Non sposate le mie figlie, la recensione
Passato come capolavoro del politicamente scorretto Non sposate le mie figlie in realtà aderisce in pieno alla parabola acquietante del cinema matrimoniale
Sulla carta abbastanza cattivo e pieno di politicamente scorretto il film di Philippe de Chauveron, come era facile intuire dai grandi incassi in patria, in realtà è molto corretto e bilanciato. Prendendo in giro tutti facendo attenzione a dare uno schiaffetto ad ognuna delle parti in causa per poi riservare il peggio per la maggioranza (i cristiani bianchi), si pone l'obiettivo di rappresentare la Francia moderna e così attirare in sala quante più etnie è possibile lasciando ad ognuna la soddisfazione di aver visto qualcosa di audace.
A furia di edulcorare e calmare le acque il regista finisce per lasciare per strada il conflitto, relegandolo a piccole scaramucce e incomprensioni tipiche da commedia romantica ma inadeguate a parlare di divisioni sociali.
Se nel cinema d'avventura il vero protagonista è il villain, in quello matrimoniale i veri protagonisti sono i genitori, non a caso il film, se si eccettuano le performance dei due "padri" interpretati da Christian Clavier e Pascal N'Zonzi (letteralmente uno più abile dell'altro), segue più le regole delle commedie matrimoniali che della satira di costume. Non sposate le mie figlie è infatti l'esatto contrario del cinema libero, prigioniero com'è della gabbia che si è costruito, incapace di deviare dal massimo della correttezza che gli consente di prendere in giro tutti senza offendere nessuno (ma non era quello il punto dell'essere scorretti?).
Scritto in maniera gradevole e interpretato a dovere ad un film simile si è comunque in dovere di chiedere di più. Ad un'opera che desidera appuntarsi sul petto la più nobile e alta delle medaglie non si può lasciar correre un atteggiamento così succube.