Dopo l’interessante esordio con Demone dentro, Mattia Iacono porta avanti la sua attenta riflessione sulla società contemporanea con il suo ultimo romanzo grafico, Macumba. Presente all’ultima edizione di Lucca Comics & Games, abbiamo colto l’occasione per scambiare quattro chiacchiere con l’artista romano.

Ringraziamo Stefano Panetta e tutto lo staff di Tunué per la disponibilità.

 

Ciao, Mattia e benvenuto su BadComics.it!
Dopo “Demone dentro”, in cui il tema del viaggio veniva presentato come una risposta alla sedentarietà della società contemporanea, ecco “Macumba”, graphic novel decisamente più stanziale. Da dove hai preso spunto per la genesi di quest’opera?

Ciao e grazie. “Demone dentro”, “Macumba” e un terzo romanzo a cui sto lavorando fanno parte di un trittico di opere legate da un filo conduttore: la paura. Non parlo di trilogia in quanto le singole opere sono slegate tra loro, non si tratta di né di sequel né di prequel.

“Macumba” nasce dalla voglia di raccontare la suggestione, di come molte persone – io in primis – si facciano influenzare dalle suggestioni, talvolta talmente tanto da fare o dire cose che, in condizioni di serenità, mai avrebbero immaginato di fare o di dire.

Qual è il motivo che ti ha portato a utilizzare questo titolo, “Macumba”?

Con il titolo volevo giocare con la parola “macumba”: nella sua accezione religiosa ha un significato ben preciso e diametralmente opposto rispetto al nostro sentire. Da noi è inteso come una iettatura, malocchio, proprio come la interpreta il protagonista della storia, Bellini.

Di cosa parla “Macumba”?

“Macumba” è la storia di Bellini, appunto, un personaggio ipocondriaco e scorbutico che vive da solo dopo aver abbandonato molti aspetti della sua vita proprio per colpa del carattere, delle sue credenze. Per una serie di eventi narrati nel volume riceve una macumba – così come la intendiamo noi – e tre pietre che custodiva a casa gli predicono la morte nelle successive ventiquattro ore. A questo punto, come da consuetudine, inizierà a dare la colpa delle sue sfortune al malocchio, per poi prendersela con chi gli sta intorno. In fondo, è sempre colpa degli altri! [ride]

Sia in “Demone dentro” che in “Macumba” la società viene rappresentata esaltandone gli aspetti più negativi: l’apatia, la chiusura verso il prossimo, la diffidenza e la paura. Da sceneggiatore, come ti poni nei confronti di ciò che ti circonda nel quotidiano?

La mia opera vuole essere una riflessione. Entrambi i romanzi nascono dall’esigenza di raccontare ciò che sto vivendo, ciò che vedo. Parlare di critica o di denuncia mi sembra esagerato. Preferisco intendere la mia opera come una riflessione su ciò che mi sta intorno.

Come ti dicevo prima, spesso tendiamo a dare la colpa agli altri, se succede qualcosa di brutto ci difendiamo subito dicendo “…ma io non ho fatto niente di sbagliato!”. Ecco, io voglio portare il lettore a riflettere su se stesso, ad assumersi anche la responsabilità di quello che si fa senza demandare o agli altri. O al malocchio.

Entrambe le graphic novel sono legate da una religiosità ancestrale. Da dove nasce il tuo interesse per l’argomento? C’è stato un romanzo, un film o un documentario che ti ha ispirato nella realizzazione di “Macumba”?

Come tutti i bambini ero innamorato dei dinosauri e di quel periodo storico un po’ “leggendario” e, ovviamente, volevo fare l’archeologo, proprio come il protagonista. Da questo interesse infantile scaturisce la voglia di leggere e approfondire con lo studio le civiltà antiche.

In “Demone dentro” ho fatto riferimento alla cultura indiana, mentre in “Macumba” compaiono le pietre di Ah Puch, il Dio della Morte, che sono di origine Maya. Ma non solo, ho voluto inserire anche rimandi alle Pietre di Ica o ai Teschi di Cristallo. Proprio l’archeologo che li ha scoperti è stato il mio riferimento per il character design del protagonista del romanzo, Bellini.

Non ho fatto particolari letture. Come ti dicevo è un mio interesse che porto avanti da sempre. Potrei citarti i documentari di Piero Angela, ma risulterei banale. Sono tante le cose che ho letto e che mi hanno formato nel corso degli anni.

Sebbene siano diversi tra loro, “Demone dentro” e “Macumba” hanno un’impostazione simile e temi in comune, tra religioni antiche e riflessioni sulla società contemporanea. Per il prosieguo della tua carriera artistica senti di voler continuare in questa direzione o avverti l’esigenza di cambiare rotta?

Sento l’esigenza di sperimentare qualcosa di nuovo. Come dici giustamente tu, le due opere, seppur diverse, sono contenute nello stesso universo, concepite intorno a sensazioni base uguali. Per la terza parte di questo trittico sto utilizzando comunque un approccio vicino agli altri due ma cercando soluzione diverse. Sarà un passaggio in attesa di fare qualcosa di completamente nuovo. Ho tante storie abbozzate sui miei quaderni che voglio raccontare, approfondire. Alcune di queste sono totalmente avulse da quanto fatto finora.

Come artista, invece, la tua produzione è stata caratterizzata dall’adozione di uno stile molto originale, vicino a soluzioni cartoony. È questa la tua dimensione o stai cercando nuove direzioni?

Il mio studio quotidiano e la mia volontà di crescere e migliorare sempre mi stanno portando a sperimentare anche nella componente artistica. Anche quando mi cimento in lavori diversi dai miei cerco sempre di apprendere il più possibile. La speranza è che sia evidente l’evoluzione, da “Demone dentro” a “Macumba”. Per il prossimo lavoro mi spingerò ancora oltre. Il mio obiettivo è arrivare sempre più là, non mi sento ancora arrivato.

Considerando la tua triplice natura artistica – sceneggiatore, disegnatore e colorista – dove ti senti più a tuo agio?

Provo a essere me stesso in tutti gli ambiti di questo lavoro. Amo molto il Fumetto, sin da piccolo volevo fare il fumettista, e ora che ci sto riuscendo cerco sempre di mettere tutto me stesso in quello che faccio. Sicuramente il disegno è la parte che prediligo, è un aspetto che mi appartiene di più, anche se quando coloro mi diverto davvero tanto!

Da giovane artista che ha la possibilità di scrivere e sperimentare grazie al supporto di un’etichetta come Tunué, che offre supporto e visibilità, come guardi l’attuale scena del Fumetto italiana?

È un momento molto particolare per la scena italiana. C’è molta richiesta, sia da parte degli editori che da parte dei lettori, e questo ha fatto salire l’attenzione nei confronti del medium. Ci stiamo avvicinando a una logica di tipo francese, la cui solida cultura fumettistica ha portato nel corso degli anni a tutelare il ruolo del disegnatore e dello sceneggiatore. In Italia, fortunatamente, stiamo percorrendo quella strada.

Qualche mese fa leggevo che c’è la volontà di far nascere anche da noi un sindacato per il settore. Il momento è positivo, ci sono parecchie idee e spero che molte di queste possano diventare realtà e che non finiscano, come da consuetudine nostrana, nel baratro dell’impossibilità.

 

Mattia Iacono e Pasquale Gennarelli