Quando un film ha un po’ di anni alle sue spalle, e il chiacchiericcio del momento si è placato diventando nostalgia, capita che questo riceva una “rivalutazione postuma”, per così dire. Recentemente Sam Neill ha dichiarato alla stampa di avere ricordi positivi di Jurassic Park 3. Una produzione sicuramente difficile ma in cui, dice, è andato molto d’accordo con il regista Joe Johnston e il collega Alessandro Nivola. Ha poi aggiunto che William Macy e Téa Leoni non sembravano entusiasti di essere lì ma che, secondo lui, vale la pena rivalutare la pellicola. Scopriamo quali sono stati i problemi che hanno portato il film ad essere realizzato di corsa.

Le molte sceneggiature di Jurassic Park 3

La produzione di Jurassic Park 3 fu a dir poco turbolenta, come ricostruisce ScreenRant. Il film è molto lineare a ha una trama scarna. Praticamente un pretesto per far vedere dinosauri e un po’ di azione. Ha abbandonato l’intreccio filosofico tra i personaggi umani e la natura selvaggia. 

Isla Sorna è una zona interdetta al pubblico dopo gli eventi dei precedenti film. Nonostante tutto, un bambino, Eric, e il suo patrigno, fanno parapendio vicino alla costa. Attaccati dai dinosauri finiscono sull’isola tentando una disperata sopravvivenza. A questo punto il paleontologo Alan Grant viene ingannato, portato sul luogo della scomparsa con la scusa di un viaggio turistico, e stordito con un colpo alla testa. Scopre di essere stato praticamente rapito per cercare il figlio scomparso della coppia. 

Un’idea che dovrebbe essere l’innesco per qualcosa di più e invece, nella sua assurdità, diventa tutto il film. Jurassic Park 3 avrebbe potuto essere altre due storie diverse. Una prima versione girava attorno a un gruppo di teenager intrappolati sull’isola. Una sorta di signore delle mosche come idea, ma un qualcosa di ben diverso in sceneggiatura. Johnston, che scartò l’idea, lo definì come una brutta puntata di Friends.

Si avvicinava il momento delle riprese e l’unica cosa che avevano in mano era un’ altra idea che non convinceva molto. Il film avrebbe coinvolto ancora Alan Grant, facendolo restare intrappolato nell’Isla Sorna mentre i Pteranodonte attaccavano la Costa Rica. Anche questa venne scartata.

Fu lo sceneggiatore David Koepp (che lavorò ai primi due capitoli) a suggerire l’idea di strutturare tutto il film su una missione di salvataggio. La produzione accettò la proposta agli ultimi istanti del tempo utile e iniziarono a scrivere la sceneggiatura. Salvo che a prendersi questo compito non fu Koepp ma Peter Buchman insieme ad Alexander Payne e Jim Taylor.

Jurassic Park III Joe Johnston

Si iniziò a girare senza avere la versione definitiva della sceneggiatura

Ricevevano di settimana in settimana le scene da girare. Sapere come sarebbe andata a finire l’avventura sarebbe stato il regalo di fine riprese per tutto il cast, ripeteva Johnson come battuta. E più o meno fu proprio così per quella che lui stesso definì:

Un inferno in terra su base quotidiana. Fu snervante ma anche un modo per liberare il processo creativo. Potevamo letteralmente decidere il giorno stesso come volevamo che la scena progredisse.

Torniamo alle dichiarazioni di Neill. In particolare in quel “William Macy e Téa Leoni non sembravano molto contenti di lavorarci”. La sua analisi è corretta. Infatti Macy rilascio commenti al vetriolo su come era stata gestita la creazione di Jurassic Park 3

Chi ha lanciato una nave da 100 milioni di dollari senza avere il timone? E chi viene licenziato per questo? Ma è così che vanno le cose… credo che qualcuno dovrebbe pagarne le conseguenze, ma non sono io al comando.

Com’è Jurassic Park 3

Sono state mosse molte accuse a un film che è ben difficile da difendere. Quella di avere usato lo Spinosaurus come villain al posto del T-Rex è una delle più ricorrenti. Seguita dal fatto di essere, semplicemente, un film di avventura molto ingenuo e senza idee se non quelle degli effetti speciali. Insomma, un film dimenticabile. Ma in realtà non tutto è da buttare. La sua breve durata (solo 90 minuti) lo rende abbastanza accettabile. Considerando che arrivava poi dopo la gestione Spielberg e che è entrato in produzione senza avere un piano ben preciso, avrebbe potuto essere molto peggio.

Il problema maggiore è però che Jurassic Park 3 fece senza volerlo uno sgambetto al franchise. Lo mise in una pausa fino al 2015 con Jurassic World ma soprattutto lo privò di quella vena filosofica ed esistenziale che aveva caratterizzato il primo facendo credere che il fascino dei dinosauri fosse nella quantità e nelle loro dimensioni.

Preso a sé Jurassic Park 3 resiste come un divertente sfoggio di effetti speciali, soprattutto digitali, che reggono abbastanza bene il tempo. La scena della voliera da sola ha più effetti digitali di tutti e due gli altri film messi insieme. Johnston, che nasce come effettista, sa gestire bene la regia per valorizzare la meraviglia.

Solo che i dinosauri non hanno più il fascino di un tempo, sono lasciati andare come l’intero progetto del parco. Sono sempre più forti e veloci ma soprattutto con grandi capacità cognitive. Nemici da sconfiggere, villain assoluti.

Che grande cambiamento rispetto al 1993. Lì le meraviglie della natura erano pericolose perché questa era la loro essenza. Erano gli uomini ad essere di troppo. La vita incontrava un’altra vita, poi rigettata come un corpo estraneo. Il creatore e l’essere antico riportato in vita combattevano per il territorio e per la sopravvivenza in uno scontro tra ragione e forza bruta dal sapore mitologico. Lo stupore, la scienza che diventa alla stregua di una magia creatrice di spettacolo, si tramutava gradualmente in paura della creazione. Ecco, Jurassic Park 3 non diventa mai nulla di questo.

I problemi di produzione e in fase di sceneggiatura hanno creato quello che potremmo definire un clone mal riuscito. Un simpatico film di avventura, ma un mediocre film di Jurassic Park.

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