Ciao ragazzi, come state?

Noi bene e tu?

Beh, ottimamente, ho appena passato la mattinata su Marte a farmi salvare dai miei compagni di squadra! Avete già visto il set, avete assistito alle riprese?

Sì, una roba folle.

Già, anche per me, è il film più imponente cui abbia mai preso parte.

Oltre alla genuina e schietta giovialità, gli aspetti di Matt Damon che colpiscono più a bruciapelo sono il suo look estremamente giovanile – difficile credere che abbia 45 anni perché ne dimostra tranquillamente dieci in meno – e la sua onestà quando si tratta di parlare di sé stesso e del suo approccio alla recitazione.

La star di Will Hunting – Genio Ribelle e della saga di Jason Bourne è il protagonista di Sopravvissuto – The Martian, la pellicola diretta da Ridley Scott basata sull’omonimo romanzo di Andy Weir.

Ecco cosa è emerso durante la chiacchierata con lui avvenuta in occasione della set visit presso i Korda Studios situati poco fuori Budapest.

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Allora, ci hanno detto che hai ricevuto lo script un venerdì alle 6 di sera e la mattina dopo avevi già deciso di partecipare al film.

Sì, dunque, la prima iterazione del film doveva essere diretta dallo stesso Drew Goddard che ha realizzato lo script, per cui direi di sì, ho avuto un meeting con lui – non lo conoscevo non ci eravamo mai visti – e poi sì, ho subito accettato la parte. Poi dopo è arrivato Ridley, ma io ero già parte del progetto. Drew ha abbandonato questa regia per dedicarsi ai Sinistri Sei [e come sappiamo la scelta non è stata molto fortunata per lui, ndr.], che per lui era un sogno diventato realtà visto che è una di quelle persone letteralmente fissate coi fumetti. Lì per lì pensavo che, con la partenza di Drew, il film sarebbe morto così. Personalmente l’ho presa con filosofia, anche perché era da un anno e mezzo che non facevo nulla e mi stavo riposando, poi ricevo una chiamata da Ridley Scott, subentrato a Drew alla regia del lungometraggio. Non avevo mai incontrato il regista di Alien e Blade Runner, neanche di passaggio. Abbiamo avuto un meeting e tutto è proseguito anche in questo caso con una velocità estrema. L’unica cosa che mi preoccupava dello script era legata al fatto che poi, nel mentre, avevo appena terminato Interstellar dove ho interpretato sempre un tizio abbandonato su un altro pianeta [ride e noi giornalisti con lui, ndr.] e mi sembrava strano, dopo un anno e mezzo, interpretare un altro tale bloccato su un altro pianeta. Gli ho esposto i miei dubbi e lui mi fa “Il film sarà fottutamente differente, questo sarà divertente, uno spasso da girare, fottutamente divertente, facciamolo!”. Ecco, era alquanto complicato dire di no e non lasciarsi contagiare dall’entusiasmo.

Ma hai parlato di una pausa di un anno e mezzo, è stata una cosa intenzionale?

No, no, cioè i primi sei mesi sì, perché ci siamo trasferiti da New York a Los Angeles e mi sono concesso una pausa per far sì che i ragazzi si ambientassero [Damon ha tre figli con sua moglie Luciana Bozán Barroso, in aggiunta alla figlia che la donna ha avuto dal primo matrimonio, ndr.]. Volevo che i miei figli mi avessero intorno con costanza mentre si adattavano al nuovo contesto. Poi, semplicemente, non trovavo nulla che m’interessasse. Cioè, in mezzo a quello che avete visto uscire al cinema era davvero complicato trovare qualcosa che solleticasse la mia attenzione. Le pellicole che mi hanno permesso di portare a casa la pagnotta negli ultimi venti anni ormai vengono fatte col contagocce, è complicato ottenere i budget, un sacco di quella roba è migrata in televisione, gli studios preferiscono assumersi dei rischi con dei blockbuster di alto profilo che dare vita a pellicole che basate su storie più mature e articolate. E mi chiedo quanti altri film come questo Sopravvissuto – The Martian ci saranno in futuro perché a me non piace recitare in questi film fotocopia che inondano i cinema. Sopravvissuto - The Martian

Restando in tema “fattore di rischio” gli altri film marziani non è che siano andati benissimo. Ti preoccupa pensare all’esito delle altre opere che hanno avuto a che fare col Pianeta Rosso?

No, anche perché a dirla tutta non penso che ci siano così tanti film su Marte da dare vita a un genere cinematografico. Non ci avevo proprio mai pensato a essere onesti e, nel caso, spero proprio che il nostro sarà il film definitivo sull’argomento Marte! No, ma battute a parte, proprio è un pensiero che non è mai neanche passato nell’anticamera del mio cervello.

Cosa rende Sopravvissuto – The Martian un film così differente dal resto? Dai vari John Carter, Mission to Mars e via discorrendo?

Una delle principali, e più lampanti, differenze è che principalmente nel film ci sono solo io per buona parte del tempo. Una sfida non da poco. Per carità, ho, abbiamo avuto tutto il supporto possibile e immaginabile dalla NASA e dalla JPL anche perché l’altro lato della medaglia narrativa è “il resto del mondo che cerca di salvare questa persona”, ma per metà film siamo io e Ridley Scott su Marte. Per cui si comincia con un mistero, cosa diamine è accaduto per farmi restare bloccato e abbandonato lassù, poi c’è il B-Side del disco, quello della missione di salvataggio. Per cui penso sia abbastanza differente da quanto visto finora su Marte.

È stato difficile recitare da solo? Senza altri attori da usare come riferimento?

Guarda, il fatto è che lavorando con un grande regista come Ridley… Mi ha ricordato un altro grande filmmaker come Steven Spielberg o Soderberg, questi artisti che riescono a montare il film mentre lo stanno girando, per cui se devi fare una domanda sulla scena che stai per fare otterrai sempre una risposta estremamente precisa e non perdi mai di vista quello che devi fare nel tuo ruolo di attore. Sai sempre per tutto il tempo quello che devi fare perché il regista ha già tutto ben delineato in testa. Non c’è mai incertezza o “Lo scoprirai fra qualche mese!”. Ridley ti comunica esattamente quello che vuole. Come sarà la ripresa che stai per fare e quella successiva. E come saranno le due che arriveranno dopo. Disegna questi storyboard dettagliatissimi, puoi gustarti il film come se fosse un fumetto. Quindi anche se spesso sono in scena da solo, il lavoro è decisamente facile con queste indicazioni.

Come affronta la situazione il tuo personaggio?

Non ci sono crisi esistenziali di sorta, se vi è capitato di leggere il libro o anche qualche recensione del romanzo di Andy Weir avrete notato che questa è una qualità che viene sottolineata praticamente sempre. Per carità, si sarebbe anche potuto fare un film basato su qualcosa del genere, ma non avrebbe avuto questa portata. Il personaggio che interpreto è così incredibilmente pieno di risorse, è un ottimista che non sta a rimuginare su quello che gli è accaduto, non si preoccupa dei problemi che arriveranno domani, ma di quelli che deve affrontare nell’immediato per cercare di rimanere vivo. È sull’orlo del precipizio di continuo, rischia di morire così tante volte: se la tuta si rompe è spacciato, se termina l’ossigeno è spacciato, se si creasse una breccia nell’HAB è spacciato. Ha così tanto da fare quotidianamente per rimanere in vita che si ritrova ad avere delle giornate belle piene. Non ho ancora parlato con Andy Weir, ma ho letto svariate interviste in cui parla di come abbia elaborato il concept del romanzo, dell’approccio scientifico e di come abbia fatto in modo che fosse la scienza a dettare il ritmo e le modalità di quello che succede a Mark. E tutto si riflette nell’attitudine al problem solving di Mark, che è un tizio molto intelligente e sveglio. A livello procedurale fa tutto quello di cui ha bisogno per restare in vita su un pianeta ostile come Marte. E speriamo che la gente voglia vedere di cosa si tratti [ridendo, ndr.]!

In quanto attore, hai bisogno di molto tempo per capire quello che devi fare per un ruolo come questo?

No, no davvero. Puoi fare quello che vuoi però, andiamo, è recitazione. Se la fai bene, il pubblico è dalla tua e il tuo operato diventa credibile per la platea. Ovviamente è sempre positivo quando un attore sa quello di cui sta parlando, lo vedete, è evidente quando un interprete non ha la più pallida idea di quello che sta uscendo fuori dalla propria bocca, ma per me si tratta di avere conoscenza in termini generali, di sapere gli eventuali ostacoli che devi superare… Voglio dire, in Interstellar, neanche Chris Nolan conosce a menadito e in maniera approfondita le nozioni di fisica di cui tratta il suo film, c’erano consulenti in materia per aver sempre un supporto in materia, ma per il resto… Poi sapete… ci sono sempre attori che tendono a strafare [Damon fa una voce concitata e pomposa, ndr] “Dovreste portare questo caso davanti alla Corte Suprema!”. Ma vaffanculo dai. Ci vuole una vita intera a imparare qualcosa, una professione, è un procedimento difficile, non voglio neanche lontanamente avere la pretesa di dire “Sì, so cosa significhi fare l’astronauta” solo perché per qualche mese mi sono documentato in materia e sono stato pagato per impersonarne uno in un film. Magari potrei farlo col ruolo di un giornalista [le risate arrivano inevitabili, ndr.]!

Il libro è molto umoristico, c’è tanto sarcasmo. Come è stato tradotto per il grande schermo?

C’è un sacco di humor, che si trasmette anche tramite la scrittura del videolog da parte del mio personaggio. Umorismo magari anche macabro in un certo qual modo perché come ormai avrete capito, Mark deve fronteggiare la prospettiva di morire in ogni istante che passa su Marte. E quindi reagisce così, un modus operandi che, personalmente, ho riscontrato molte volte parlando con chi, magari,esercita una professione particolarmente rischiosa, in cui devi ingannare la morte continuamente. L’umorismo e il sarcasmo ci sono sempre, ma non si perde mai di vista quello che c’è in ballo per il protagonista.

E sul tuo personaggio? Come ti senti a interpretarlo?

Mi assomiglia abbastanza. La prima volta che ho letto lo script e mi sono trovato faccia a faccia col suo senso dell’umorismo, ho riso moltissimo. Ma è un equilibrio non semplice, perché non devi finire per essere superficiale mentre tutti intorno a te stanno facendo il tutto e per tutto per salvarti. Si tratta di una faccenda seria. Eppure c’è spazio per questo suo humor. Lo vedo come una persona molto divertente, ma dall’intelligenza sopraffina, cosa di cui ho parlato anche con Drew, lo sceneggiatore. Che, dal canto suo, descrive la storia di Sopravvissuto – The Martian come una lettera d’amore alla scienza, una vera e propria celebrazione dell’intelletto umano. Ed è questo che fa andare avanti un po’ tutti noi, no? Persone che si assumono dei rischi, che si sacrificano. Ma personalmente sono molto interessato in tutto ciò che è sconosciuto… No, non è vero, non ho alcun interesse nell’ignoto, vi sto prendendo per il culo! Parlavo giusto ieri [con gli altri giornalisti, ndr.] di come non mi passi neanche lontanamente per la testa l’idea di essere un pioniere, ‘sti cazzi, fate pure [ridacchiando, ndr. ]! Io adoro starmene a casa nella East Coast, ho un bel caminetto, la mia famiglia, preferisco la sicurezza domestica.

Cosa puoi dirci circa quello che abbiamo visto questa mattina? Pare abbastanza faticoso con tutto quel vento, la tempesta di sabbia. Com’è ritrovarsi lì in mezzo?

È fantastico, questo è il teatro di posa più grande al mondo, col green screen dalle dimensioni maggiori, nello specifico avete visto la lavorazione di una ripresa notturna e quindi è tutto scuro, ma ci ho fatto una passeggiata qualche giorno fa e ho esclamato fra me e me “Cazzo!” non riuscivo a credere alle dimensioni, alla portata di tutto ciò. E poi ci trasferiremo nel deserto e continueremo a lavorare in location esterne… Un conto è leggere la sceneggiatura. Marte. Esterno. Notte. Tempesta. Ti domandi “Che aspetto avrà ‘sta roba quando ci metteremo al lavoro?”. Poi arrivi qua e ti ritrovi quattro o cinque di quei ventilatori giganteschi che avrete visto, che suppongo siano i più grossi in circolazione… Ti pare ti passeggiare dentro un uragano quando li accendono, sei costretto a piegarti in avanti mentre cammini e intanto ti gettano addosso tutte quelle pietre e quella sabbia, che poi per carità sullo schermo sembrerà anche peggio perché Ridley aggiungerà altri detriti col digitale tanto da trasformare Marte nel posto più inospitale dell’Universo. Ed è il momento che preferisco, perché quando il pubblico penserà “Mio Dio, che posto orrendo e pericoloso” sarà l’attimo in cui avremo ottenuto quello che stavamo cercando.

Ridley Scott ama creare degli universi cinematografici molti dettagliati, ricchi. È stato così anche per Sopravvissuto – The Martian?

Assolutamente sì. Ero già venuto qua a Budapest circa un mese e mezzo fa e sono rimasto per una settimanella solo per discutere con Ridley della sceneggiatura e lui, ogni giorno, mi parlava della pellicola come se la stesse girando materialmente in quegli the martian empire 01istanti. Qui è dove staccheremo, qui è dove faremo questo, qui è dove faremo quest’altro. Penso che curiosando qua ai Korda Studios vi sarete accorto del livello di perizia con cui viene portata avanti questa produzione, l’abilità artigiana degli addetti dei vari dipartimenti. C’è gente che lavora con lui da 35 anni. Il livello di accuratezza e di dettaglio di ogni specifico settore è al massimo. Ognuno è portatore di un quantitativo di bravura che ha dello straordinario, hanno dei portfolio impressionanti. In più c’è Ridley, che è l’arbitro assoluto in materia di gusto cinematografico. “Più di questo, meno di quello, cazzo no così non va bene”. Ed è così che si ottiene un film di Ridley Scott.

Per un attore cosa significa lavorare con un filmmaker che, sul set, ha sempre tutto perfettamente sotto controllo e che ama provare e riprovare con le scene?

È ottimo perché se qualcosa va storto non te ne frega perché tanto era solo una prova. Però non c’è uno schema fisso quando si crea un film. Tante volte ottieni subito qualcosa di straordinario già con il primo ciak; questo è il motivo per cui Clint Eastwood non fa prove e gira così rapidamente. E entrambi questi ragazzi, nonostante i loro differenti approcci alla regia, hanno un “discreto successo” già da qualche annetto.

Prima, con lo scenografo Arthur Max, abbiamo visto alcuni concept art che ci hanno ricordato molto 2001: Odissea nello Spazio. Sei un fan del film di Kubrick?

[Ironico, ndr] Cosa, quella cagata di film? [Risate, ndr.]

Ti è piaciuto salire a bordo del Rover?

Ah, voi l’avete già visto? Io in realtà devo ancora vederlo coi miei occhi. Ho avuto modo di guardare diversi video che testimoniavano i vari passaggi della sua costruzione, ma ancora devo vederlo. L’avete visto prima di me che sono il protagonista del film.

Ma lo guiderai nel film?

Certo che sì. Mi hanno detto che in pratica ha un joystick e si guida con quello. Suppongo che all’inizio avrò qualcuno a farmi da tutor per accompagnare la mia curva d’apprendimento, per evitare che io faccia danni e mi metta a distruggere accidentalmente cose. Ma tornando alla domanda di prima, amo 2001: Oddissea nello Spazio.

Hai lavorato con un sacco di filmmaker di altissimo livello. C’è un tratto che li accomuna?

Sì, senza ombra di dubbio. L’ho già detto in precedenza perché me ne sono accorto cinque o sei anni fa. Ognuno di quelli che, convenzionalmente, chiamiamo “Maestri del Cinema” ha una qualità che li accomuna: l’essere sempre, costantemente attenti alle opinioni e alle idee di chi lavora insieme a loro. E non parlo solo degli attori, ma di tutti i membri dello staff. Vogliono ascoltare i consigli delle altre persone. Una volta Clint mi ha detto: “Ma certo che voglio conoscere il tuo parere anche perché se l’idea si rivela ottima poi posso prendermi tutto il merito!” [risate, ndr]. Fare un film è come prendere parte a un gigantesco lavoro e se non c’è vera, effettiva collaborazione fra le persone coinvolte, che senso avrebbe? Ma resta anche – e paradossalmente – una sorta di dittatura perché il responsabile di tutto ciò che va a finire proiettato dentro le sale resta il regista. Ridley avrebbe potuto benissimo fare il pittore. Ma ha scelto il filmmaking perché adora questo spezzatino di talenti. Di cui rimane il capo.

 

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BadTaste.it visita il set di Sopravvissuto – The Martian in esclusiva italiana.

Ecco tutti i nostri articoli:

 

Con un cast di eccezione composto da Matt Damon, Jessica Chastain, Jeff Daniels, Sean Bean, Kristen Wiig, Kate Mara e Sebastian Stan, la produzione della pellicola si è svolta, nell’arco di 4 mesi, tra Giordania (vallata del Uadi Rum) e Ungheria (Budapest, Korda Studios).

Damon interpreta un astronauta che viene misteriosamente abbandonato su Marte dal suo equipaggio. Dovrà cercare di sopravvivere per tutti e quattro gli anni necessari perché un nuovo equipaggio venga a recuperarlo, senza possibilità alcuna di comunicare con la Terra.

Simon Kinberg, Aditya Soodb e lo stesso Scott hanno prodotto la pellicola.

Questa la sinossi del film:

Durante una missione su Marte, l’astronauta Mark Watney ( Matt Damon ) viene considerato morto dopo una forte tempesta e per questo abbandonato dal suo equipaggio. Ma Watney è sopravvissuto e ora si ritrova solo sul pianeta ostile. Con scarse provviste, Watney deve attingere al suo ingegno, alla sua arguzia e al suo spirito di sopravvivenza per trovare un modo per segnalare alla Terra che è vivo.

A milioni di chilometri di distanza, la NASA e un team di scienziati internazionali lavorano instancabilmente per cercare di portare “il marziano” a casa, mentre i suoi compagni cercano di tracciare un’audace, se non impossibile, missione di salvataggio.

Il film è basato sul romanzo best seller “The Martian” di Andy Weir.