Come sa chi ci segue assiduamente, dopo tanti anni, Christopher Priest sta per scrivere una nuova storia di Pantera Nera in occasione dell’Annual della sua serie, che la Marvel pubblicherà il mese prossimo. Newsarama ha intervistato lo sceneggiatore per l’occasione, e noi vi proponiamo le sue dichiarazioni più interessanti.

 

Black Panther #1, copertina di Mark Texeira

Tornare a Pantera Nera è come far visita al cugino che non vedi da tanti anni. Subito dopo gli abbracci all’ingresso non sai bene cosa dire, a parte chiedere come va. Le mie storie di Pantera Nera non erano veramente sul protagonista, piuttosto su Everett Ross. L’intento era quello di espandere la mitologia dei supereroi neri, dei personaggi di colore, rivolgendola direttamente a una base di lettori a dominanza bianca.

Per me il personaggio di Ross introduceva la voce del tipico fan scettico che, per anni, aveva dato per scontato il personaggio di Pantera Nera, ovvero il tizio con il costume nero che stava sullo sfondo nella foto di gruppo degli Avengers. Non mi sarei sentito a mio agio se non avessi potuto rendere Pantera più abile, qualcuno che si meritasse eccome il suo posto fra i grandi eroi. E Ross doveva aiutarmi a guidare i lettori in questa transizione.

Vent’anni dopo, la base del lettore non ha la minima idea di ciò di cui sto parlando. La maggior parte dei fan di Pantera Nera lo conosce come un genio della tecnologia e un personaggio incredibilmente in gamba. Pochissimi, ammesso che ci sia ancora qualcuno, ricordano i tempi in cui veniva completamente sottovalutato, oppure l’inizio dell’era Marvel Knights, quando i fan si trovavano a Central Park per protestare perché gli avevo dato un iPhone.

Difficile ricordare i fan arrabbiati perché avevamo reso il suo costume a prova di proiettile. Quale ruolo può avere oggi Ross? Come si inserisce nella serie se non rappresenta più le aspettative dei fan? Questa è la domanda complicata che mi sono posto all’inizio. Ma alla fine mi sono detto che la storia che dovevo scrivere era di sole otto pagine e mi ci sono divertito.

 

La storia in questione racconta dell’omicidio di un diplomatico del Wakanda trovato morto nell’atto di consegnare tecnologia del proprio Paese agli Stati Uniti. Pantera è sospettato e la polizia si rivolge a Ross per risolvere il caso. Un Ross che, per quanto l’interpretazione di Martin Freeman sia graditissima a Christopher Priest, non ha alcuna somiglianza con la sua versione cinematografica.

 

L’umorismo era una chiave fondamentale delle mie storie. Invece di cedere alla blaxploitation o al senso di colpa liberale, siamo stati in grado di riportare in auge con successo Pantera trattando gli aspetti principali del personaggio da una prospettiva laterale e divertita.

Grande merito va a Joe Quesada e Jimmy Palmiotti, perché la mia prima proposta non faceva sorridere per niente. Sono stati intelligenti a rimandarmi indietro l’intera sceneggiatura e a consigliarmi di introdurvi generose dosi di umorismo.

 

Priest dice di non avere intenzione di tornare a impegni maggiori sul personaggio, che appartiene ormai a una nuova generazione di brillanti sceneggiatori, come Ta-Nehisi Coates, di cui è un fan e che ha dato una nuova voce a T’Challa, scrivendo per lui storie brillanti ricordando al pubblico come i fumetti possano essere un potente veicolo di cambiamento culturale e sociale.

Oggi Priest non legge comics, se non raramente, e sta cercando di diventare un romanziere, sebbene sia complesso riciclarsi in un campo in cui non è conosciuto e con uno stile di scrittura molto diverso da quello precedente.

 

Black Panther Annual #1, copertina di Daniel Acuna

Avevo smesso di scrivere fumetti perché tutti i personaggi che mi venivano proposti erano neri. Ora invece sto scrivendo Justice League, e non si può girare più al Bianco di così. E ovviamente devo ringraziare la Marvel che mi ha dato l’opportunità di scrivere gli Inumani, che grazie al cielo sono ben al di là di questioni di orientamento sessuale e di razza.

Da quel che ho visto sinora, il film Black Panther ha un aspetto incredibile. Sono stato nelle location del Wakanda assieme agli attori, e il progetto è di proporzioni gigantesche. Credo sarà il più grande film con un cast a maggioranza nera mai girato e, me lo auguro di cuore, da qualche parte comparirà il mio nome tra migliaia di credits. Per adesso non ho potuto intuire la presenza di umorismo, ma mi auguro che non si prenda tanto sul serio da alienarsi grandi parti di pubblico in una America politicamente così polarizzata.

Negli Stati Uniti, dobbiamo imparare a lasciarci alle spalle le ideologie. Per quanto possa sembrare ridicolo, credo che questo film possa aiutarci a dare uno sguardo alla polarizzazione tribale di cui è preda il nostro Paese e, per estensione, al razzismo, alla xenofobia e all’omofobia in maniera leggera e intrattenitiva, senza prediche dall’alto.

Ho detto a Kevin Feige che questo sarà qualcosa di più che semplicemente il prossimo film Marvel. Non solo i fan di Pantera, ma tutta America avrà gli occhi puntati su questo lungometraggio. Per questo è fondamentale che sia divertente e contenga qualche battuta. Martin Freeman, conto su di te.

 

 

Fonte: Newsarama