Il nostro approfondimento sui titoli più interessanti del panorama indie

Gulag Paradise

Gulag Paradise è un typing game, e tanto basterebbe per far alzare un coro di disapprovazione da tutti i lettori di BadGames. Scrivere parole con la tastiera non è certo l'esempio più fulgido di gameplay attraente e intrigante, ma la maniera con la quale il titolo lo sostiene è degna di nota. Ci troviamo all'interno di un campo di lavoro, ed il nostro compito sarà quello di spaccare pietre, semplicemente digitando alcune parole che scorrono su schermo. Tutto qui, eppure Gulag Paradise colpisce con una forza imprevedibile.

Le giornate scorrono tutte uguali, con il capo che, all'inizio di ognuna di esse, c'invita a lavorare per la madrepatria, ad essere i mattoni che, anche se impregnati di sangue, ne dovranno costruire la gloria. Tutto stona: il capo indossa pochi leggeri abiti, una musica orecchiabile accompagna le sue parole, si rivolge a noi con iniziale cortesia. Poi, una parola fuori posto può farlo arrabbiare, può segnare l'inizio di una ribellione che a noi costa lavoro supplementare e che, alimentata, può provocare esiti imprevedibili. Possiamo anche decidere di ritornare suoi nostri passi, di riabbassare la testa dopo che l'abbiamo alzata, ed il gioco terrà conto di tutto questo, articolando le nostre scelte in cinque finali, tutti diversi. Il percorso che dovremo compiere per vederli sarà però sempre lo stesso, spaccando pietre, digitando parole dolorose, assoggettati da una routine inevitabile e mesta, inseriti in un enorme meccanismo e da esso tritati.

La particolarità di Gulag Paradise risiede anche nel suo stile grafico. Il senso di straniamento è dato da schermate dai toni caldi, eppure ci troviamo in Siberia, da quelle colline che non dovrebbero esserci dove c'è solo neve e desolazione, tutti ingredienti della grande bugia che è alla base del gioco. Il titolo è scaricabile gratuitamente a questo indirizzo.

 

Elliot Quest

Chi avesse voglia di un titolo action platform open world dal gameplay immediato e dallo stile retrò può tranquillamente riporre le proprie speranza in Elliot Quest e sognare di tuffarsi in un mare di giocabilità vecchio stile. Il titolo di Ansimuz Games sembra avere infatti tutte le caratteristiche per diventare un piccolo classico della produzione indie.

La progressione, come detto, è libera, pertanto il giocatore si troverà già all'inizio a poter esplorare gran parte della mappa del gioco, divisa in affascinanti ambientazioni e pericolosi dungeon. Ovviamente, ricorreranno tutti gli espedienti tipici del genere, come l'aver bisogno, ad un certo punto della storia, di un determinato oggetto per poter andare avanti, di dover svolgere degli incarichi per i personaggi secondari, oppure semplicemente di acquistare da loro armi ed oggetti, di farsi strada tra i nemici con un vasto arsenale oppure con la magia, di battere ogni singolo angolo della mappa per trovare zone nascoste ed incredibili tesori. Insomma, di abbandonarsi totalmente al senso di avventura, di perdersi nella scoperta, di gioire di ogni singolo passo fatto, non per forza per arrivare in un posto particolare. Un certo rilievo avranno nell'economia del gioco le battaglie con i boss, siano questi i guardiani delle aree che ci troveremo ad attraversare, siano le leggendarie creature che si dice vaghino per il mondo.

L'impianto grafico di Elliot Quest è costruito da mattoncini in 8 bit, ma non per questo il titolo risulta poco attraente, tutt'altro. Una certa cura nel dettaglio, un'ottima scelta dei colori e, più in generale, una direzione artistica capace di donare carisma ad ogni singolo pixel, gli concedono d'impattare positivamente sul giocatore, anche su quello magari poco avvezzo allo stile retrò. Potete provare una demo del gioco o preordinarlo a questo indirizzo.