Debutta su Netflix il 25 ottobre La vita sul nostro pianeta, docu-serie che racconta l’evoluzione sulla Terra e che in otto episodi ripercorre la storia della vita sul nostro pianeta, dagli inizi 4 miliardi di anni fa, attraverso le ere del dominio dei pesci, degli anfibi, dei rettili, degli uccelli, dei dinosauri e dei mammiferi, fino a noi essere umani.

Realizzata con la collaborazione di Industrial Light & Magic e narrata da Morgan Freeman, la serie è prodotta da Steven Spielberg e dal team vincitore di due Emmy® per Il nostro pianeta. Racconta l’incredibile battaglia della vita per la sopravvivenza sulla Terra, ripercorrendo la storia delle specie animali e della fauna, la loro ascesa e il loro declino, utilizzando la scienza e le tecnologie più avanzate per riportare in vita creature estinte da tempo.

Noi di Badtaste.it abbiamo partecipato a un incontro di presentazione, organizzato per la stampa, presso la storica Amblin Entertainment che si trova a Los Angeles, negli studi di NBCUniversal. Durante l’evento abbiamo avuto la possibilità di fare quattro chiacchere sulla realizzazione della serie con i registi Dan Tapster, Alastair Fothergill e Keith Scholey di Silverback Films, Darryl Frank e Justin Falvey di Amblin Television, il supervisore dei VFX Jonathan Privett (ILM) e il consulente scientifico Tom Fletcher.

la vita sul nostro pianeta

Competizioni, estinzioni di massa, insetti volanti, alberi imponenti, lucertole che aprono l’era dei rettili, la formazione dei continenti, l’estinzione dei dinosauri e lo scongelamento dell’era glaciale. “Questa non è una serie che parla solo di dinosauri. Si tratta dell’intera storia della vita, di tutte le diverse creature che ne hanno fatto parte,” ci spiega Alastair Fothergill, regista e produttore britannico di documentari naturalistici. “Il momento chiave nella realizzazione della serie è avvenuto quando abbiamo capito che la storia della vita è in realtà il Trono di Spade della natura. È la storia dell’ascesa degli sfavoriti e della caduta delle creature dominanti. Quando l’abbiamo capito, è cambiato il modo in cui abbiamo realizzato lo show, abbiamo immaginato che al posto degli Stark e dei Lannister ci fossero i cefalopodi e i vertebrati. Noi ovviamente abbiamo fatto il tifo per i vertebrati”.

In che modo sono state scelte le specie per ogni episodio? “Uno degli aspetti più sorprendenti è che il 99% della vita si è estinta. Quindi le specie con cui condividiamo il pianeta al giorno d’oggi rappresentano solo l’1% e sono quelle che sono riuscite a sopravvivere. Facendo due conti, significa che ci sono almeno un miliardo di specie che non esistono più. Come prima cosa abbiamo ristretto il campo a 65 specie scegliendo quelle che hanno avuto un ruolo chiave nella storia della vita. Come, ad esempio, il primo animale vertebrato che è stato in grado di volare,” ci spiega Jonathan Privett della ILM, supervisore esecutivo degli effetti visivi che in passato ha lavorato su “Buonanotte Oppy”.

la vita sul nostro pianeta

“Abbiamo guidato un team di 160 consulenti scientifici. Questo ha davvero aiutato ad aumentare il senso di veridicità che volevamo ottenere. Inoltre, abbiamo raccontato questa storia in un modo mai fatto prima, perché abbiamo unito i mondi della Storia Naturale e quello degli effetti speciali,” aggiunge Tom Fletcher, ricercatore nel campo degli effetti visivi, consulente scientifico per la Silverback Films di Bristol, UK e specializzato in documentari sulla fauna selvatica. “La storia della vita racconta anche il rovescio della medaglia ovvero la storia della perdita, la storia dell’estinzione. Nel corso della storia della Terra, ci sono stati cinque eventi apocalittici in cui la vita è stata messa in ginocchio, e a volte il 70%, l’80% e persino il 90% di tutte le piante e gli animali si sono estinti in seguito a questi eventi. Li presentiamo tutti a ciclo continuo perché sono un elemento fondamentale per la storia della vita. La più famosa di queste estinzioni è l’asteroide nel giorno della morte dei dinosauri”.

la vita sul nostro pianeta

Un aspetto interessante, come ci viene illustrato da Dan Tapster, produttore esecutivo e showrunner nominato per 8 volte agli Emmy, è che gli sfondi e i luoghi sono reali. Il primo lavoro del team di ricerca è stato infatti quello di cercare un pezzo antico di barriera corallina che li ha portati fino a St. Lucia, nei Caraibi, dove si trovano delle incredibili sezioni di barriera corallina dominate da spugne: “Solo il 40% di ogni episodio è costituito da effetti speciali. Abbiamo preso questa decisione perché volevamo dare al pubblico l’opportunità di comprendere il contesto della vita con cui coesistiamo oggi. Per capirne i retroscena. Un esempio: gli anfibi si sono evoluti circa 300 milioni di anni fa, quando il mondo era fondamentalmente una palude gigante. Per questo motivo, avere la capacità di deporre le uova in acqua e allo stesso tempo vivere sulla terraferma, era una soluzione assolutamente geniale. Gli anfibi prosperavano in questo modo. Ma oggi, 300 milioni di anni dopo, il mondo non è più una palude gigante. Dunque quello che allora era un vantaggio per loro, oggi è un tallone d’Achille. Lo dimostriamo filmando una rana minuscola alta circa un centimetro che vivendo in una foresta in cui c’è siccità, deve arrampicarsi su un albero alto 50 metri per trovare un po’ d’acqua”. Una delle cose più difficili del dietro le quinte? “Le riprese subacquee delle balene perché la telecamera viene installata su un lato della barca e le barche rimbalzano. Abbiamo quindi dovuto creare una telecamera stabilizzata che eliminasse tutti gli urti”.

Una curiosità particolare di La vita sul nostro pianeta? Ci risponde Darryl Frank, co-presidente di Amblin Television: “Dato che la serie ha alle spalle Steven Spielberg, abbiamo inserito dei riferimenti a suoi film. C’è ne è uno molto chiaro a Jurassic Park quando si vede l’impronta del T-Rex e l’acqua che trema, ma ce ne sono anche altri che dovrete trovare”.

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