Siamo a Cannes da 24 ore, la manifestazione è iniziata da solo una serata e già è evidente che quest’anno il festival non è come l’anno scorso e nemmeno come due anni fa.

Già non si cammina, già si fanno file, piove e lo stesso la gente è per strada, non è assolutamente comune, non è da ogni anno ma da quegli anni particolarmente gonfi di attori e quindi di film di grosso calibro.

Poi Cannes, come sempre, ha la forza non usuale di mettere a sedere alla sua tavola in un posto Leonardo DiCaprio e in quello successivo Asghar Farhadi (il regista di Una separazione), accanto a loro i fratelli Coen e di fronte Abdellatif Kechiche, Sorrentino e Jarmusch, Polanski e Refn, mescolare tutto quanto fino a rendere indefinibile quel confine tra popolare non. Come se per 10 giorni le regole del boxoffice non contassero e tutti fossero considerati esclusivamente per il merito filmico.

Il favorito per la palma, così senza nemmeno averli visti, è Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun, Stanleybet lo quota a 6.50, 7 invece per Il passato di Farhadi e 8 per The immigrant di James Gray. Non è dato sapere se tali quote vengano da voci di corridoio, calcoli matematici o valutazioni sui gusti dei membri della giuria.

Spielberg, il presidente, ha convocato un gruppetto non male tra cui Nicole Kidman, Ang Lee, Christoph Waltz, Daniel Auteil e Cristian Mungiu. Gente dai gusti raffinati. Storicamente i presidenti di giuria americani non hanno mai dato un’indicazione chiara, cioè non è possibile dire se siano più inclini a premiare un cinema simile al proprio o uno completamente diverso. Eastwood premiò Tarantino per Pulp Fiction (tra i fischi generali, all’epoca, segno che non fu decisione scontata), Tim Burton premiò Apichatpong Weerasethakul, Scorsese premiò Angelopoulos e De Niro Tree of Life

Se dovessi sbilanciarmi io, direi che con una giuria così hanno molte possibilità cineasti come Jia Zhangke, Asghar Farhadi, Sorrentino e Desplechin e poche altri come i Coen, Miike, Jarmusch e Kechiche. Più cioè i cineasti di sistema e intellettuali che quelli fuori dal sistema che vengono dal cinema dei generi.

Ovviamente tutto dipenderà da che film avranno fatto.

Sarà inoltre interessante vedere se la Quinzaine des realisateurs (la sezione parallela e autonoma del festival che gira alla ricerca di autori sconosciuti da rendere noti) anche quest’anno terrà fede al proprio nome battendo il clamoroso risultato dell’anno scorso, quando uscì trionfatore No di Pablo Larrain (che tanto sconosciuto non era), in questi giorni nei cinema italiani. Uno dei film più belli e innovativi dell’annata.

Le previsioni danno pioggia per tutto il festival, non un giorno escluso. Il cinema de la plage, quello che sulla spiaggia del lungomare fa una rassegna ogni sera, quest’anno non ha nemmeno montato lo schermo e il tappeto rosso ha la copertura fissa. Le feste sulla spiaggia dovranno spostarsi al chiuso e inevitabilmente attireranno meno.

Quest’anno, pieno di star, si sta tutti al chiuso a vedere film.

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