Dalla rinascita dell’Universo Valiant, avvenuta nel 2012, tanti sono stati i personaggi e le serie che si sono imposte all’attenzione del pubblico e della critica. Tra queste non possiamo non citare Divinity, opera di chiara matrice fantascientifica che ha riportato sotto la luce dei riflettori l’eccellente lavoro di Trevor Hairsine, dopo qualche anno alla Marvel.

Grazie all’attento lavoro di Star Comics, anche i lettori italiani hanno avuto modo di seguire l’epopea del super eroe Valiant, e questo mese troveranno in fumetteria il nuovo capitolo dell’avvincente saga dell’astronauta Abram AdamsEternity. Inoltre, avremo modo di ammirare l’apporto del disegnatore britannico anche sulle pagine di X-O Manowar, sempre affiancato dallo sceneggiatore Matt Kindt, nell’arco narrativo intitolato Barbarians.

In occasione dell’ultima edizione di Lucca Comics & Games, abbiamo avuto il piacere di incontrare Hairsine, che ci ha parlato del suo lavoro su questi due titoli e delle sue principali influenze. Ringraziamo Claudia Bovini e Francesco Palmieri per la collaborazione.

 

Ciao, Trevor, e benvenuto su BadComics.it!
Finalmente, anche in Italia avremo la possibilità di leggere la miniserie “Eternity”, scritta da Matt Kindt e disegnata da te. Cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo capitolo della saga di Abram Adams?

Ciao a tutti, e grazie a voi! “Eternity” riprende la narrazione dopo i fatti di “Divinity”, al termine dei quali abbiamo visto che Abram Adams, il personaggio noto come Divinity, ha intrapreso una relazione con l’altra astronauta russa, Myshka. Da questo rapporto è nato un bambino che viene rapito da entità arcaiche, divinità del passato partite alla ricerca dell’infante. La storia, quindi, focalizza l’attenzione sulle relazioni tra i personaggi e su come questi affrontino la perdita del figlio.

Uno degli aspetti peculiari della tua arte è uno storytelling originale e una costruzione della tavola davvero spettacolare. Come si sviluppa generalmente la realizzazione di un albo?

Per me è fondamentale lo storytelling in una storia, e amo concentrarmi molto su quest’aspetto. Non appena ricevo la sceneggiatura, trascorro una buona parte del mio tempo a delineare la storia, a fare in modo che sia fruibile facilmente conferendo la giusta chiave visuale a ogni inquadratura, affinché la tavola abbia il giusto assetto. È sicuramente l’aspetto più affascinante legato alla creazione di un albo e amo tantissimo questa fase del mio lavoro.

Eternity #1, anteprima 01

Come si sviluppa il tuo rapporto con lo sceneggiatore Matt Kindt? Sei libero di sperimentare nuove soluzioni artistiche o sei vincolato dalle indicazioni di Kindt?

Diciamo un po’ e un po’, nel senso che Matt mi ha lasciato fare ciò che volevo, fornendomi giusto alcuni suggerimenti e qualche direttiva. Sarò sincero: da quando ho iniziato a lavorare con la Valiant, sono sempre stato libero di fare il mio lavoro senza troppe gabbie o costrizioni. Per me, dunque, è stato molto semplice lavorare con loro.

Dopo l’eccellente lavoro sulle pagine di “Divinity”, non possiamo non restare colpiti dall’incredibile qualità delle tue tavole. In particolare, in una splash page accompagni le vicende di Abram Adams ripercorrendo a ritroso il processo realizzativo di una vignetta (dal bozzetto ai colori definitivi). Com’è nata l’idea per questa e per tutte le altre soluzioni di questa avvincente epopea fantascientifica?

Be’, grazie. Quello che citi è uno dei passaggi più affascinanti del mio lavoro su “Eternity”. Prevalentemente, ho voluto trasmettere ai lettori le suggestioni che si provano dal passare dalla tavola colorata, al bianco e nero, arrivando poi alle matite e finendo con i bozzetti in blu. L’idea mi è stata fornita da Matt ed era talmente affascinante che subito mi sono sentito coinvolto e, devo dire, ha funzionato davvero bene. La tecnica utilizzata era volta a sottolineare le reazioni facciali dei personaggi. Assurda, decisamente assurda, ma mi è piaciuta.

Eternity #4, anteprima 01

La palette di colori utilizzata da David Baron riporta alla mente le serie fantascientifiche degli anni ’60 e ’70. Era voluto questo richiamo a un’epoca d’oro per il genere? Come si è sviluppata la collaborazione con Baron?

Assolutamente sì, la volontà era proprio quella di riprendere quel tipo di colorazione per “Eternity”. Anche in questo caso si è trattata di un’idea precisa di Matt Kindt, il quale voleva omaggiare il lavoro di un grande del fumetto come Jack Kirby. Era inevitabile, dunque, che certe reminiscenze di Matt delle serie sulle quali Kirby ha lavorato negli anni ’60 tornassero in questo lavoro.

Il rapporto con David è davvero stupendo ed è bello lavorare con una persona del tutto folle come lui. Sebbene Matt lo sia ancora di più! [Ride]

Nei prossimi mesi avremo modo di apprezzare anche il tuo lavoro sulle pagine di “X-O Manowar”. Sempre con Kindt hai firmato lo storyarc “Barbarians”. Il passaggio da una serie puramente sci-fi a un’altra caratterizzata da atmosfere epiche ha in qualche modo cambiato il tuo approccio al disegno?

Non ho avuto tempo per cambiare stile. [Ride] Sono stati due lavori per me importanti e non ho modificato il mio modo di lavorare nonostante le due opere siano completamente diverse tra loro. Come dicevi tu, una fantascientifica e l’altra più dal carattere storico.

Se Jack Kirby ha rappresentato un riferimento ideale per il tuo lavoro su “Eternity”, quale disegnatore ti ha influenzato per “X-O Manowar”?

Su “X-O Manowar” spero di essermi avvicinato all’arte di John Buscema e all’incredibile lavoro svolto su un personaggio come Conan. La risposta può sembrare scontata ma su questo tipo di storia è il riferimento più immediato che si possa avere. Inoltre, ho apprezzato tanto quanto fatto da Thomas Giorello nel primo arco narrativo della serie.

Per te che hai lavorato anche per altre major del Fumetto americano, cosa rappresenta il tuo coinvolgimento in Valiant?

Ho scelto di lavorare in Vailant quando un mio collega ai tempi della Marvel, Warren Simmons, mi ha chiesto di unirmi a lui e raggiungerlo in questa nuova avventura. Rispetto molto Warren e mi piace il suo modo di lavorare, e questo è il motivo principale per il quale ho intrapreso questa esperienza in Valiant.

Spesso mi capita di confrontare i miei anni in Vailant con quelli passati in Marvel, agli inizi del 2000, e devo dirti che la grande libertà di pensiero e di azione che abbiamo mi piace parecchio. Si instaura un ottimo rapporto tra i vari team creativi e il divertimento è davvero tanto. Mi piace il clima che si respira e mi sento a mio agio.

 

Pasquale Gennarelli e Trevor Hairsine