Se ci sono due cose per le quali ricorderemo questi dieci anni di gestione Müller della Mostra del Cinema di Venezia sono l’apertura a quante più cinematografie nazionali inconsuete è possibile (comprese quelle asiatiche che dieci anni fa non erano presenti come oggi ai festival) e la ricerca di opere cinematografiche che si pongano sul confine tecnologico e di linguaggio da proporre al fianco dei film più tradizionali. Quest’ultima edizione (QUI il programma) sotto il segno di Marco Müller porta forse a compimento per la prima volta ciò che altre volte era rimasto più in potenza.

Sono infatti circa 37 le nazioni rappresentate in tutta la Mostra comprese le Isole Samoa che, ci tiene a raccontare proprio Müller, “hanno realizzato il primo film della loro storia e non è niente male!”. A fianco di nomi noti del cinema americano che portano a Venezia le opere meno mainstream (il politicissimo Clooney come la Wild Salome di Pacino o l’apocalittico Ferrara), ci sono i soliti asiatici tra i quali non si può non notare la presenza in concorso di Sio Sono, cineasta che ha fatto tutto il percorso (l’anno scorso era in Orizzonti) e che Müller ha sempre sostenuto fino ad arrivare a proporlo in concorso.
Ma ci sono anche 7 videoartisti, come Steve McQueen (anch’egli in concorso), 2 film di fumettisti (Gipi e Marjane Satrapi) oltre ad uno, per l’appunto quello di Sion Sono, tratto da un manga.

Manca solo quella che poteva essere la vera chicca che nei piani di Müller avrebbe chiuso il festival e idealmente i suoi 10 anni, ovvero il nuovo film interattivo e sperimentale di Coppola. Il regista però, ha spiegato Müller, non lo avrà pronto in tempo e soprattutto ha ideato una modalità distributiva sperimentale che prevede che prima di uscire dagli Stati Uniti il film debba fare un tour di proiezioni durante le quali sarà continuamente modificato. Peccato.

L’edizione dunque è ricca almeno quanto quella dell’anno scorso e forse un pelo più interessante con i titoli italiani sempre più isolati nella sezione Controcampo Italiano (quest’anno notevolmente ampliata, fino a farci rientrare anche il film dei fratelli Manetti) e proposti nella selezione ufficiale solo se degni di nota particolare. Allo stesso modo la sezione Orizzonti giunge forse allo stadio finale di quella mutazione che da tempo il direttore dice di voler operare, ovvero dargli più importanza e solo a leggere i nomi si capisce che stavolta è vero.

Nota particolare anche per le retrospettive dedicate al cinema di ricerca e la versione restaurata di India: Matri Bhumi di Rossellini, “un film con un rapporto e una presa diretta sul reale in grado di produrre più narrazioni e più fiction di un film tradizionale”.

Come sempre l’elenco dei film in concorso si chiude con un “Film a sorpresa”, contrariamente al solito però questo sarà rivelato prima dell’inizio del festival (peccato, era meglio quando lo si scopriva in sala, al suo inizio). La motivazione del mancato disvelamento è sempre la solita: si tratta di uno spazio riservato a film che sono in procinto di essere finiti e che non è sicuro che riescano ad essere pronti per l’evento, qualora non ce la facessero al posto loro c’è comunque la riserva. Questi gli indizi del direttore: “Quest’anno abbiamo un film che ha avuto diverse difficoltà produttive e inoltre proprio stamane mi ha chiamato un grande amico del festival dicendomi che forse riuscirà a finire il suo film in tempo per il festival, chissà che non si trovi un posto anche per lui”.

Infine per la prima volta in assoluto tutti i film della selezione ufficiale sono prime mondiali. Müller ha chiuso con il botto.