La maggior parte dei videogiocatori cresciuti negli anni Novanta avrà senza dubbio sentito nominare almeno una volta Myst. Titolo sviluppato da Cyan, Myst è un’avventura grafica che pone grande attenzione al comparto narrativo, grazie a una storia che è possibile scoprire esplorando un mondo vivo e ricco di sfaccettature. Un mondo che trasuda lore da tutti i pori e che, per questo motivo, continua a conquistare il pubblico dal 1993. Stiamo parlando di una vera e propria pietra miliare del mercato videoludico. Un’opera che ha cambiato la percezione stessa di questo medium, permettendo la nascita di opere straordinarie come Gone Home e What Remains of Edith Finch.

In occasione del Lucca Comics & Games di quest’anno, abbiamo potuto partecipare a un appuntamento con protagonista Rand Miller, uno dei due creatori di Myst che, nel 1987, fondarono proprio la succitata Cyan. Al termine del panel ci è stata data anche la possibilità di fare quattro chiacchiere con Miller, per cercare di approfondire maggiormente la sua passione per i videogiochi e il suo approccio allo sviluppo. Siete curiosi? Bene, non dovete far altro che continuare a leggere questo articolo per scoprire come, a volte, non è necessario rendersi conto di cosa si sta facendo per riuscire a farlo con stile.

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RAND MILLER, TRA IMPROVVISAZIONE E PASSIONE

Spesso, per la buona riuscita di un panel con un ospite tanto importante, c’è la necessità di avere un conduttore esperto. Esperto non tanto nella dialettica, ma anche dell’argomento in questione, per evitare situazioni imbarazzanti e per fare in modo che le domande poste siano in grado di stimolare l’intervistato. Ebbene, fortunatamente a gestire l’incontro con Rand Miller è stato chiamato Fabio Viola, uno dei massimi esperti italiani di game design, gamification e, più in generale, di videogiochi. Fabio si è presentato all’incontro con il suo solito mix tra professionalità e spontaneità,  risultando a dir poco fondamentale per la riuscita dell’evento.

Durante il panel, abbiamo ripercorso i vari passi della carriera di Rand Miller, a partire dai suoi primi prototipi di videogiochi. Prototipi che hanno comunque contribuito alla creazione di Myst, realizzato da Rand insieme a suo fratello Robyn. A emergere prepotentemente è stata senza dubbio la vena “naive” del duo, che ha permesso loro di presentare il loro progetto senza sapere neppure cosa fosse un pitch, di ottenere dei soldi per lo sviluppo, sbagliando però il business plan e di approdare sul mercato con un’opera estremamente in controtendenza rispetto al resto dell’industria. Eppure Myst è stato un successo stratosferico. Questo perché le mappe usate per presentare il progetto avevano stile da vendere, perché una volta finiti i soldi i due hanno deciso di investire il resto di tasca propria e perché la strada impostata dalla loro opera si è dimostrata tanto innovativa, quanto solida.

Insomma: in uno strano mix tra passione e improvvisazione, Myst ha preso vita e si è fatto strada nel mondo dei videogiochi.

In tutto questo, a stupire in particolar modo è l’umiltà di Rand Miller, che ha dichiarato di essere consapevole di non aver seguito un percorso classico nello sviluppo di un videogioco e di essere stato, sue testuali parole, “un privilegiato” a ottenere tali risultati. Non sappiamo se “privilegiato” possa essere il termine corretto, vista la qualità raggiunta dalle sue opere, ma quel che è certo è che siamo di fronte alla prova di come, a volte, uscire dagli schemi possa dare vita a veri e propri capolavori.

Myst

LA PASSIONE PRIMA DI TUTTO

Al termine dell’evento, come già anticipato, abbiamo avuto occasione di chiacchierare con Rand Miller. Quello che ne è uscito è una vera e propria discussione su come utilizzare il lessico videoludico per parlare con il pubblico. Vi lasciamo, quindi, alla nostra intervista:

LUCA MAZZOCCO [LM]: Ciao, Mr. Miller! Grazie mille per questa splendida opportunità! Sono da sempre appassionato del tuo lavoro e Myst ha sicuramente contribuito a dare vita alla mia carriera di narrative designer. Quindi, dal profondo del cuore: grazie.
RAND MILLER [RM]: Ciao, Luca! Sono veramente onorato delle tue parole! Come ho detto prima [durante la conferenza] penso di essere stato solamente molto fortunato. Mi fa piacere, comunque, averti ispirato e ricorda: anche i tuoi lavori in futuro potrebbero ispirare qualcun altro.

[LM]: Lo spero proprio! Saltiamo le domande classiche e passiamo subito a qualcosa di più specifico. Qual è per te la principale differenza tra scrivere una storia e scrivere una storia per un videogioco?
[RM]: Buona domanda! Ci sono due tipologie di storie all’interno dei videogame. C’è la “backstory” e la “current story”. Qualche volta lavorare alla backstory non è molto differente da scrivere un normale racconto, ma è la storia ambientata durante lo svolgimento del gioco ad avere precise caratteristiche. Questo perché c’è sempre un motivo per cui introdurre un dato elemento. Vuoi inserire una sedia? Bene, ma perché lo vuoi fare? E perché inserirla proprio in quella precisa parte del livello?
[LM] Stiamo quindi parlando di necessità sopra l’estetica? Lo scopo vince su qualsiasi altro elemento della scrittura?
[RM] Assolutamente sì. Anche se lo “scopo” è misterioso e non verrà percepito da una parte del pubblico deve esserci e, soprattutto, deve essere pensato in fase di scrittura. 

[LM] Certo, lo capisco! A proposito di scopo. Pensi che l’obiettivo dei videogiochi sia cambiato negli ultimi anni? Come percepisci l’evoluzione di questo medium?
[RM] Penso che da sempre i videogiochi siano pensati per soddisfare diversi obiettivi per differenti tipologie di persone. Alcune persone vogliono raggiungere determinati achievement, altre vogliono interagire con altri giocatori e, in giochi come gli MMO, ci sono utenti che hanno come obiettivo quello di aiutare le altre persone. I videogame imitano la vita e, dopo tanto tempo, sono arrivato alla conclusione che l’unica cosa che vogliono fare le persone è “contare”. Vogliono avere un valore, un significato. Vogliono esistere. Se non riescono a raggiungere questo obiettivo, si ammalano. Sono convinto che i videogiochi riescano almeno un po’ a migliorare la vita di queste persone.
[LM] Concordo. Possiamo quasi dire che si tratti di una sorta di medicina per l’anima.
[RM] Assolutamente! La vita può essere davvero dura a volte, ma credo che i videogiochi possono renderla un pochino meno intensa.

[LM] Apprezzo molto questo tuo punto di vista. Una delle mie prossime domande era incentrata sulle nuove leve che si avvicinano a questo lessico. Su cosa dovrebbero studiare per migliorare nel game design e nel narrative design. A questo punto, però, mi sembra di capire che, secondo te, i giovani sviluppatori dovrebbero prima di tutto studiare le persone, i loro valori, i loro problemi e, solo allora, cercare di realizzare un videogioco.
[RM] Yeah! Hai ragione! Solo se studi le persone potrai soddisfare i loro bisogni. Questo magari non ti porterà subito a guadagnare un sacco di soldi, ma sicuramente riuscirai a rendere felice una precisa fascia di pubblico. E questo è un bene.

[LM] Splendido. Passiamo ora a un’altra domanda: Myst ha ricevuto una conversione un VR. Cosa ne pensi di questa tecnologia?
[RM] Certamente! Sicuramente si tratta di una tecnologia che ha ancora dei problemi, ma la amo follemente. Come ho ribadito più volte, il mio obiettivo è far entrare qualcuno all’interno di un mondo che sembri reale. La prima volta che ho provato un visore è stata a dir poco sensazionale. La cosa che ricordo di più è la sensazione di poter vedere le mie mani e di poter afferrare e interagire con ciò che mi circondava. Ho provato una spazialità che non avevo mai provato prima in un videogioco. Mi sembrava tutto più grande e tangibile. Certo, alcuni visori sono ancora troppo ingombranti e altri non hanno la potenza necessaria per dare vita a un’opera perfetta, ma poco importa. L’emozione era reale.

[LM] Concordo al 100%! Per quanto riguarda il tuo lavoro in Cyan, invece, pensi che la narrativa debba influenzare il gameplay, oppure il contrario?
[RM] Ovviamente la risposta è differente per qualsiasi designer. Alcuni spingono più da un lato e altri dall’altro, ma personalmente credo sia tutta una questione di bilanciamento. Anche quando abbiamo pensato ai vari puzzle di Myst, volevamo che il giocatore esplorasse l’ambiente e che ci fosse un motivo per cui il giocatore si trovasse in un determinato luogo.
[LM] Si tratta senza dubbio di un’obiettivo difficile da raggiungere. Da quasi trent’anni gli sviluppatori di tutto il mondo cercano di replicare Myst, ma secondo me falliscono proprio in questo, come lo chiami tu, “bilanciamento”. Alle volte la narrativa prende il sopravvento e altre volte vengono inseriti elementi di gameplay per compensare un gioco percepito come “vuoto”.
[RM] Bilanciare un videogioco è veramente complesso. Ogni volta che realizziamo un titolo ci troviamo sempre a dover fare i conti con questo elemento. Il tutto cercando di prestare attenzione a non sforare con le tempistiche e con il budget. Vorremmo tutti avere più anni e più soldi per sviluppare le nostre idee, ma non viviamo in una vita perfetta, quindi…

[LM] Capisco benissimo! Ho un’ultima domanda, prima di lasciarti agli altri giornalisti. Hai giocato  a titoli recenti che ti hanno entusiasmato e ispirato?
[RM] Assolutamente sì! Recentemente mi sono innamorato di Half-Life: Alyx. Non riuscivo a smettere di giocarci e volevo continuare a farlo per tutto il giorno. Affrontavo i vari livelli molto lentamente, per godere di un mondo tanto vivo. Alle volte mi toglievo il visore e dicevo “wow, ma è già mattino”. È stato incredibile.

[LM] Posso capire! Grazie infinite per la tua estrema cortesia, Mr. Miller! Spero che ci possa essere l’occasione di incontrarci ancora in futuro.
[RM] Il piacere è stato tutto mio! Grazie infinite e a presto!

E voi che cosa ne pensate di Myst? Avete mai provato il celeberrimo titolo sviluppato da Rand e Robyn Miller? Fatecelo sapere con un commento qui sotto o, se preferite, attraverso le nostre pagine social (TikTok incluso).