Killing Kennedy, il film tv che andrà in onda su National Geographic Channel il 10 novembre negli Stati Uniti, racconterà la serie di eventi che hanno condotto all’assassinio del Presidente John F. Kennedy, ucciso da Lee Harvey Oswald.

Nel 1959 i due uomini hanno affrontato grandi cambiamenti nella loro vita: uno a Washington preparandosi ad annunciare la sua candidatura alla presidenza, e l’altro all’ambasciata statunitense a Mosca, dove ha rinunciato alla sua cittadinanza americana.

Il film, prodotto dalla Scott Free Productions e basato sul bestseller di Bill O’Reilly e Martin Dugard, segue gli alti e i bassi di questi due uomini, per poi unirne le vite con due morti sconvolgenti che hanno sbalordito la nazione.

Rob Lowe interpreta il presidente Kennedy, Will Rothhaar ha il ruolo di Lee Harvey Oswald, e Ginnifer Goodwin quello di Jacqueline Kennedy, mentre Michelle Trachtenberg è stata scelta per la parte di Marina Oswald.

Rob Lowe, in una lunga intervista rilasciata a Collider ha parlato del suo interesse per il presidente Kennedy e sull’evoluzione del progetto televisivo.

  • L’attore ha sempre sperato segretamente che qualcuno lo contattasse per interpretare uno dei membri della famiglia Kennedy perché un po’ somiglia fisicamente ai fratelli e li ha sempre considerati degli eroi, oltre ad ammirarli profondamente.
  • Rob ha letto moltissimo su JFK:

    “Non è solo l’iconografia, e non c’è mai stato niente di simile prima. Il mito di Camelot è romantico e fantastico, ma è veramente geopolitico in quello che ha affrontato, quello che ha ottenuto e il tipo di nazione che era dopo gli anni di Eisenhower e della metà del secolo. Era un periodo molto, molto importante che per me è interessante. Ho sempre voluto portarlo sullo schermo”.

  • Lowe voleva essere sicuro che fosse il momento e il modo giusto per interpretare JFK ed è stato convinto dalla presenza di Ridley Scott nella produzione, sul fatto che fosse basato su un libro importante, e dopo aver letto la sceneggiatura e aver visto la costruzione geniale della storia, che contrappone la vita di Oswald e di Kennedy su due binari paralleli. Tutto questo ha convinto l’attore ad accettare la parte.
  • La sua preoccupazione principale era quella di capire come portare sullo schermo un personaggio iconico già interpretato in passato, come accade con le opere di Shakespeare o Arthur Miller. Rob ha spiegato:

    “E’ difficile fare JFK perché devi impersonare certi elementi che le persone si aspettano, ma devi renderli tuoi. Sono un attore professionista. Non un imitatore. Non ho alcun interesse nel renderlo perfettamente giusto, in ogni dettaglio. Ho ogni interesse nel renderlo autentico e credibile, e in tre dimensioni”.

  • Il protagonista ha quindi umanizzato il presidente ed è andato oltre quasi tutti gli aspetti più conosciuti, facendo emergere anche quanto la sua morte abbia avuto un impatto profondo sulla sua famiglia e l’intera nazione.
  • La struttura originale della storia permetterà di vederne aspetti poco conosciuti, oltre ad avvicinarsi a Marina e Lee Oswald. Si potrà scoprire ciò che lega l’assassino alla sua vittima, mostrandone similitudini e differenze.
  • Ginnifer Goodwin ha reso molto semplice il lavoro di Rob Lowe:

    “Non l’avevo mai incontrata, ma Bill Paxton è uno dei miei migliori amici e mi aveva detto che l’avrei adorata. E’ entrata e stava indossando l’abito di Chanel indossato a Dallas con il sangue sopra, ed è stato uno dei momenti più surreali ed emozionanti che ho mai avuto in tutta la mia carriera. Era Jackie. Era lì. Non sono una persona folle. Sapevo che era Ginnifer Goodwin ed eravamo impegnati a farci il trucco. E tuttavia una grande parte di me ha avuto questa reazione irrazionale, viscerale, emotiva. Questa era la storia di come è stato lavorare con lei. Ha semplicemente incarnato Jackie”.

  • Lowe ha poi rivelato che attualmente vive un periodo in cui si sente libero di scegliere i ruoli che vuole fare senza dover provare nulla a nessuno. Questa fase della sua carriera è iniziata quando ha scritto il suo libro e ne ha visto l’accoglienza. L’attore si è reso conto che ha fatto e detto tutto quello che voleva e ora può dedicarsi ai progetti che ama di più e in cui può mettersi alla prova, come Behind the Candelabra in cui ha espresso la sua parte interiore più legata alla recitazione, mentre Kennedy riflette maggiormente la sua tendenza a essere un leader.

Fonte: Collider