Fausto Vitaliano e Paolo Mottura hanno incontrato i lettori durante la scorsa edizione di Lucca Comics & Games per parlare di On the Road, il loro fumetto che da qualche mese è stato raccolto in volume. Ecco il botta e risposta che ne è uscito:

 

Come siete riusciti ad adattare un romanzo molto particolare come Sulla strada di Jack Kerouac?

Fausto Vitaliano – Il merito va soprattutto ai personaggi Disney, avere la possibilità di utilizzare personaggi così perfetti ci consente di adattare qualunque storia, anche un romanzo complicato e poco disneyano come quello di Kerouac. Il nostro compito è rispettare quei personaggi, capire cosa possono dirci in più rispetto alle storie già lette e dare loro quello che loro ci stanno dando, che è moltissimo.

C’erano almeno due o tre tematiche che mi interessavano, a partire dal viaggio citato anche nel titolo; in questa storia ho cercato di rendere soprattutto l’idea del viaggio e come ogni personaggio scoprisse qualcosa di sé. È quel genere di storie definite buddy stories, due personaggi che non hanno niente in comune e affrontano assieme un viaggio: Topolino è molto quadrato e concentrato sui suoi obiettivi, mentre Pippo è il rilassato protagonista del romanzo Sulla strada.

Ci sono milioni di storie in cui è Topolino a spiegare qualcosa a Pippo, che è sempre descritto come un personaggio stupidotto, impedito, svagato… Qui ho cercato di invertire il paradigma, è Pippo che insegna: Topolino passa il tempo al suo scrittoio cercando di finire il romanzo, mentre lui vive sui treni merci, dorme all’aperto, fa mille lavori, quindi è lui il vero protagonista che conosce lo spirito del viaggio.

Un’altro tema è inseguire il proprio sogno. A me a dieci anni piaceva scrivere e in questa storia Topolino è diviso: ha la possibilità di lavorare nell’azienda di assicurazioni di suo zio, ma lo ritiene un lavoro noioso e ripetitivo, lui vorrebbe inseguire il suo sogno di fare lo scrittore. Per essere felice Topolino deve rendere felice se stesso, non rendere felice suo zio. È importante andare avanti sulla propria strada quando tutti ti dicono che il tuo sogno non vale a niente, che è meglio mettere la testa a posto, trovare la sicurezza e cercare la pensione. Non diventate ciò che vogliono gli altri, diventate voi stessi.

Il terzo tema è forse il tema disneyano per eccellenza, l’amicizia: noi siamo belle individualità, ma se non abbiamo una rete di amici a cui raccontare chi siamo, quali sono i nostri sogni, la nostra vita, sentiamo che ci manca qualcosa.

Hai scelto tu Paolo come disegnatore?

Vitaliano – L’affidamento di una storia a un autore è un processo complesso, se ne occupa la redazione. Io e Paolo ci conosciamo perché abbiamo lavorato assieme per altri progetti, anche in Bonelli, quindi sono stato felice che la redazione ci abbia fatto collaborare, nella mia mente questa era una storia di Mottura. Nel volume di On the Road si possono vedere nei contenuti extra alcune sue tavole pittoriche, sono meravigliose.

On the RoadSu Topolino sono state pubblicate alcune foto di un viaggio in America, quanto hai attinto da quell’esperienza?

Paolo Mottura – Bè, ogni volta che leggo una sceneggiatura mi vengono in mente delle immagini che derivano dalla mia esperienza, altrimenti devo sfruttare la mia immaginazione.
In questo caso ho attinto della lettura del romanzo fatta tanti anni fa, ma anche dai tanti viaggi fatti negli Stati Uniti, in particolare il primo: visto che gli Stati Uniti per me erano un luogo mitologico, è stato un viaggio avventuroso e indimenticabile, mi ero sentito come dentro un romanzo e spero di essere riuscito a trasmettere molte di quelle sensazioni all’interno della storia. Il primo compito del disegnatore è realizzare ciò che c’è nella scenggiatura, se poi c’è anche la possibilità di fare citazioni a esperienze personali e cercare di passarle al lettore, è un di più.

Vitaliano – Io invece ho consegnato la sceneggiatura poche settimane prima di partire per il mio viaggio negli Stati Uniti, quindi nel mio caso erano aspettative di quello che avrei trovato. Avrei visitato la California, l’Arizona, lo Iutah, il Grand Canyon, il deserto, perciò ho inserito nella storia tutte le cose che volevo vedere.

Ciò che mi è rimasto di quel viaggio, lo riassume il film Grand Canyon di Lawrence Kasdan, in cui Danny Glover porta Kevin Kline davanti al Grand Canyon e gli dice: “Tu credi di essere un gran personaggio, importante per te stesso, per le persone… ecco, guarda qui”. Effettivamente lì rimani incantato, io ho visto il sole calare al tramonto dietro una gola; è bello sentirsi parte di un meccanismo, cosa che è normale per chi ha una dimensione religiosa, per me non è così perciò è stato emozionante sentirsi un pezzetto del Grand Canyon.

Ho racchiuso la bellezza del viaggio in una frase che Pippo dice a Topolino: “Cosa pensavi potesse accaderti restando a casa? Questa è la vita!”. È quello che oggi succede con questa tecnologia che ci costringe a stare a casa, il mondo esterno è veramente più interessante di ciò che accade dentro Facebook.

L’idea di rifare il romanzo di Kerouac è stata tua?

Vitaliano – Sì, quando l’ho proposta in redazione erano preoccupati, però c’è un po’ di esperienza e sappiamo cos’è interessante da raccontare. Qualcosa di simile mi sta succedendo ora che sto lavorando alla versione disneyana del Don Chisciotte; anche in questo caso la coppia Topolino e Pippo è protagonista e nella loro amicizia ognuno dà qualcosa all’altro, sono personaggi così completi e costruiti in maniera quasi magica che riesci a vederli all’interno dei Promessi Sposi, dell’Odissea

Fausto, in qualità di scrittore ci sono scrittori a cui ti ispiri?

Vitaliano – Bè, io sono un lettore bulimico, come tutti i miei colleghi, leggo tantissimo, anche fumetti. Ho incontrato il mio primo fumetto a 7 anni, ero a casa di un cugino che leggeva fumetti e vidi un albo di Alan Ford appoggiato su un tavolo, mi ha aperto un mondo. I fumetti che preferisco sono umoristici, dalla satira di Alan Ford a Calvin & Hobbes e i Peanuts, passando per Strangers in Paradise – una delle cose più belle che si possano leggere.

Paolo, qualche disegnatore che ami in particolare?

Mottura – Parlando di fumetto sicuramente Uderzo, o in tempi più recenti  il Cavazzano di quando ero ragazzino. Il problema è che ti innamori solo di certi autori, che non è mai un bene; il bello è allargare i propri orizzonti, apprezzare i pittori, i fotografi, i registi cinematografici e rendersi conto che non c’è più una sola fonte. Un artista valido sviluppa una propria cifra stilistica e in maniera automatica mescola tutto ciò che ha visto e appreso negli anni.

Le tue tecniche preferite?

Mottura – Nel fumetto disegno a matita e ripasso coi pennelli, è la tecnica classica ed è un po’ limitativa, ma negli ultimi anni la stessa tecnica viene riprodotta in digitale. Però mi piace molto la pittura; ho un padre pittore e quando ho tempo mi piace dipingere, sia dipinti disneyani sia pittura astratta, riprodurre i graffiti, dei calchi di superfici tridimensionali che vengono riprodotte sulla tela, si possono fare graffiti, affreschi, delle cose che sono suggestioni, accostamenti di domande.

Un vostro ricordo del periodo in cui avete lavorato a PK?

Vitaliano – Ho scritto poche storie, ma sono quello che ha risposto male ai lettori per tantissimo tempo; in quegli anni avevo la necessità di andare in terapia e la PK Mail mi ha risparmiato tanti soldi.

Mottura – Eravamo giovani, belli, pieni di idee e molto entusiasti; ricordo tante belle riunioni in cui desideravamo far vedere che eravamo bravi, c’era la voglia di sperimentare ciò che di solito in Disney non si poteva fare, esageravamo, anche a livello grafico. È stato un bel momento.