In occasione del Lucca Comics and Games 2015, abbiamo avuto la possibilità di intervistare Stefano Vietti e Marco Checchetto, i creatori della nuova miniserie originale Panini Comics intitolata Life Zero (QUI la recensione del primo numero). Il duo ci ha rivelato diversi, interessanti dettagli sul fumetto, e ci sentiamo di ringraziare sentitamente loro, Marco Marcello Lupoi, Nicola Peruzzi e tutto lo staff Panini per la disponibilità e la cortesia.

 

Life Zero 1Partiamo dalla genesi di Life Zero. Avevate in cantiere questo progetto da diversi anni e ora, grazie a Panini, il vostro personale sogno è realtà. Come è nato Life Zero? Cosa vi ha fatto credere così tanto nelle potenzialità di questo fumetto?

Vietti – Tutto cambia radicalmente quando si passa da un progetto che stai pensando assieme a un amico a qualcosa di concreto che devi creare perché c’è un editore dietro che ha creduto in te, in noi. In quel momento la storia finisce di essere qualcosa che ti stai raccontando, quasi per gioco, con un tuo collega, e diventa qualcosa che deve assolutamente prendere un corpo definitivo. Dunque, mi sono messo a lavorare seriamente sul soggetto, in modo tale da dargli una struttura completa. Il confronto con l’editore è altamente funzionale in questa fase perché riesce a darti una direzione più precisa. Quando hai costruito per bene il tuo racconto, inizi a crederci in maniera totale con grande entusiasmo.

Life Zero è un progetto che vi ha coinvolto molto entrambi: quale è stato il processo creativo?

Checchetto – Siamo arrivati a Life Zero cazzeggiando, sostanzialmente. Noi due ci sentiamo al telefono costantemente, siamo veri amici: parliamo sempre di videogame, di cinema, di fumetti…

Vietti – E non solo al telefono. Ci sentiamo via chat anche mentre giocavamo entrambi a Call of Duty! Tantissime idee che abbiamo poi trasposto nel fumetto sono nate in quei momenti.

Life Zero 1Accidenti, siete due nerd!

Checchetto – [Ride] Se mi dai ancora del nerd ti picchio!

Rimangio tutto…

Checchetto – [Ride] Scherzi a parte, proprio mentre giocavamo rilevavamo quanto Stefano volesse fare qualcosa di horror, mentre io ero più propenso al genere action: le cose, dunque, si sono fuse. Dopo averne chiacchierato la prima volta, mi misi a disegnare la silhouette di un elicottero precipitato, con vicino un personaggio armato che si allontanava da questo in un paesaggio innevato. Se vogliamo, questo è diventato un po’ il primo artwork di Life Zero, oltre che il simbolo della serie. Questo elemento è riproposto anche nel primo numero, infatti: è un’immagine che mi ha colpito molto.

Peraltro, c’è una scena simile anche nel trailer del film Suicide Squad

Checchetto – [Ride] Eh, vabbè, ci sono arrivati dopo. Ci hanno sicuramente copiato!

Una delle cose che mi ha più colpito del primo numero di Life Zero, è che vi sono dei contenuti molto violenti e politicamente scorretti, cosa piuttosto insolita nel fumetto italiano. In questa serie sembra non ci siano eroi…

Vietti – Pensavamo fosse più difficile realizzare un fumetto del genere, con questo tono e con questi elementi narrativi, nel panorama editoriale italiano. In realtà, quando ci siamo confrontati con Panini, ci hanno lasciato libertà totale, senza condizionamenti o censure. Inoltre, per esempio, la scena finale del primo numero, che non andiamo qui a spoilerare, non è messa lì tanto per, non è violenza gratuita: c’è un significato molto specifico dietro quella sequenza, che si scoprirà più avanti. Come autori, dunque, ci sentiamo molto tranquilli, perché abbiamo riflettuto molto sulla nostra storia: c’è un motivo per tutto, un motivo che risiede nella natura stessa dei protagonisti. Sin dal principio specificammo a Panini che Life Zero è una storia di personaggi, non di zombie.

Life ZeroMarco, parliamo della veste grafica del fumetto. Devo ammettere che sei nuovamente riuscito a superare te stesso: come ti sei approcciato al disegno e allo storytelling di Life Zero?

Checchetto – Quando abbiamo iniziato a lavorare a Life Zero, come già detto, era quasi un gioco, motivo per il quale si pensava di fare una cosa molto veloce, utilizzando bozzetti a matita, colorati alla meno peggio. Poi ci siamo fermati per diverso tempo per altri impegni lavorativi. Quando siamo tornati sul progetto, per me erano passati otto anni di evoluzione grafica, e in questo momento devo dire che sono abbastanza soddisfatto del mio lavoro. Quindi, arrivato a un certo stile grafico, non volevo che Life Zero fosse “inferiore” a quello che faccio per Marvel. È il nostro bambino, ci teniamo che sia un prodotto all’altezza.

Riguardo la costruzione della narrazione di Life Zero, ho notato come questa sia simile a quella di un videogame, quasi come se vi fossero dei livelli da superare per i protagonisti…

Vietti – Hai notato bene, bravo: questa è una buona lettura. Lo sviluppo è simile a quello di un videogioco: non ci sarà un boss finale, ma il livello di insidie e di pericolo crescerà progressivamente nel corso della narrazione. La situazione è destinata a precipitare, sempre a causa dei protagonisti e alle scelte che si troveranno a fare.

Checchetto – È un fumetto molto cattivo: i protagonisti sono brutte persone in un brutto ambiente.

Forse, quindi, l’unica fonte di luce e speranza nella storia è rappresentata dalla figlia del protagonista, che diviene una sorta di “principessa nel castello” da salvare?

Checchetto – Proprio così!

Dopo la conclusione della prima miniserie, quale sarà il futuro di Life Zero?

Vietti – La prima storia è autoconclusiva: al terzo albo chiudiamo tutti i cerchi, anche perché ci interessava arrivare a una conclusione vera, in primis per onestà nei confronti del lettore. Nel secondo numero, però, ci sarà l’idea di un possibile prequel e alla fine, lasceremo aperto qualche spiraglio che potrebbe dar vita a ulteriori storie in questo universo narrativo. Noi ci speriamo.

 

Life Zero