Se c’è una cosa che unisce l’Italia e il Giappone è la sete di prodotto nazionale, cioè la propensione del pubblico a cercare le proprie produzioni. Gli italiani sono molto interessati a ciò che è italiano.
Se c’è una cosa che ci differenzia invece è che i giapponesi hanno anche un sistema produttivo (audiovisivo) in grado di soddisfare meglio e con più costanza questa sete (il che porta anche alla fiducia nella proprie capacità, che da noi non esiste). Per questo moltissime delle loro produzioni non varcano i confini nazionali, non vengono cioè esportate in versioni internazionali tramite i supporti Home Video.
La storia di Time of EVE dimostra come aggirare la questione alla radice e come, raggiunto il successo una campagna Kickstarter possa portare benefici inediti.

Si tratta di un ONA, un anime pensato per la rete (le puntate sono andate sul portale video di Yahoo!), dalla fattura in linea con quello che si vede in televisione o al cinema e che, del resto, sul grande schermo è anche andato alla fine della sua corsa online. Quando è stato il momento dell’edizione Home Video però, per saggiare quanto l’interesse internazionale tastato online fosse reale, è stata organizzata la più classica delle campagne Kickstarter, iniziata con un obiettivo fissato a 18.000$ e finita con 215.000$ raccolti grazie a 2.700 utenti (circa 75$ a testa di media).
I perks spaziavano dal merchandising ufficiale fino ai più costosi sketch di personaggi e ambienti disegnati dall’autore Yasuhiro Yoshiura.

La trama parte da uno spunto che pare il medesimo dal quale, in seguito, è stata realizzata la serie svedese Real Humans: in un futuro non troppo lontano in cui gli androidi sono una realtà e lavorano come servitù per gli uomini (i quali li trattano come schiavi), i protagonisti scoprono l’esistenza di un caffè in cui come regola non si deve domandare ai clienti se si è umani o robot. Là dentro si svolgono diverse storie, tutte riguardanti i clienti, nelle quali non è mai facile comprendere fino all’ultimo momento chi sia androide e chi umano. Chiaramente i protagonisti ad un certo punto incontreranno anche i loro androidi domestici in vesti e con atteggiamenti che non avevano mai visto prima.

Non ci sono quindi stati canali televisivi, distribuzioni cinematografiche o ancora distribuzioni home video a fare da filtro in nessun caso. Time of EVE è il secondo lavoro interamente creato da Yasuhiro Yoshiura (il primo, Pale Cocoon, era già stato un buon successo e l’ultimo, Patema Inverted lo si era visto al Festival di Roma l’anno scorso) e la sua prima serie. In un mercato molto affamato, come si diceva inizialmente, Yoshiura ha scelto una partnership con Yahoo! (che pure di video da dare in pasto al suo player è affamatissimo) per aggirare le consuete barriere e poi, a successo ormai ottenuto e addirittura dopo un celebrativo passaggio cinematografico, ha aggirato anche le distribuzioni Home Video canoniche per cercare finanziamenti in altre maniere.

Con una campagna crowdfunding che ha più che decuplicato il budget previsto per il Blu-Ray il risultato è ovviamente un’edizione ricchissima ma sopratutto la consapevolezza che le barriere nazionali (una volta un problema ed un investimento spesso rischioso) possono essere annullate da quella che a tutti gli effetti è una forma di prevendita. Se George Lucas era riuscito a produrre il suo Star Wars prevendendo il merchandising, tramite Kickstarter chiunque può fare lo stesso. I perks infatti possono spaziare tra mille categorie, dai memorabilia agli incontri con gli autori ma in ogni caso rimangono una forma di prevendita (poichè in linea di massima prevedono anche l’acquisto del bene finanziato).

Time of EVE, visto il successo della serie, avrebbe avuto probabilmente facile accesso ai consueti canali Home Video, non era un prodotto in cui nessuno credeva, non aveva bisogno necessariamente del crowdfunding eppure l’ha scelto. Quello che è successo non è stato un semplice successo economico ma il riparo da quel problema che tutti gli artisti lamentano, ovvero il fatto che nel produrre qualcosa il cui ritorno economico è incerto si tirino i remi in barca e si cerchi di minimizzare i costi, lavorando con l’acqua alla gola.
Time of EVE ha potuto non farlo perchè ha lavorato già avendo un pubblico e anche grosso (lo ripetiamo: ha raccolto più di dieci volte la cifra chiesta).