Non c’è Brian K. Vaughan a parlare delle sue Paper Girls, ma il disegnatore delle loro avventure avvolte nel mistero: Cliff Chiang. Ecco le dichiarazioni rilasciate alla vigilia dell’uscita del diciottesimo numero della serie Image Comics.

 

Paper Girls #20, copertina di Cliff Chiang

Ogni era che affrontiamo nella storia ha una sua atmosfera. Adoro fare ricerche e tentare di trovare gli elementi specifici che caratterizzano ciascun periodo, cosa che si è dimostrata piuttosto faticosa. Per gli anni Ottanta e la fine del millennio scorso, si è trattato di tenere in equilibrio dettagli riconoscibili e di non sovraccaricare gli ambienti, trasformandoli in una caricatura. D’altro canto, la Cleveland della preistoria è stata pura libertà creativa.

Quel che apprezzo di Brian come scrittore è il fatto che mi dia sempre una direzione narrativa molto precisa, anche senza descrivere troppo. Se vuole una ragazza con il volto dipinto e una collana fatta di rottami elettronici, lascia a me il compito di elaborarne l’aspetto e i movimenti. Ci sono molti livelli e tanto carattere nella sua scrittura e io cerco di lasciare che emergano nel disegno e nei personaggi. Entrambi lasciamo all’altro grande libertà, il che significa però anche dare sempre il massimo.

L’opportunità di costruire interi mondi è sempre una gioia, ma d’altro canto è anche una delle cose più complesse tecnicamente. Se il lettore non si immedesima nei personaggi o non gli importa di loro, tutto quel lavoro è sostanzialmente inutile, per quanto bello. Adoro concentrarmi sui personaggi, trovare qualcosa da aggiungere a quel che Brian ha pensato per loro, in modo da far capire quanto contino per loro gli eventi quando succede qualcosa di grosso. Se l’attenzione si concentra troppo sui misteri che raccontiamo e sulle svolte di trama, l’effetto ne risulta diminuito, specialmente quando non si riesce a trovare qualcosa di più grosso dell’ultimo colpo di scena. Ma se riesci a fare appassionare ai personaggi, hai catturato i lettori nella storia.

 

Chiang ha parlato di come le protagoniste della serie siano naturalmente sempre in cammino, essendo delle dodicenni in piena crescita e dell’importanza di mostrare la loro empatia, così come la confusione di cui sono vittima. Una componente fondamentale è proprio il loro cammino verso l’età adulta.

 

Questa è una storia sulla stranezza della vita a quell’età. Tutti hanno detto o fatto qualcosa di sbagliato di cui poi si sono pentiti, ma allo stesso tempo, nessuno può evitare di farlo. Quando si cresce, si sviluppano delle difese, ma è un processo complicato imparare a essere brutalmente onesti su certe cose e a chiudere la bocca su altre.

Per me, il linguaggio del corpo è una parte fondamentale di questo aspetto e dei personaggi: sporgersi verso una persona, ritrarsi, essere aggressivi o sulla difensiva. A volte le ragazze ne sono consapevoli, altre volte no, ma stanno sempre comunicando qualcosa che ha a che fare con il loro stato d’animo. Ognuna di loro ha avuto una sua importante epifania e vedere come reagiscono e assorbono queste rivelazioni è fondamentale per la storia.

 

Paper Girls parla di questioni molto personali, dunque, che coinvolgono l’artista in prima persona e che hanno delle conseguenze dirette sul suo stile. Sentirsi investito dalla componente emotiva di una storia è sempre importante per Chiang, che non nasconde di essere onorato di lavorare con geniali colleghi come Matt Wilson e Jared Fletcher.

 

Io e Brian abbiamo parlato a lungo della forma che avrebbe dovuto prendere la storia nel suo complesso, ma, anche se so più o meno tutta la trama in anticipo, ci sono cose che non ha condiviso con me e che mi hanno sorpreso. L’editor che c’è in me vorrebbe conoscere ogni sviluppo, ma man mano che andiamo avanti imparo sempre più a fidarmi delle scelte di Brian. Ogni sceneggiatura mi conduce a delle soluzioni visive e a delle trovate che non avrei mai anticipato.

 

 

 

Fonte: Newsarama