Durante la terza giornata di Lucca Comics & Games 2018 abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Jérémie Moreau, autore che ha pubblicato la graphic novel La Saga di Grimr con Tunué.

L’artista francese ci ha parlato del suo legame con la mitologia islandese, dei riferimenti alla Letteratura classica e di come sia nata e si sia sviluppata l’idea che ha portato alla creazione del fumetto.

Attenzione: si parla subito del finale dell’opera!

 

Da cosa nasce lo spunto per una storia come “La saga di Grimr”? 

Il punto di partenza è la fine della storia: l’atto eroico del protagonista che costruisce il muro per arginare la lava. La fine è l’inizio dell’idea. Mi sono chiesto: dove posso ambientare questo racconto? All’inizio pensavo a qualsiasi Paese con un vulcano, Italia, Giappone… poi, alla fine, cercando documenti ho trovato l’eruzione storica in Islanda del 1783 e in seguito ho letto il libro “La Campana d’Islanda”, di Halldór Kiljan Laxness, scrittore islandese premio Nobel per la Letteratura ma sconosciuto ai più. In quel momento ho capito di avere tutti gli elementi per imbastire la storia.

Perché lavorare proprio con un’ambientazione simile? 

Effettivamente, dopo la scoperta dei due elementi, vulcano e romanzo, ho dovuto reinventare la storia adattandola a questo contesto. Essendo il protagonista un orfano, ho giocato sul fatto di dover sviluppare la storia in modo particolare. Studiando la cultura islandese ho trovato tre caratteristiche principali: genealogia, legge e superstizione. E in più, per fare una storia che funzioni ci vuole un po’ di conflitto. Il suo protagonista si scontra, letteralmente, con le conseguenze di queste tre colonne.

In Islanda si è definiti dalla propria genealogia, e il fatto che il protagonista sia un orfano è perfetto. La cultura islandese è basata sull’opposto, mentre lui ne subisce conseguenze. E poi, seconda colonna è la legge: Grimr è accusato di un crimine che non ha commesso. L’Islanda è sempre stato un Paese senza una monarchia o una forma di governo, se non l’assemblea generale degli uomini liberi d’Islanda, che si riunisce a giugno ogni anno per affrontare le questioni della giustizia. Si tratta di uomini fieri di rivendicare queste leggi senza ausilio di autorità per crearle. Trovavo interessante che dopo li primo handicap dell’orfano ci fosse anche questa caratteristica peculiare del popolo islandese. E infine la superstizione: l’ultima pietra che gli cade in testa è per via delle sue caratteristiche, rifiutato dal popolo, e le loro superstizioni su cui si basano le saghe lo trasformano in un troll, quasi come fosse un Quasimodo del vulcano, un paria della società strutturata.

Saga di Grimr, anteprima 05

C’è un collegamento tra la tua epica nordica e quella classica?

Non ho mai lavorato con la mitologia tradizionale europea, dunque non la conosco altrettanto bene. Quando individuo un periodo storico che mi interessa mi ci butto a capofitto. Non avendo fatto lo stesso anche per essa, non sono altrettanto preparato.

Quanto si avvicina Grimr al classico “Viaggio dell’Eroe”?

Effettivamente è un percorso classico, l’eroe parte da un conflitto da superare per poi risolvere se stesso con la propria liberazione, in particolare quando compare un unico eroe protagonista con la “P” maiuscola. Qui è invece già una storia più corale con altre caratteristiche. Durante tutta la vicenda poco importa quello che il protagonista dice: lui non è accettato. Ma siccome vuole esserlo a tutti i costi, è attraverso ciò che fa che alla fine viene accettato.

Trovi dei parallelismi tra lo Scaldo e la responsabilità del fumettista legata al raccontare?

Sì, effettivamente è una figura a me cara. In ogni caso, tutta la storia è basata su cose simili: Giulio Cesare e chi ne scrive le gesta, ad esempio. Atti da parte di uno, parole dall’altro. Ciò che dispiace è che alcune persone le cui gesta non sono state tramandate a causa di ciò sono state dimenticate.

Nella cultura islandese, chiaramente, la loro mitologia e la loro Letteratura sono orali. Le gesta degli eroi che si svolgono nel nono, decimo secolo verranno poi in seguito raccontati e documentati dal dodicesimo o tredicesimo secolo. In Islanda funziona così, con miti creati in versi con le parole.

Osservando il percorso amoroso, riconosci similitudini con le chanson du geste, l’amore cortese, il ciclo carolingio e quello arturiano?

Sì, ancora una volta c’è chi fa la storia e chi la scrive. Ogni cultura codifica certi temi: cavalieri, amor cortese… gli islandesi tramandano le gesta dell’eroe con versi codificati, in poesia. Magari in Egitto ce ne sarà un altro! Chiaramente, sempre codificato. Nelle saghe nordiche avviene l’opposto di Proust: lui è verboso, psicologico, ci sono un sacco di elementi alla Joice e derivazioni di “seghe mentali”, invece la narrazione di matrice islandese è soggetto-verbo-complemento, con ogni frase che racconta azioni codificate e molto brevi, le quali servono in generale a raccontare vendette e onore da rispettare. Quando si spaccano la faccia reciprocamente per riavere il proprio onore lo raccontano in frasi molto brevi. Trovo che sia in realtà un linguaggio molto concreto. Quando uno ammazza un tipo, nel verso è descritto in modo preciso: scende da cavallo, gli taglia la testa e se ne va. In particolare nella mia storia sono gli atti che determinano chi sei, quello che fai: finché non sei morto puoi modificare il tuo destino con gli atti.

Parliamo del doppio binario del racconto: da un lato il mutevole stato d’animo del protagonista, dall’altro la mutazione del territorio. Per esprimere quello spettro emotivo hai utilizzato uno stile versatile, pittorico:

Effettivamente l’Islanda è una terra particolare e meravigliosa. Per rendere questa sensazione, il territorio stesso è un personaggio a sé. Al fine di rappresentare quel tipo di personaggio così specifico, l’acquerello è la scelta più indicata. Se avessi utilizzato china o penna, la resa grafica non sarebbe stata così forte. La tecnica è stata scelta per esprimere questo aspetto particolare. La sfida per me era questa: avevo fatto acquerelli in precedenza, ma unicamente paesaggi e niente di che, quindi volevo raccontare la forza e la potenza con questa tecnica. Finora nel mio percorso artistico ero a mio agio nel disegnare i personaggi. Grazie a questa storia, provo altrettanto piacere e facilità nel rappresentare fondi e paesaggi.

Puoi farci qualche anticipazione sul tuo futuro lavorativo?

Sarà ambientato nella preistoria e tratterà dell’uomo primitivo, che non ha una cultura così complessa e strutturata come le civiltà successive, come quella greca o islandese. Come concepisce filosoficamente la propria esistenza di fronte a una montagna o un albero? Come ragiona? Ci sono altre cose che potrei dire, ma non voglio. [Ride]

Per quanto riguarda la tecnica: sarà qualcosa di meno stilizzato, più realistico. Sempre ad acquerello, ma diverso da questo, per un altro ambiente da rappresentare. Questo stile non funzionerebbe. Inoltre, la mia compagna ha frequentato una scuola di videomaking, e insieme stiamo realizzando un lungometraggio per bambini.

 

Jeremie Moreau