Abbiamo intervistato per voi gli autori di Sappy, intrigante progetto targato Wilder, l’etichetta indipendente di webcomics gratuiti fondata da Jacopo Paliaga e French Carlomagno.

Lo sceneggiatore Capitan Artiglio, il disegnatore Oscar e il colorista AlbHey Longo hanno risposto alle nostre domande incuriosite sul loro fumetto, che si apre all’insegna dell’immaginario anni Novanta e primi del Duemila, con uno sguardo ai videogiocatori e agli appassionati di giochi di ruolo, con tanta azione ed emotività messa in gran mostra.

Ecco a voi la nostra chiacchierata, ricordandovi che potete leggere gratuitamente il secondo episodio su Wilder.

 

Ciao, ragazzi e benvenuti su BadComics.it!
“Sappy” è chiaramente un omaggio a tanti Gdr a cui avete giocato, a un certo tipo di prodotto videoludico. C’è un’ispirazione in particolare che volete citare? 

Sappy, anteprima 01Capitan Artiglio – Ciao, BadComics.it e grazie per l’ospitata! Tra i tanti videogiochi che possono avermi ispirato, oltre ai vari “Final Fantasy” e “Pokémon”, quello che mi sento di citare è “Heart of Darkness” (1998), per PC e PS1.

Oscar – Ciao, BadComics.it! A dire la verità io non sono mai stato un grande videogiocatore, perciò più che ispirarmici inserisco delle piccole citazioni ai pochi che ho giocato, come la mappa virtuale di Zio Nettuno, chiaramente scopiazzata da quella di “Age of Empires”.

AlbHey – Ciao BadComics.it! Io sono un videogiocatore della peggior razza, un casual gamer che dopo la prima Wii non ha più comprato una console! Ma i Pokémon rimangono una fissa che fatica a scemare e in generale mi piace rimanere aggiornato sul mondo dei videogiochi, anche non vivendolo in prima persona!

Se dico che ci ho visto dentro un sacco i Digimon, vi offendete? Che componente di nostalgia c’è dentro questa storia?

Capitan Artiglio – Alla storia ho voluto unire l’immaginario con cui sono cresciuto. I mostri da compagnia che affiancano i protagonisti nel loro percorso di maturazione sono un palese tributo a serie animate come “Pokémon” o “Digimon”, come pure il vestiario e la musica provenienti dal ventennio passato. Più che far leva sull’aspetto nostalgico, mi aiutano a raccontare l’infanzia per come la conosco.

Siete partiti in medias res con un evento traumatico per il gruppo, mostrandoci subito le dinamiche interpersonali tra i protagonisti. È questo l’equilibrio della storia: azione immaginifica e rapporti emotivi?

Capitan Artiglio – Principalmente, sì. Le relazioni e i problemi che affrontano i ragazzi di “Sappy” rispecchiano spesso situazioni tangibili (come appunto l’evento traumatico a cui ti riferisci). Gli Ogun, le loro creature da compagnia, reagiscono in base al lato emotivo dei loro proprietari, per cui l’azione e gli scontri sono utilizzati come pretesto per raccontare anche il loro mutamento interiore.

La prima storia è perfetta per il formato digitale, che mi pare venga sfruttato a dovere. Oscar, quanto influisce sul tuo lavoro sapere di non dover sottostare per forza a un formato pagina?

Oscar – In realtà il formato nasce come ibrido: gli episodi sono pensati con una classica divisione in tavole per permetterci di gestire un ritmo ben preciso e le stesse tavole sono suddivise principalmente con una scansione in vignette orizzontali, facilitando la lettura da schermo.

In generale tendo a destrutturare la griglia di base cambiando i pesi visivi delle tavole, perciò non mi trovo particolarmente influenzato nel lavoro. Forse l’unico cambiamento di pensiero è dover tenere conto della lettura scroll e fare in modo che non ci siano intoppi sui pesi delle vignette, una volta che AlbHey lavora al montaggio finale.

Dopo la lettura delle prima parte, viene immediatamente da pensare che le strade siano due, entrambe plausibilissime: una storia con alcuni elementi di parodia oppure un action bizzarro che tiene insieme dramma e commedia. Ci illuminate? Qual è la strada che avete scelto?

SappyCapitan Artiglio – Gli elementi di commedia sono perlopiù al servizio di quelli drammatici. Prendiamo Michael Madsen nei panni di Mr. Blonde, quando tortura un poliziotto sulle note di “Stuck in the Middle With You” nella celebre scena di “Reservoir Dogs”: è veramente feroce, eppure la musica divertita e spensierata, da sola, lascerebbe intuire tutt’altro.

Il gioco è analogo: nelle prime scene uno dei personaggi si dispera per una situazione particolarmente traumatica sulle note di “Tu”, di Umberto Tozzi, mentre le creature kitsch che ricordano dei grossi giocattoli anni ’90 a quattro snodi si combattono con efferata violenza. Purtroppo, senza anticipare nulla, gli eventi del primo capitolo lasciano poco spazio a uno sviluppo felice e spensierato.

Oscar – Credo che renderli credibili nei rapporti tra loro, tipicamente adolescenziali, in bilico tra l’infanzia e l’età adulta comprenda automaticamente un’oscillazione tra il dramma e la commedia. Tutto è poi amplificato dal dover vivere in un mondo distopico dove puoi morire maciullato da un gorilla di dimensioni bibliche. Mettiti nei loro panni: c’è solo da piangere, che sia di gioia o di dolore.

AlbHey – In generale, quando parliamo del futuro di “Sappy”, non ragioniamo quasi mai su concetti come parodia e commedia. Siamo partiti con il filone “ragazzini e mostroni” avendo ben presente il sentimento di base che doveva pervadere il fumetto, e ora abbiamo un botto di altre pagine per stravolgere tutto, volendo.

Con “Restart“, AlbHey ha realizzato una storia i cui temi non sembrano essere tanto distanti da quelli di “Sappy”, anche se declinati in un formato e un genere molto diversi: è un argomento che ti insegue, quello della vita digitalizzata, o è un tuo interesse specifico?

Sappy, copertina di Capitan ArtiglioAlbHey – In realtà io non ci vedo troppa vicinanza tra le due storie: in “Restart” i personaggi erano sfruttati per creare una situazione adrenalinica, pura azione e pochi sentimenti, mentre in “Sappy” – pian piano lo vedrete – saranno i sentimenti a mangiarsi la storia!

Nel secondo capitolo vedrete comparire un Ogun, che altro non è che un mix tra un lupo, un cervo e un mecha (bello tamarro eh?). Il focus, però, non è su questo, ma su cosa provano i personaggi, sul loro stress accumulato.

Prendiamo storie come “Tekkonkinkreet”: “il quartiere” è un posto assurdo, con gli yakuza quasi alieni, i tre assassini… ma quello che esplode a un certo punto sono i sentimenti di Nero, e del resto della storia quasi ce ne dimentichiamo. In “Restart” era tutto il contrario. Sul fattore digitale, non saprei. Avete visto tanta vita digitalizzata in “Sappy”?

I personaggi di “Sappy” potrebbero essere veri o fittizi, persone o semplici avatar. Trovo che sia interessante il fatto che giochiate con questa confusione e indeterminatezza e con l’emotività che gli eventi scatenano. Gli avatar hanno anche loro dei sentimenti?

Capitan Artiglio – Per il lettore (almeno all’inizio) la natura dell’universo di “Sappy” è un mistero. Ciò che è dato per certo è che, nella realtà, gruppi di ragazzi si scontrano con creature bizzarre per ottenere la supremazia e raggiungere una terra promessa (il perché lo scoprirete strada facendo). E sì, la gente muore sul serio.

Per collegarsi alla realtà virtuale, invece, i ragazzi usano dei particolari cabinati dotati di visore che simulano la quotidianità al fine di sopperire alla mancanza di una vita serena e ordinaria. In pratica, l’esatto opposto di “Digimon” con Digiworld. Gli elementi che ho tenuto all’oscuro sono diversi, per cui il lettore è libero di dare adito a tesi e supposizioni.