Minority Report 1x01 "Pilot": la recensione

Sequel del film omonimo di Steven Spielberg, Minority Report è uno scontato poliziesco, dalla formula stanca e già vista

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Minority Report è innanzitutto tre cose. È uno dei due pilot della settimana ad essere un sequel diretto di un film, insieme al Limitless della CBS. È una delle due trasposizioni da Philip K. Dick della stagione, insieme al più invitante The Man in the High Castle di Amazon Studios. Infine, è lo stanco manifesto di una televisione generalista, che coincide spesso con la Fox, ma non si ferma certamente qui, ripetitiva nelle proposte, meccanica negli svolgimenti, svogliata nell'esecuzione. Le critiche oltreoceano l'avevano già segnata, e anche gli ascolti non sono stati clementi, ma è difficile trovare qualcosa di positivo nel sequel televisivo del film diretto da Steven Spielberg, che qui è anche produttore, nel lontano 2002.

Circa due minuti e mezzo di narrazione non sono un buon biglietto da visita per nessuna serie, e Minority Report non fa eccezione. Siamo nel 2065, dieci anni dopo lo smantellamento della sezione precrimine della polizia, una struttura che sfruttava le capacità sensoriali di tre fratelli in grado di avere visioni su omicidi del futuro. In seguito agli eventi del film la sezione veniva smentita nelle sue premesse di base – l'omicidio è inevitabile se non si interviene con l'arresto – e tutto l'apparato crollava, con conseguente rilascio dei prigionieri e isolamento in una località segreta e distante dei tre fratelli. Nel presente della serie il tema della sicurezza torna prepotentemente in discussione, e il mondo delle forze dell'ordine viene raccontato attraverso lo sguardo della poliziotta Lara Vega (Meagan Good).

La scena di un crimine, anzi di più crimini, la porta ad incrociare la sua strada con Dash, uno dei tre precog. L'uomo non ci sta a farsi da parte senza ascoltare le visioni di morte che gli parlano, e decide di intervenire di persona per cercare di prevenire gli omicidi. Quello che gli manca è la forza e l'esperienza sul campo, ed è qui che entra in gioco Lara. Dopo un caso che occupa l'episodio e che serve a introdurre personaggi e motivazioni varie, si forma questa strana coppia che collaborerà – ovviamente nella piena segretezza dato che la precrimine non può più operare – per risolvere i casi settimanali.

Non bisogna essere dei precog per anticipare praticamente ogni step di questa storia. E non è tanto l'ambientazione o la ricostruzione il problema. Il film non era perfetto, ma Spielberg aveva portato avanti un lavoro immaginifico egregio ricreando il suo 2055. Per forza di cose qui tutto è meno scintillante e impressionante, ma non è un problema, e anzi è qui che si possono trovare le chicche migliori e più divertenti (la Fox che prende in giro se stessa immaginando i Simpson che arrivano alla 75esima stagione). E non è nemmeno la necessità di rimarcare costantemente il fatto che ci si trovi in una ambientazione futura (Tinder, le zanzare che dovrebbero essere estinte, il cibo spazzatura che ora è salutare).

Il vero problema è che, immaginando per un attimo di utilizzare la fantastica tecnologia della serie che permette di manipolare le immagini catturate dalle lenti a contatto, potremmo sollevare l'intero scheletro della serie e piazzarlo a nostro piacimento qua e là. Minority Report scompare, e rimane il solito procedurale con il collaboratore della polizia eccentrico (Dash sembra avere una caratterizzazione completamente sbagliata, e Stark Sands non aiuta) che fa coppia con la poliziotta tutta d'un pezzo, magari con un trauma pregresso. Nemmeno a parlare di quelle tematiche di fondo che correvano nel lungometraggio, come la giustezza o meno della punizione per qualcuno che, in effetti, ancora non aveva commesso nessun reato. Allora scomodare un titolo famoso diventa un esercizio fine a se stesso, che non trova un vero corrispettivo in una storia che potrà variare alcuni concetti di fondo, ma rimane l'ennesima e superficiale variazione su un tema sempre uguale.

A questo punto, ed è incredibile dato che stiamo parlando di una serie che si chiama Minority Report, bisogna chiamare in causa iZombie, che con la sua leggerezza e le sue moderate ambizioni, è riuscito a portare avanti un'inversione nei generi - letteralmente - e un po' di aria fresca in questo copione così riciclato.

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