prezzo che ti chiede.

E mi pare di capire che lo abbiate trovato, da parte di Panini.

Angelini – Sì, assolutamente.

Taddei – Di certo facciamo quello che facciamo anche perché possiamo farlo. Quindi un po’ di sostegno c’è.

Però, come dicevate, è dura essere Malloy per troppo tempo. Infatti adesso siete tornati alle vostre vecchie storie brevi per la nuova pubblicazione.

Angelini – Sì, per noi è stato un percorso defaticante. Non che non ci abbiamo lavorato sopra, ma ovviamente è diverso dover selezionare storie da due volumi che hai già pubblicato e rimasterizzarle, visto che abbiamo ridisegnato da capo certe cose e modificato altre. Confezionare questo nuovo volume è stato completamente diverso da “Malloy” e “Anubi”. Una bella vacanza. Anche perché è capitato in estate.

Taddei – Sì. Sottoscrivo. E comunque è vero, facciamo sempre fumetti in estate. Anche quello nuovo che scriveremo.

Si vede che l’afa vi ispira! Del resto affatica, confonde le percezioni, rende poco lucidi. E infatti leggervi non è mai immediato. Leggendo “Storie brevi e senza pietà”, che non conoscevo prima di questa riedizione, ho notato che condivide con “Malloy” e “Anubi” l’ambiguità, dato che diversi racconti rimangono impenetrabili e doppi fino al loro finale. A volte anche oltre.

Taddei – Pensa che queste sono le prime storie che abbiamo scritto, e volevamo arrivare all’osso di ogni tema. Non a caso, abbiamo messo la Morte in copertina, perché queste sono storie che vanno all’osso del nostro stile: l’ambivalenza della vita che ora è ironica e ora tragica, che noi cerchiamo di riprodurre e inserire all’interno del fumetto. Queste storie sono la palestra dove lo stile e la comicità che poi vedi in “Malloy” o “Anubi” si sono formate. Per questo abbiamo pensato che fosse il caso di riproporle proprio adesso. Oltre che per il fatto che siamo affezionatissimi a queste storie.

Mi sembra che siate proprio andati in cerca di uno “zero” che a volte mi viene da definire comico, ma più spesso no, proprio per questa ambivalenza di cui parlavi. Si tratta piuttosto di uno “zero comunicativo”.

Storie Brevi e Senza PietàTaddei – Anche nei disegni. Rubo un attimo il lavoro a Simone, ma nell’ultima storia, quella dell’intervista con la Morte che è la chiave di lettura di tutto il volume, abbiamo cercato di costruire una storia assolutamente ieratica, come hai detto tu prima. Zero movimento, zero cambiamento e anche meno disegno possibile. Sempre la stessa inquadratura, con meno cambiamenti possibili, solo il testo per dare un po’ di ritmo. Questo era il nostro intento. Secondo me è la storia che è riuscita meglio, quindi siamo abbastanza soddisfatti.

Angelini – Noi abbiamo preso solo due storie dal primo volume e le abbiamo aggiunte a tutte quelle del secondo, per un totale di dodici, mi pare. Con questa operazione ci sentiamo di aver creato la versione definitiva delle “Storie Brevi”, quella che vogliamo che sia in commercio, anche contando che le altre edizioni sono ormai fuori produzione. Ciò che è rimasto fuori erano cose molto embrionali che avremmo dovuto rimaneggiare troppo per rendere presentabili e rappresentative di chi siamo oggi. Erano la palestra di cui dicevamo prima.

Per “Malloy” avete preso l’idea di personaggio più noiosa che potesse venirvi in mente per renderla una figata. Qui, in “Storie brevi e senza pietà”, lavorate spesso al contrario. Prendete cose del tutto assurde, allucinanti e le riducete alla normalità. Ad esempio, un dialogo con la Morte diventa qualcosa di assolutamente mondano, quotidiano, anche deludente. Vi sentite un po’ i poeti a fumetti della banalità.

Angelini – Se è un complimento, sì!

Certo che lo è, perché penso che in “Malloy” per un certo verso, e qui molto di più, andiate a cerare l’altra faccia di quello che è, costantemente impegnati a guardare dietro alle cose.

Taddei – La parola banalità ci attrae sempre, in effetti. Quindi va bene la definizione, tranne per la parola poeti. Noi la poesia…

Ma io lo intendevo in senso greco etimologico. Dal verbo “poieo”…

Taddei – Ah, nel senso di creatori. Be’, sì. Cosa c’è di più bello che fare banalità?

E, a proposito di domande banali: e adesso?

Angelini – Eh eh! Banale per te, ma non per noi.

Taddei – La risposta ufficiale è: un sacco di cose.

Angelini – Per ora è uscita la notizia di un nostro progetto con Coconino il prossimo anno. Però questo non significa che il nostro lavoro con Panini si interrompa qui.

E “Malloy” confermate che sia un progetto chiuso?

Taddei – Non esistono progetti chiusi. Nemmeno “Storie brevi” potrebbe essere un progetto chiuso.

Angelini – Ma nemmeno “Anubi”.

Taddei – Esatto. Sempre tutto aperto. Come i chakra.