A Lucca Comics & Games 2015 abbiamo avuto la possibilità di incontrare la straordinaria disegnatrice di Pretty Deadly: Emma Rios. Con lei abbiamo ovviamente parlato del fumetto di cui è co-creatrice insieme a Kelly Sue DeConnick, pubblicato in Italia da BAO Publishing; ma è stata anche l’occasione per ripercorrere la sua intera carriera e chiederle qualcosa del suo prossimo progetto: Mirror ideato con Hwei Lim.

 

Ciao Emma, benvenuta su BadComics.it! Grazie per la tua gentilezza e la tua disponibilità.

Grazie a voi per avermi ospitato.

Vorremmo partire dagli inizi della tua carriera: come sei diventata un’artista di fumetti e cosa ha acceso in te la scintilla?

Leggevo fumetti da bambiEmma Riosna e ho iniziato a disegnarli molto presto. Era un mondo che mi ha subito affascinato e che trovavo straordinariamente semplice da comprendere. Non ho mai pensato che un giorno avrei potuto vivere grazie ai fumetti, farne una professione.

Ho realizzato il mio primo, vero fumetto a 13 anni, era qualcosa che avevo fatto solo per me naturalmente; ricordo che erano 25 pagine a matita, con roba scopiazzata qua e là e ispirata soprattutto a ciò che stavo leggendo allora, come Akira di Katsuhiro Otomo. Iniziai così, facendo fumetti per me stessa; quindi entrai in contatto con persone della mia città che erano interessate al Fumetto, un collettivo di autori indipendenti. Cominciai ad autoprodurmi, pubblicando diverse cose. Non consideravo ancora la possibilità di farlo come mestiere.

In Spagna allora, il fumetto non era considerato come in Francia, America o Giappone, al pari delle altre arti, ma un prodotto per bambini o un intrattenimento superficiale. Neppure i lettori erano molti, non paragonabili all’Italia per esempio. Devo dire che le cose sono cambiate tanto oggi. Ma all’epoca erano diverse, così mi iscrissi alla Facoltà di Architettura e divenni un architetto.

Che tipo di fumetti ti appassionavano di più? Leggevi anche materiale estero?

Come dicevo, ai tempi in Spagna il mercato era molto ridotto. Ho cominciato leggendo materiale europeo, anche italiano, come Diabolik. Poi americani, Marvel e manga, amo molto il fumetto giapponese.

Quali sono state le tue prime esperienze come professionista?

Ho iniziato a lavorare per il mercato francese, in Soleil. Non pensavo che i miei fumetti potessero interessare all’estero, ma fui contattata da autori che trovarono il mio stile interessante. Non credo fossi già pronta per un debutto nel mondo dei professionisti. Sono stata fortunata, se devo essere sincera, mi sono trovata al momento giusto al posto giusto. Ma le bande dessinée non facevano per me. Gli sceneggiatori hanno un ruolo predominante, e io, abituata a fare tutto da me, mi sentivo troppo vincolata.

Hexed #1 (Dicembre 2008)Quando e come è arrivata l’occasione di lavorare alla Marvel?

Entrai in contatto con gli editor della Marvel a Barcellona. Feci un paio di colloqui con loro, ma in verità volevo iniziare con la Vertigo. Era il 2007 se non ricordo male. L’anno successivo arrivò l’occasione con la BOOM! Studios e la miniserie Hexed [scritta da Michael Alan Nelson – NdR]. Quindi fui ricontattata dalla Marvel e andai a lavorare per loro. Ma l’ho già detto, bisogna essere molto fortunati, e io lo sono stata.

Hai parlato di manga prima. Nel tuo stile estremamente raffinato e suggestivo si possono rilevare diverse influenze da varie parti del mondo, tra cui spiccano elementi tipici del fumetto giapponese. Sei d’accordo?

Si, certamente. Amo molto lo stile manga soprattutto degli anni ’70. È un tipo di fumetto che mi ha sempre affascinato. Ciò che più mi ha influenzato ritengo sia il modo di narrare una storia. Ogni tavola è compressa, in poche pagine vengono raccontate molte cose. Io divido la mia pagina inserendo molte vignette perché ho sempre poco spazio per raccontare tutto ciò che vorrei. Mi ritrovo molto nel modo di concepire le tavole dei manga.

E, come in un manga, nei tuoi lavori è semplice capire ciò che avviene in ogni tavola: la lettura è rapida, emerge la qualità del tratto e delle immagini, da apprezzare dedicandogli tutto il tempo necessario.

Oh, grazie! È mia intenzione riuscire a trasmettere al lettore quanto hai detto. Sviluppo la mia tavola su più livelli narrativi che abbiano un senso complessivo. I dettagli, le scene secondarie hanno per me quasi la stessa importanza di quelle primarie. A una prima lettura si dovrebbe coglierne il senso in maniera veloce, poi si può andare a soffermarsi su ciò che accade in primo piano o sullo sfondo. Non è sempre facile ma spero di esserci riuscita.

Pretty Deadly vol. 1Parliamo dell’opera con cui ti sei presentata alla Image Comics, realizzata insieme a Kelly Sue DeConnick: hai partecipato attivamente alla creazione dei personaggi di Pretty Deadly?

Si, il design dei personaggi è mio. Fin dall’inizio Kelly Sue mi ha lasciato libertà totale e la possibilità di contribuire alla definizione dei protagonisti e dei comprimari. Per esempio mi riferisco al mantello da avvoltoio che è diventato un elemento centrale della storia, oppure agli animali (ce ne sono molti), compresi i due narratori.

In una serie come Pretty Deadly è difficile separare scrittore da disegnatore; sia Kelly Sue che io ci siamo influenzate a vicenda, mantenendo un continuo dialogo e scambio di idee nel realizzare ogni tavola. È una libertà che ci è stata concessa da Image Comics.

Cosa ti colpisce e affascina di più in un soggetto come Pretty Deadly?

Pretty Deadly è il primo fumetto creator-owned a cui lavoro dopo la mia esperienza di quattro anni alla Marvel. Quando disegni una serie come The Amazing Spider-Man, devi rimanere molto aderente al soggetto. Peter Parker è Peter Parker, così come l’Uomo Ragno è l’Uomo Ragno; ci sono regole e canoni da rispettare. Sono personaggi incredibili da disegnare ma non ti appartengono e sai che potrai lavoraci sopra solo per un determinato periodo di tempo. Pretty Deadly invece è tutto mio, e ovviamente di Kelly Sue, e ipoteticamente potrei dedicarmici tutta la vita. È un’esperienza difficile da spiegare ma molto appagante.

Ogni autore e ogni team creativo ha il suo modus operandi: il tuo e quello di Kelly Sue qual è?

Siamo sempre in contatto, scambiandoci bozze, sketch e sceneggiature via email. Non c’è nulla di definitivo e ogni cosa può cambiare se una delle due trova un’idea, uno spunto che risulti più efficace o coerente. Io per esempio non mi metto a disegnare dopo aver letto l’intera sceneggiatura: dopo 5, al massimo 10 pagine, inizio a buttare giù le tavole, non voglio rimanere troppo aderente allo script ma avere un concetto generale, in modo da inserire se posso, modifiche utili alla narrazione da condividere poi con Kelly Sue. Non so, può sembrare strano ma tra noi due funziona benissimo. So dove vogliamo arrivare alla fine di ogni episodio, ma l’idea è quella di lasciare aperte più soluzioni. Una cosa di cui ho bisogno sono i dialoghi. Kelly Sue è molto brava a scriverli e sono molto efficaci. È importante per me conoscerli per comprendere bene i sentimenti dei personaggi, cosa stiano provando, piuttosto di cosa stiano facendo, cosa che alla Marvel accadeva spesso; o meglio, spesso mi era richiesto il contrario.

Osborn #1 (Gennaio 2011)Alla Marvel hai lavorato su serie come Doctor Strange, The Amazing Spider-Man e Runaways. Quindi è arrivato Osborne con Kelly Sue. Com’è stata la tua esperienza alla major? Ti rivedremo ancora su una serie supereroistica?

Sono stata e sono una Marvel fan e mi sono divertita molto a disegnare i personaggi della Casa delle Idee, ho imparato tante cose. Se mi sarà possibile, però, il mio desiderio è quello di continuare a fare fumetti creator-owned, dove mi sento perfettamente a mio agio.

C’è già qualcosa che bolle in pentola? Stai già dedicandoti a qualche nuovo progetto?

Oh si. Si intitola Mirror e uscirà a febbraio, sempre per Image Comics. Questa volta mi vedrete nel ruolo di scrittrice. Disegnerò alcune pagine, ma l’artista è Hwei Lim, dalla Malesia. Ci siamo conosciute in Giappone dove abbiamo lavorato insieme in alcuni workshop e da allora siamo diventate molto amiche.

Sto ovviamente lavorando sul prosieguo di Pretty Deadly e lavorando sul magazine Island con Brandon Graham, il tutto per la Image.

Puoi anticiparci qualcosa di Mirror? Che genere di storia sarà?

Diciamo un mix di fantascienza: L’isola del dottor Moreau di H. G. Wells ambientata nello spazio… con animali parlanti. Penso sia venuta una vicenda molto interessante.

Sarà una miniserie?

Doveva esserlo e uscire a dicembre. Poi l’abbiamo posticipata a febbraio per farla diventare una serie regolare. Ne sono entusiasta, davvero molto felice.

Island #1 (Luglio 2015)Hai parlato anche di Pretty Deadly, cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima run, vedremo ancora Sissy?

Ritroveremo Sissy nel suo nuovo ruolo di Morte. Ci sposteremo avanti nel tempo di circa vent’anni e l’ambientazione cambierà parecchio rispetto al primo ciclo. La vicenda si svolgerà tra America e Francia. Prima di Sissy, la Morte era assai crudele; Sissy non lo è per nulla, quindi aspettatevi grossi cambiamenti anche nel racconto. Ritroveremo anche la farfalla e il coniglio e altri animali. Amo molto questo genere di parabole che Kelly Sue riesce a comporre per ogni capitolo, con una sorta di morale in fondo.

Concludiamo questa lunga e piacevolissima intervista con la nostra domanda di rito: c’è un fumetto che vorresti consigliare ai lettori di BadComics.it?

Certo, con piacere! Ci sono due mangaka che in questo momento leggo con molto interesse. Il primo è Daisuke Igarashi, l’autore di Children of the Sea: è un maestro nelle atmosfere e nelle suggestioni legate al folklore; mi è stato molto utile per Pretty Deadly. L’altro è Taiyo Matsumoto. In particolare vi segnalo il suo ultimo seinen, Sunny, un manga autobiografico, intimo e davvero coinvolgente, con uno stile minimalista.