Rugby 18, apprezzabile il tentativo, meno l'esito - Recensione

Il difficile rapporto tra rugby e videogioco: la recensione di Rugby 18

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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Possiamo benissimo immaginare quali possano essere le problematiche nel realizzare un videogioco di rugby: il non poter contare su una base di appassionati (ovvero potenziali acquirenti) nemmeno lontanamente paragonabile a quella di altri sport implica in partenza la necessità di operare con un budget ristretto, la mancanza di continue iterazioni di titoli dedicati al genere costringe ogni volta a reinventare totalmente il modello il gioco, e poi c'è la particolarità dello sport in sé a rendere le cose difficili, perché se persino i giocatori a volte possono dimenticarne le regole (rimarrà nella storia la bambola totale dell'Inghilterra per l'atteggiamento sulle ruck dell'Italia nello scorso Sei Nazioni) figuriamoci quanto possa essere arudo trasporle ludicamente e renderle chiare, senza però soffocare il gameplay.

E' quindi degno di apprezzamento, anche prescindendo dal risultato finale, lo sforzo che Eko Software ha profuso per realizzare Rugby 18, che ha provato a dare una forma videoludica ad uno sport così complesso, profondo, pieno di momenti difficili da riprodurre, perché a mettere in piedi un modello per i calci di punizione nel calcio son buoni tutti, ma avanti, fatelo con una mischia ordinata, una roba nella quale collidono due tonnellate di uomini, o peggio ancora per una ruck, il posto nel quale una persona normale non metterebbe una mano, figuriamoci la testa, un lacoontico groviglio di corpi. Tutto questo insomma per dire che bravi ragazzi, ci avete provato e le basi sembrano esserci, ma non è questo il videogioco sul rugby che gli appassionati chiedevano.

[caption id="attachment_179044" align="aligncenter" width="1920"]Rugby 18 screenshot La contesa della palla in ruck, ovvero il modo in cui si passa la maggior parte del tempo delle partite[/caption]

A un primo impatto Rugby 18 sembra fare degnamente il suo lavoro. Il contorno, per i sopracitati limiti di budget, non può essere di quelli particolarmente scenografici, ma le modalità di gioco sono bastevoli a mettere in piedi una decente offerta ludica, tra partite, campionati e una modalità carriera basica nelle opzioni ma comunque interessante, per la possibilità di creare la propria squadra scegliendo tra un vasto numero di professionisti reali. Le licenze più importanti ci sono, campionato inglese, campionato francese, Pro 14, squadre nazionali (poche, quasi tutte le importanti ma con importanti mancanze, Argentina e Irlanda, per esempio) e il bicchiere anche sotto questo punto di vista è mezzo pieno. Aggiungiamo un comparto tecnico molto basilare ma sufficiente ed ecco chiusa la descrizione di un approccio non esaltante, ma confortante.

"non funzionano al meglio determinate dinamiche di gioco, che qualcuno potrebbe reputare semplici ma che in realtà sono di fondamentale importanza"In campo le cose cambiano, ma non perché Rugby 18 sia un totale disastro, ma per il fatto che non funzionano al meglio determinate dinamiche di gioco, che qualcuno potrebbe reputare semplici ma che in realtà sono di fondamentale importanza. Per esempio si capisce subito che giocare alla mano è quasi impossibile, un po' per la poca reattività dei giocatori nei passaggi, ma soprattutto perché nel momento dell'attacco la squadra non si propone su una linea profonda e di conseguenza non si trova facilmente a chi dare la palla. Risultato? Ruck su ruck. Fossero vere le partite di Rugby 18 produrrebbero dei massacri, un metro e una ruck, un metro e una ruck, magari le si vince tutte, e allora si può anche arrivare a segnare, ma è più probabile che almeno una la si perda, e allora si viene ricacciati indietro, ed è il motivo per il quale i match finiscono con punteggi ridicoli (spesso abbiamo vinto realizzando solo una meta o un calcio, senza prendere punti), perché o si sfonda o ci si può sognare di far punti facendo viaggiare il pallone.

[caption id="attachment_179043" align="aligncenter" width="1920"]Rugby 18 screenshot Nei rari momenti di sfondamento delle difese è quasi sicuro ritrovarsi da soli[/caption]

Con queste basi è chiaro che il castello venga comunque a crollare, nonostante ci sia del buono nell'implementazione ludica dei vari momenti di gioco. Vincere la già citata ruck non significa semplicemente buttarci dentro quanti più uomini possibile, ma assicurarsi di avere il sostegno (auguri, visto che non si è quasi mai adeguatamente supportati nell'attaccare la linea di difesa) e arrivare col giusto tempismo sul punto di contesa, impartendo rapidi controlli. Bene le mischie, nelle quali pure occorre imparare le combinazioni dei controlli ed essere rapidi nell'input, semplici e chiari i calci, troppo complesse invece le touch, e si va così a far benedire anche l'avanzamento dai calci di punizione con appoggio sulla rimessa laterale.

Rugby 18 fallisce nel suo intento perché manca della reale profondità del gioco. Non funziona male, non è rotto, si calcia, si passa, si placca, si giocano bene i tanti momenti di uno sport così complesso, ma manca nella giusta trasposizione di alcune semplici dinamiche, alcune delle più importanti purtroppo. La speranza è che il team di sviluppo possa riprovare già il prossimo anno a renderle meglio, perché l'impostazione generale comunque non sembra essere totalmente sbagliata.

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