Clay McLeod Chapman e Will Robson sono il team creativo di Typhoid Fever, il progetto composto da tre one-shot dedicati a Typhoid Mary e al suo ritorno, che attraversano le trame di diversi personaggi Marvel: Iron Fist, Spider-Man e gli X-Men.

Sceneggiatore e disegnatore hanno risposto ad alcune domande sul ritorno di uno dei villain più interessanti, inquietanti e contraddittori della Casa delle Idee, fondamentale in passato per alcuni periodi della vita di Daredevil.

 

Typhoid Fever: Spider-Man #1, copertina di R.B. Silva

McLeod Chapman – Devo inchinarmi a un altare con il nome di Brian Bendis, per quanto riguarda il lavoro della creazione del mondo di questo personaggio. La prima storia che abbia mai letto su Typhoid Mary è stata fondamentale. Daredevil #46. La prima parte della storyline chiamata Hardcore. Quel che Bendis fece in quel numero è soprattutto mostrare l’umanità dietro la maschera di Mary, mostrarla come una persona più di quanto io avessi mai visto fare in passato. C’è qualcosa di estremamente commovente e, allo stesso tempo, di spaventoso in lei. Ho cercato di rendere onore a quella storia.

Robson – A dirla tutta, disegnando Typhoid Mary ho cercato di vederla come il Joker. Forse la Marvel mi ucciderà per aver menzionato il più grande cattivo della concorrenza, ma questa era la mia visione di lei. Da bambino, la vedevo un po’ come Angelica, il personaggio della serie animata Rugrats. Sì… sono un po’ matto e decisamente fuori moda.

McLeod Chapman – Per me, fan di Edgar Allan Poe, il concetto di narratore inaffidabile è qualcosa di grandioso. Ma credo che, a parte questo, il modo migliore per mostrare gli sforzi di Mary nel trovare una qualche forma di autoconsapevolezza e di indipendenza sia raccontare dal suo punto di vista. A volte si sabota da sola, questo è certo, e alcune persone rimangono ferite dalla cosa, ma la sua ricerca di stabilità e coscienza, di autonomia dai suoi oppressori maschi, è qualcosa che mi è molto caro. Appartiene a se stessa, non è l’arma nelle mani di qualcuno. Non è una pedina, né una vittima. Non più.

 

Un personaggio, per lo sceneggiatore, con cui non è difficile entrare in sintonia. McLeod Chapman ha scritto la storia completa, per poi cambiarla in parte dopo aver visto le prime tavole del suo collega, Robson, che lo hanno ispirato a prendere direzioni leggermente diverse.

Grandi applausi per Rachelle Rosenberg, descritta come la vera eroina di questa miniserie. La colorista ha trovato una strategia perfetta, secondo i suoi colleghi, per mescolare realtà e fantasia allucinata, nella percezione dei lettori e della protagonista.

 

Robson – Io mi concentro sempre su quel che sta attorno al personaggio. Quali oggetti o elementi posso usare per suggerire cose come il periodo di tempo in cui si trovano, ad esempio, senza affermarlo direttamente? Esplorare il passato di Typhoid Mary è stato molto interessante, soprattutto la sua infanzia. Ho preso grande spunto dalla mia e ho inserito nella storia un sacco di strizzate d’occhio per i lettori più avveduti. Un Game-Boy originale, qualche carta dei Pokémon. Cose così.

 

 

 

Fonte: Marvel