Non c'è 2 senza te, la recensione
Tra macchiette gay, una sceneggiatura implausibile e l'assenza di ritmo, Belen Rodriguez è davvero l'ultimo problema di Non c'è 2 senza te
L'universo costruito da Massimo Cappelli non si regge in piedi. C'è un bambino di 10 anni che ragiona e si comporta come uno di 6, una scuola totalmente implausibile (ci sono dei bulli? Non ci sono? È un istituto omofobo? Lo è solo il personaggio di Belen?) che viene presentata con una inquadratura del portone d'ingresso sul quale campeggia un foglio bianco con stampato sopra "Scuola privata primaria", per essere proprio chiari, per non dire poi degli incroci e degli intrecci che dovrebbero scatenare l'umorismo (nessuno dei personaggi capisce niente, nemmeno le cose più evidenti).
Se la scrittura crolla quasi subito, la recitazione è un'agonia moto più sfaccettata. Si va dai protagonisti Abbrescia e Troiano, gay esagerati, lasciati liberi di dare sfogo ed esagerare in palese contrasto con il tono degli altri (almeno in Cado dalle nubi i loro personaggi, quasi uguali a questi, erano coerenti con il tono del film), a Tosca D'Aquino che passa senza equilibrio dalla misura dei primi momenti alla replica dell'eccessivo personaggio di Il ciclone nel finale, fino a Belen, diretta con poco mestiere e quindi abbandonata alla sua praticamente nulla abilità recitativa.Privo di ritmo, di scrittura e di una recitazione che almeno tenga in piedi la baracca Non c'è 2 senza te macera nella sua mancanza di originalità per tutta la durata, accumulando fastidio mai stemperato da qualche trovata, mai rischiarato da un guizzo d'umorismo.
Commedie banali ne abbiamo viste tante e tante ne vedremo, quel che sembra giusto pretendere è che siano almeno progetti concepiti con equilibrio e abilità. Se non ci può essere l'originalità, almeno ci sia il mestiere, la capacità di narrare, la fluidità di montaggio e la misura nell'immaginare un mondo coerente e credibile.