Sharon Choi, l’interprete che ha seguito Bong Joon-ho sin dal lancio di Parasite in concorso al Festival di Cannes (dove ha vinto la Palma d’Oro) e poi per tutta la stagione dei premi, ha raccontato la sua esperienza in un lungo articolo su Variety. Un viaggio durato diversi mesi che le ha permesso di assistere in prima persona ai successi del regista e del suo team tra festival, premi della critica, cene di gala fino al palco del Dolby Theatre, dove ha parlato in mondo visione per quattro volte, cioè per ogni Oscar che ha ricevuto il film: miglior sceneggiatura originale, miglior film internazionale, miglior regista e miglior film.

Questi ultimi sei mesi sono stati un mix di nuove città, microfoni e buone notizie, inframmezzati da ordini infiniti di tè al limone col miele per preservare la mia voce. Passando da una folla a un’altra, ho stretto mani a centinaia di persone i cui occhi brillavano di entusiasmo per aver visto un film molto speciale. E l’assurdità del fatto che condividevo disinfettanti per mani con un uomo i cui film inserivo nelle “serate cinema” che organizzavo all’università. In qualche modo, nonostante avessi solo partecipato a dei minuscoli film nella mia carriera, sono stata risucchiata nel cuore di Hollywood.

Sharon racconta come ha incontrato Bong:

Nell’aprile del 2019 ho ricevuto un’email dell’ultimo minuto che mi chiedeva di fare da interprete durante un’intervista telefonica con Bong Joon-ho. Mi ero già persa l’intervista, grazie a una notte passata in modalità risparmio a fissare il cursore lampeggiante sullo script di un pilot. Ci volle tutta la mia fibra professionale per cancellare tutti i punti esclamativi e replicare: “Sono disponibile per tutte le chiamate future, fatemi sapere”. Qualche giorno dopo, mi arrivò una nuova richiesta, e così poco dopo mi ritrovai seduta alla scrivania con il mio libretto degli appunti preferito e una penna, pregando che la mia vescica nervosa non mi desse problemi nell’ora successiva. La mia esperienza precedente come interprete ammontava a una sola settimana, principalmente con il regista Lee Chang Dong per il capolavoro sottovalutato “Burning”. Quindi quando mi sfuggì un oscuro riferimento cinematografico fatto da Bong durante la telefonata, pensai che molto presto un altro interprete avrebbe il problema di aver paura di dover andare in bagno al posto mio.

“La traduzione è sacra,” ha dichiarato una volta Bong nel suo film Okja. Ma sembra che le stelle si siano allineate, perché mi chiesero di andare a Cannes con lui. Casualmente avevo già pianificato di andare nel Sud della Francia in vacanza durante il periodo del Festival.

A quanto pare Bong ha fatto di tutto per rendere più semplice il lavoro della ragazza:

Il suo riguardo mi ha reso più semplice il lavoro, e ovviamente mi ha aiutato molto il fatto che conoscessi già il suo linguaggio da regista e da pensatore, avendo scritto numerose tesine su di lui all’università. Tuttavia ho passato il tempo a combattere la sindrome dell’impostore: avevo l’ansia di fraintendere le parole di qualcuno di così amato davanti a persone che ammiravo da tutta la vita. L’unica cura per la paura del palcoscenico era una meditazione di dieci secondi nel backstage, e sapere che non ero io quella che stavano ammirando.

Terminata la stagione degli Oscar, Sharon Choi è pronta a tornare alla sua vita, cercando di perseguire la carriera di regista.

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