Pierpaolo Putignano, nato nel 1968 a Brindisi, si trasferisce a Firenze nel 1986 per motivi di studio. Da sempre appassionato di fumetti, inizia in quegli anni a collaborare con i quotidiani locali di Brindisi. In seguito, approderà a diverse collaborazioni con piccole case editrici italiane e straniere fino, passando anche attraverso il webdesigning, alla pubblicità ma soprattutto all’animazione. Principalmente in qualità di storyboarder, e come props e set designer, realizza qualche piccola animazione 2D per spot e videoclip. Dal 1997 collabora con il festival internazionale del fumetto Lucca Comics & Games, diventando nel 2009 il responsabile della progettazione degli allestimenti espositivi.

 

 

schizzo donninaCiao Pierpaolo! Grazie per averci concesso questa intervista. Sei disegnatore, sceneggiatore, fotografo e anche allestitore di mostre! Come riesci a fare tutto?

Accidenti, grazie. Troppo buona. Tutte queste cose… Diciamo che so fare alcune cose e cerco di farle al meglio delle mie possibilità e dei miei mezzi, seguendo la passione. Per il tempo, diciamo che in realtà, sfortunatamente, non è che ci sia tutto questo lavoro in giro, per cui possono capitare dei momenti di calma piatta… Certo, anche se cerco di evitarlo, qualche volta capita che ci siano dei lavori che si sovraccavallano. Per il resto, basta lavorare tante ore al giorno, tutti i giorni, e un’abbondante scorta di caffè, qualche film o telefilm da mettere in sottofondo. Tanto, il concetto di vita sociale mi dicono sia abbondantemente sopravvalutato :) .

Come e quando hai deciso di dedicarti a questa professione?

Prestissimo. Arrivai alle elementari che già sapevo quasi leggere grazie a Topolino e, mi pare, Geppo. Mi dicono che solo guardando le vignette riuscivo a ricostruire la storia e poi la curiosità aveva il sopravvento. Quindi chiedevo a mia madre che lettere fossero quelle scritte nei balloon. In breve avevo sviluppato una grande passione per la lettura in genere. I miei quaderni erano pieni di disegnini riguardanti ciò che era scritto nei dettati e nei pensierini (ma li fanno scrivere ancora i pensierini?). Alle medie già disegnavo storie a fumetti e cercavo di capire come facessero gli autori che mi piacevano a disegnare così bene. All’inizio del liceo già sapevo cosa volevo fare da grande, nonostante qualche ripensamento. Alla fine del liceo/ inizio università, le prime esperienze lavorative e i primi riscontri con veri professionisti. Di quelli che ti massacrano senza pietà. Tra l’altro, essendo studente di architettura, capitavano dei colleghi che guardando qualche mia tavola dicevano:”bella, MA…” e giù critiche su quella prospettiva che era sbagliata, su quella porta che non poteva essere così e via dicendo. E niente. Via tutto e si ricominciava a “studiare”. Quello è stato il periodo nel quale, sotto nuovi stimoli, ho veramente imparato qualcosa e trovato una via. Intendiamoci. Il muso a chi mi criticava lo mettevo, eh!

studio cuccioloQuali sono stati gli autori che ti hanno influenzato di più e di cui consiglieresti la lettura?

Domanda veramente difficile. Sicuramente rimanevo affascinato da Galep e dai disegnatori delle collane Super Eroica e Guerra d’eroi. Tra questi (scoprii più tardi chi fossero), Pratt, D’antonio (come dimenticare la collana Storia del West?). Poi vennero Calegari, Tacconi, De Luca, assolutamente fantastico. Bottaro, Jacovitti, Ibanez. I breccia, padre e figlio. Alex Toth, Joe Kubert, Juan Gimenez, Bernet, Font. I paperi dalle zampe lunghe e Capitan Rogers di Cavazzano, la Takahashi e Shirow, Morris e Goscinny, Micheluzzi, Magnus, Silver, Bonvi e gli intramontabili Toppi, Battaglia… questo solo per citarne alcuni.

Hai lavorato anche come animatore e concept designer per la modellazione 3D: questo ha influenzato il tuo modo di disegnare?

Credo di sì. Avendo fatto anche lo storyboarder, cosa che mi piace davvero molto, cerco di fare molta attenzione alle inquadrature, allo staging e a quello che in animazione si definisce acting e posing, per quanto riguarda i personaggi. Cerco uno sviluppo dell’azione coerente e lineare, senza improvvisi e non giustificati stacchi o inquadrature “strane” (errore che si rischia di correre quando si è alla ricerca dell’effetto a tutti i costi). Ovviamente non sempre ci riesco o è possibile farlo, però credo che l’aver lavorato nel campo dell’animazione sia un grosso valore aggiunto.

ArkanimalCredi che l’avvento e la pervasività del digitale abbiano cambiato questo lavoro e, più in generale, quello dell’illustrazione e del fumetto?

Non del tutto. È solo uno strumento in più. Se è vero che con il digitale si sta sviluppando una diversa sensibilità riguardo all’utilizzo del colore, ad esempio, le basi del mestiere sono sempre le stesse. Altri esperimenti mi lasciano un po’ perplesso, come i “cinecomics”. Sicuramente, il digitale può ridurre in qualche modo i tempi di produzione. Per quanto riguarda il fumetto, per il momento sono ancora affezionato alla carta, almeno per il bianco e nero. Per altre cose, lavoro tranquillamente in digitale. Bisogna vedere quello che si vuol fare e che cosa si vuole sperimentare. L’essenziale è divertirsi, percorrere nuove strade e scoprire cose nuove.

Parliamo della tua ultima fatica, “”, edito da Kleiner Flug e colorato da Luca Lenci. Innanzitutto, come ti è venuta l’idea? Perché hai scelto proprio questo episodio storico?

Quando Alessio D’Uva mi propose di collaborare con la Kleiner, discutemmo di un paio di idee che avevo in mente per la collana “Viaggi tra le nuvole”, ma non andavano proprio benissimo. Chiaccherando chiaccherando, saltò fuori la storia della spedizione dell’Endurance. Gli ingredienti c’erano tutti. In agosto ricorreva il centenario della partenza; è una storia vera; si tratta di un’Avventura con la A maiuscola, portata avanti da uomini coraggiosi e, forse, un po’ picchiatelli. Inoltre, cosa confermatami da un certo hype creatosi durante i vari annunci della kleiner in proposito, ho potuto notare come il ricordo delle esplorazioni polari in genere sia ancora ben vivo in molte persone della mia generazione. D’altronde erano quelle cose che ci raccontavano da piccoli, a scuola o in famiglia durante qualche documentario e insieme alla luna, all’africa nera e al selvaggio west, erano gli scenari più comuni delle nostre fantasie di piccoli esploratori.

Come ti sei documentato, in particolare per i personaggi e le ambientazioni?

ArkanimalLa spedizione Endurance, al di là dell’esito, era organizzata molto bene per l’epoca. Shackleton portò con sé un fotografo, Frank Hurley e George Marston, un talentuoso illustratore. Per cui, fortunatamente, il materiale iconografico non manca. Ci sono delle foto stupende. Inoltre mi sono basato sulle descrizioni puntuali tratte dal libro South, dello stesso Shackleton, e altri stralci presi da alcuni diari di altri componenti dell’equipaggio. Dunque, le ambientazioni e le notizie sugli avvenimenti non sono stati un grosso problema. Il problema è stato scegliere cosa inserire e cosa tralasciare, seppur a malincuore. I personaggi sono stati un po’ più rognosi. La spedizione si è svolta nell’arco di quasi tre anni. Nelle foto apparivano ora più rubicondi, ora con i baffi, poi più smunti, poi di nuovo in forma. Inoltre non eccello nella tecnica del ritratto, per cui cerco qualche elemento caratterizzante in un volto, tipo l’acconciatura, l’ovale del viso, eventuali baffoni o nasoni. Peccato che, essendo in antartide, tutti indossassero pesanti berretti e passamontagna… in genere comunque, anche se poi invento o adatto, cerco sempre una buona documentazione su quello che è successo, su ambientazioni, equipaggiamenti etc… Lo trovo un passo assolutamente fondamentale e non dimentichiamo che questa è una storia vera, per cui ho dovuto tener presente che tra gli eventuali lettori ci sarebbero stati, forse, conoscitori della vicenda più esperti e sicuramente più ferrati di me.

Hai qualche progetto per il futuro che puoi rivelarci in anteprima?

Si, ci sono un paio di cose che bollono in pentola, ma è prematuro parlarne, per cui preferisco non sbilanciarmi. Dico solo: “Rinascimento” e, in seguito molto probabilmente “Biplani” e lo dico fischiettando con aria vaga e indifferente. Ma, davvero, sono ancora a un livello talmente embrionale che proprio non ha senso dire qualcosa in proposito.

Ultimamente avrei anche voglia di fare qualcosina su un mio caro amico a quattro zampe. Sarebbe una cosa assolutamente personale, con la quale sperimentare qualcosa di nuovo. Ma, tornando alla prima domanda, ancora non ho capito come ritagliarmi il tempo per realizzarlo… Per cui direi che no, non riesco a far tutto :D

 

Shackleton