Il bilancio di “Davvero” è positivo, dunque, nonostante la sua “sfortuna”.

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Barbato – Positivissimo. Il mercato italiano ha rimbalzato il progetto, e ne prendiamo atto, ma può anche essere che non fossero maturi i tempi, che se l’avessimo tentato ora sarebbe andata diversamente. Può darsi che sarebbe saltato fuori un interlocutore diverso nell’editoria: all’epoca è stato Star Comics, e potrebbe non essere stato quello giusto; magari oggi avremmo trovato un editore differente in grado di seguire il progetto sulla lunga distanza, senza concentrarsi sull’andamento del singolo numero. Però queste sono tutte dinamiche editoriali, ti capita l’editore che ti capita.

Tutti sanno che all’epoca non ho voluto proporre questo progetto in Bonelli, pur avendo una discreta convinzione che me l’avrebbero accettato. Però era appena mancato Sergio Bonelli, lui me l’avrebbe fatto fare – anche se non ci avrebbe creduto – ma farlo dopo la sua scomparsa avrebbe portato molti a dire “L’hanno fatto solo perché Sergio non c’è più!“, e non avrei mai potuto accettarlo.

Pensi che la chiusura della serie possa aprire la strada al titolo come raccolta in volume, nel formato di una graphic novel?

Barbato – Innanzitutto, il finale è stato un ringraziamento ai lettori che hanno aspettato per tutto questo tempo; dopodiché, parliamo di una storia che chiude ma non occlude, non è un finale drastico. Se si presentasse qualcuno che intende trasformarla in qualcos’altro, sarebbe il benvenuto, ne potremmo parlare. Ma non è l’intenzione con cui abbiamo realizzato il settimo numero. Abbiamo pensato al lettore che finalmente si porta a casa la conclusione della storia.

Nel racconto è stato abbandonato il conteggio del denaro che accompagnava le vicende di Martina. Come mai?

Barbato – È stata una decisione legata alla coerenza, perché non era più un elemento nodale della storia, anche se ogni tanto i soldi vengono citati. Finché Martina gestiva il proprio denaro, aveva senso monitorare la situazione, ma una volta che questa è migliorata sarebbe stata una cosa appiccicata lì, solo per il piacere di farlo. E quando una cosa non è più utile, la lascio andare.

Quando Martina è tra il pubblico televisivo, muove a Selene delle critiche che potrebbero essere mosse a se stessa. È un passaggio che mi ha affascinato molto: sono critiche reali o è un copione che gli è stato fornito dagli autori del programma?

Barbato – Sono critiche reali. Secondo me, si tratta del classico caso del bue che dà del cornuto all’asino. Nascono nella mente di Martina e sono assolutamente una proiezione di sé. Poi, ovviamente, sono cose sottintese che divertono me; la trovavo una cosa interessante, anche se non c’è stato lo spazio per svilupparla. Se avessi avuto a disposizione sei numeri conclusivi, quello sarebbe stato un grande nucleo su cui lavorare.

Alla fine arrivi a parlare dei reality show. Ormai sembra un argomento “vecchio”, ma quando è stato lanciato il fumetto era ancora un elemento che scatenava accesi dibattiti. Hai sempre avuto l’idea che “Davvero” sarebbe arrivato a parlare di una ragazza catapultata in questo universo o è “solo” una delle tante tappe dell’avventura di Martina?

Barbato – All’epoca, c’erano le pagine Facebook di tutti i personaggi di “Davvero”, e se avessimo avuto le forze sarebbero state aggiornate giorno per giorno. Ci saremmo suddivisi la gestione di queste pagine e io avrei detto ai vari colleghi cosa avrebbe dovuto dire Riccardo in quel tal giorno, quale status avrebbe pubblicato Martina, eccetera… Questo sarebbe stato sostenibile in un macrocosmo molto più articolato.

La potenzialità, secondo me, c’è sempre stata, e da cosa nasce cosa. Nel momento in cui Martina sarebbe diventata un personaggio televisivo, avremmo creato i gruppi di hater. Sarebbe stato uno spunto di riflessione interessante, un modo per raccontare bene questo fenomeno.

Entrambi lavorate nel Fumetto seriale ma avete anche pubblicato romanzi in prosa. Avete mai preso in considerazione la possibilità di collaborare alla realizzazione di una graphic novel?

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Barbato – Abbiamo già fatto delle cose assieme, oltre a “Davvero”, e ne faremo altre. Credo però che sia meglio intersecare le nostre carriere per un breve lasso di tempo, perché collaborare è complicato, soprattutto se uno deve scrivere e l’altro disegnare. Mi piacerebbe più collaborare per concepire qualcosa a livello concettuale, ossia avere un’idea, immaginare un universo e svilupparlo.

Bussola – Quello che suggerisci è uno sbocco più che naturale, ed è quasi ovvio che prima o poi arrivi, ma in modo naturale, senza forzare i tempi.

Il problema è che ognuno ha una propria visione del mondo. Non siamo solo sceneggiatrice e disegnatore, siamo due narratori. Inoltre, per lavorare con una persona con cui hai un rapporto sentimentale ci vuole grande maturità, e io non sono sicuro di averla. Un conto è quando uno sceneggiatore a 800 chilometri ti dice: “Questa mano è disegnata malissimo, rifammela!“, ma quando te lo chiede la persona con cui vivi, sono le sette di sera, hai l’arrosto sul fuoco e rifare quella vignetta significherebbe lavorare per altre ore… Ecco, è diverso.

All’incontro con gli editor di Marvel e Shueisha, Roberto Recchioni ha detto che in questo momento la graphic novel è sotto i riflettori e che c’è quasi il rischio che il Fumetto popolare passi in secondo piano. Come vedete questa situazione?

Bussola – Il Fumetto è sempre popolare, quindi la distinzione non è tra Fumetto popolare e graphic novel, al limite tra Fumetto seriale e “romanzo”, quello che esce in libreria in un unico volume.  Il discorso non è tanto legato al formato, ma al nuovo modello distributivo che si sta delineando. In Italia le edicole stanno chiudendo al ritmo di quattro al giorno. Quattro. Edicole. Al. Giorno. Sta sparendo il canale dove il Fumetto è nato. Al contempo gli editori di librerie di varia, grazie a fenomeni come Zerocalcare, Giacomo Bevilacqua e molti altri, si sono resi conto che il Fumetto rende. È un mercato inesplorato a cui si stanno interessando gli editori forti. È in atto un processo molto interessante, e vale la pena seguirlo con attenzione.

 

Bussola Barbato