È Christopher Nolan a farsi portavoce delle richieste d’aiuto dei cinema e dei suoi impiegati al governo degli Stati Uniti.

Giusto ieri, nel nostro videoblog, ci chiedevamo come stesse reagendo il regista (vero e proprio paladino della visione dei film nelle sale cinematografiche, oltre che strenuo difensore della pellicola) alla chiusura dei cinema. Ed ecco la risposta: Nolan ha scritto un editoriale sul Washington Post, una vera e propria lettera aperta, per chiedere che il governo stanzi degli aiuti a favore degli oltre 150,000 lavoratori dei cinema colpiti dalle ordinanze di chiusura dovute all’emergenza Coronavirus. Turismo, ospitalità e ristoro sono tra le industrie più colpite a livello globale, ma c’è anche l’industria dello spettacolo, come vi sottolineiamo anche noi di BadTaste ormai da un mese (e giusto ieri abbiamo pubblicato un appello al Ministero da parte di tutte le aziende, inclusa la nostra, che ruotano attorno al cinema).

Traduciamo integralmente la lettera di Nolan:

B&B Theatres in Missouri non è solo un’azienda famigliare, è il prodotto di una tradizione famigliare. La prima “B” sta per Bills Theaters, fondata nel 1924 da Elmer Bills Sr. La seconda rappresenta il Bagby Traveling Picture Show, formato da uno degli ex commessi delle aree ristoro di Bills. Per generazioni, queste due famiglie hanno trovato coniugi e amici nei loro cinema e nei loro drive-in, fino a fondersi nel 1980. Per un secolo, B&B ha mostrato film al pubblico del Midwest. Per tutto quel tempo, apparentemente l’azienda non ha mai licenziato un singolo impiegato. Questa settimana, tuttavia, B&B ha dovuto chiudere 418 cinema che servivano il pubblico in Florida, Iowa, Kansas, Missouri, Mississippi, Oklahoma e Texas e ha dovuto licenziare 2,000 impiegati.

Quando le persone pensano ai film, la loro mente va alle stelle, agli studios, al glamour. Ma l’industria cinematografica include tutti: le persone che lavorano nelle aree ristoro, che gestiscono gli impianti, sbigliettano, prenotano i film, vendono pubblicità e puliscono i bagni nei cinema. Persone qualunque, molte pagate a orario e prive di un salario, che si guadagnano il pane mandando avanti i nostri luoghi di aggregazione comunitaria più economici e democratici.

In quest’epoca di sfida e incertezza senza precedenti, è vitale riconoscere le decisioni pronte e responsabili prese da tutte le compagnie del nostro paese che hanno chiuso i battenti consapevoli del danno che stanno facendo ai loro affari. L’incredibile rete di cinema del nostro paese è una di queste industrie, e mentre il Congresso prende in considerazione le richieste di assistenza di tutte le industrie che hanno subito un impatto da questa situazione, spero che la gente veda la comunità degli esercenti per quello che è: una parte vitale della vita sociale, che dà lavoro a tanti e intrattiene tutti. Sono luoghi di aggregazione dove i lavoratori servono storie e dolci al pubblico che vuole passare una bella serata fuori con amici e famigliari. Come regista, il mio lavoro non potrebbe mai essere completo senza questi lavoratori e il pubblico che accolgono.

I giornalisti troppo spesso mettono le forme d’intrattenimento l’una contro l’altra, come se vi fosse in atto una competizione darwiniana per l’attenzione del pubblico. Non centrano il punto. Al pubblico piacciono le storie perché, che le vivano insieme o da soli, i film, la televisione, i romanzi, i videogiochi coinvolgono le nostre emozioni e ci danno catarsi.

In tempi così incerti, non c’è un pensiero che dia più conforto del fatto di essere in tutto questo insieme: qualcosa che l’esperienza cinematografica ha rafforzato per generazioni. Oltre ad aiuti governativi per gli impiegati, la comunità degli esercenti cinematografici ha bisogno di parnership strategiche e illuminate con gli studios. Quest’ultima settimana ci ha ricordato, come se fosse necessario, che ci sono parti della vita che sono molto più importanti dell’andare al cinema. Ma, se pensate a quello che offrono i cinema, troverete che forse non sono così tante.

I cinema si sono spenti, e rimarranno così per un po’ di tempo. Ma i film, come i prodotti invenduti o l’interesse immeritato, non cessano di avere valore. Molte di queste perdite a breve termine sono recuperabili. Quando questa crisi passerà, il bisogno di coinvolgimento umano collettivo, il bisogno di vivere, amare, ridere e piangere insieme saranno più potenti che mai. La combinazione di questa esigenza e la promessa di nuovi film potrebbero spingere le economie locali e contribuire a generare miliardi di dollari nella nostra economia nazionale. Dobbiamo includere i 150,000 lavoratori di questa grande industria americana negli aiuti: non lo dobbiamo solo a loro, ma a noi stessi. Abbiamo bisogno di ciò che i film possono offrirci.

Tra i lavoratori più colpiti, in questo momento, ci sono quelli di industrie come quella cinematografica, la cui intera attrattiva è basata sul più grande istinto dell’umanità – quello che ora si è ritorto contro di noi, che rende questa situazione così difficile: il desiderio di essere uniti. Forse, come me, pensavate di essere al cinema per il suono avvolgente, o per i Goober, o la soda e i popcorn, o le stelle del cinema. Ma non è così. C’eravamo l’uno per l’altro.

Potete seguire tutte le notizie legate all’impatto che sta avendo l’emergenza Coronavirus sul cinema in questo archivio.

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