Jeph Loeb, che si prende cura di serie targate Marvel come Agents of S.H.I.E.L.D. e Agent Carter, ha raccontato al sito Comic Book Resources qualche dettaglio sul suo approccio alla televisione e all’universo della Marvel.

Ecco i dettagli più interessanti:

  • Fin dall’inizio gli autori sapevano che i film e le serie avrebbero avuto dei punti in comune e degli elementi che si integravano a vicenda, perché sapevano la direzione che stavano prendendo i vari progetti, quindi non c’è stato nulla di improvvisato.
  • In questa stagione è invece Agents of S.H.I.E.L.D. a precedere i lungometraggi introducendo per prima gli Inumani. Loeb ha raccontato che collabora attivamente con Kevin Faige e Louis D’Esposito, che si occupano del settore cinematografico, e con Alan Fine, Dan Buckley e Joe Quesada, che lavorano in quello editoriale. Per questo motivo nessuno di loro si avvicina a queste situazioni pensando che si stia introducendo qualcosa in un posto specifico. Jeph è comunque incredibilmente entusiasta dall’idea che lo show sia nata dal personaggio interpretato da Clark Gregg nel primo Iron Man. Gli sceneggiatori stanno introducendo degli elementi e dei personaggi che fanno capire come qualcuno possa essere trasformato e il modo in cui ci si adegua a questo elemento. Il pubblico già fan della Marvel potrà però entusiasmarsi perché sa dove si arriverà.
    Il produttore ha poi aggiunto:

    “Ma alla fine, quello che per me è più importante è: ‘Ci preoccupiamo di Skye e Raina e di quello che è accaduto alla fine del winter finale, e di quello che succederà? Cosa altro accadrà? Quella è l’avventura. Il modo in cui chiamiamo le cose e come vengono introdotte, quello è il viaggio. E così, quello che posso dire, come con ogni storia che raccontiamo, c’è una responsabilità tremenda, ma questo elemento è legato al pubblico, perché noi dobbiamo essere in grado di raccontare la storia migliore nelle nostre possibilità e sperare che loro ne rimangano entusiasti”.

  • Le svolte di Agents of S.H.I.E.L.D. rappresentano al tempo stesso delle opportunità e dei rischi perché non si può prevedere la reazione del pubblico anche se è una parte integrante e importante del raccontare una storia della Marvel, caratterizzata dal sorprendere il pubblico, sorprenderlo, coinvolgerlo in modo inaspettato, convincendolo a farlo sintonizzare nuovamente la settimana successiva e seguire gli episodi in diretta, facendo parte dell’esperienza sociale in contemporanea con gli spettatori di tutto il mondo, sintonizzati sulle puntate e collegati ai social media.
  • Il progetto di realizzare Agent Carter è nato dall’interpretazione di Hayley Atwell e da quanto accaduto alla fine di Captain America: The First Avenger, perché c’erano moltissime storie che potevano riguardare la donna e sarebbe stato divertente esplorare questi momenti. Loeb ha sottolineato che inoltre era stimolante l’idea di mostrare un personaggi come Peggy, molto contemporaneo, anche se gli eventi si svolgono nel 1946. Le tematiche non sono infatti legate a una questione temporale ma hanno sfumature contemporanee e internazionali, come il diritto di una donna a lavorare, a definire chi è, la sua immagine e il rapporto con il mondo maschile.
    Il produttore ha raccontato che avere sceneggiatori del livello di Christopher Marcus e Stephen McFeeley ha permesso di ottenere degli showrunner e un cast di livello.
  • L’obiettivo della Marvel è quello di raccontare storie inaspettate, andando oltre l’idea dei buoni contro i cattivi. Stan Lee ha iniziato a farlo con I Fantastici Quattro e poi si è continuata a esplorare la tematica del “con grande potere arriva una grande responsabilità”, diventata poi quasi il motto dell’universo Marvel.
  • Loeb si considera molto fortunato perché è un fan dei progetti di cui si occupa, come tutte le persone coinvolte nella realizzazione dei progetti, oltre a divertirsi molto.

Fonte: ComicBookResources