L’annuncio da parte dell’Academy che oggi prenderà in esame, durante il consiglio di amministrazione, la campagna promozionale “dal basso” organizzata dal team di To Leslie che ha fatto ottenere la sorprendente nomination all’Oscar come migliore attrice ad Andrea Riseborough ha generato alcune reazioni piuttosto dure.

Tra tutte, quella di Marc Maron, attore che affianca Riseborough nel film di Michael Morris, che nel suo Podcast si è scagliato contro la decisione di rivedere il regolamento dell’Academy:

A quanto pare, l’Academy of Motion Picture Sciencer o come cavolo si chiama ha deciso di indagare sulla campagna “dal basso” di Andrea Riseborough che le è valsa la nomination all’Oscar. Perché immagino che minacci il loro sistema, un sistema per il quale vengono completamente comprati da interessi corporativi rappresentati dagli studios.

È come se l’Academy dicesse: “Beh, dobbiamo dare un’occhiata a quello che è successo, perché è stato inaspettato. Gli artisti indipendenti non meritano l’attenzione dell’Academy a meno che non scopriamo esattamente come hanno fatto. Quindi indagheremo.”

Secondo Maron, le regole dell’Academy sono sbilanciate a favore degli studios e delle grandi campagne promozionali:

Milioni di dollari vengono investiti in campagne promozionali che durano mesi e mesi, con pubblicità, proiezioni organizzate da grandi aziende dell’industria dell’intrattenimento… Mentre Andrea è stata promossa dai suoi colleghi attraverso una campagna popolare portata avanti da pochi attori.

Ovviamente non succederà nulla dopo queste indagini. La campagna online per Andrea Riseborough è stata reale, e i plausi non erano immeritati. Ma sono contento che l’Academy – spinta da interessi speciali e interessi corporativi e paranoia su come questo li fa apparire – stia facendo un’indagine. Chissene frega!

Anche l’attrice Christina Ricci venerdì ha pubblicato un lungo post su Instagram:

Sembra esilarante che la “nomination sorprendente” (ovvero: per posizionare quest’attrice non sono stati spesi milioni di dollari in promozione) di un’interpretazione davvero incredibile venga accolta con un’indagine. Quindi solo i film e gli attori che possono permettersi campagne milionarie meritano il riconoscimento? Sembra elitista ed esclusivo, e francamente davvero retrogrado a mio avviso. Sono sicura che Riseborough non ha avuto nulla a che fare con la campagna promozionale, che non viene mai organizzata dagli attori, eppure questa nomination verrà danneggiata da quanto sta accadendo. Se le toglieranno la candidatura, vergogna.

Ricordiamo che la pellicola ha incassato solo 27 mila dollari al box-office: è uscita al cinema per qualche giorno nel mese di ottobre. A distribuirla lo studio indie Momentum Pictures, che poi ha investito i 20 mila dollari necessari per proporla nel portale degli screening dell’Academy. A quel punto il regista e sua moglie si sono affidati alla loro rete di contatti per organizzare proiezioni speciali ed eventi con nomi del calibro di Gwyneth Paltrow, Charlize Theron, Courteney Cox, Edward Norton, Minnie Driver, Jennifer Aniston. Il passaparola è stato tale che anche star come Demi Moore, Laura Dern, Jane Fonda, Naomi Watts, Kate Winslet e Cate Blanchett hanno sostenuto la candidatura di Riseborough, in particolare sui social nelle due settimane a ridosso della votazione delle nomination.

Matthew Belloni, uno dei giornalisti più critici verso questa campagna “dal basso” organizzata dal team di Riseborough, ha ripreso l’argomento in una recente newsletter, citando una telefonata che ha ricevuto da un membro dell’Academy. Questo attore ha sottolineato come “questo genere di cose accadono da sempre,” e che l’unica differenza è che stavolta l’attività di lobbying non si è svolta semplicemente con una campagna intensa condotta da uno studio o da uno streamer, ma dai colleghi dell’attrice sui social.

Belloni però ribadisce il punto, spiegando che sebbene al grande pubblico questa polemica possa sembrare “sciocca”, in realtà riguarda un business da centinaia di milioni di dollari: l’Academy riceve quasi 100 milioni di dollari solo dalla licenza pagata dalla ABC per realizzare la trasmissione televisiva degli Oscar, e questi soldi si basano “sulla legittimità e l’autorevolezza dei premi”. Un equilibrio fragile (che nel caso dei Golden Globes, per esempio, si è rotto nel giro di poche settimane dopo lo scandalo che ha investito la HFPA, e che gli Oscar hanno già attraversato recentemente con la campagna #OscarsSoWhite):

È importante che almeno la percezione di una qualche integrità continui. Il regolamento dell’Academy è confuso, maldestro e incompleto, ma almeno imposta un meccanismo volto a mantenere l’integrità. […] È chiaro che il regista di To Leslie Michael Morris, sua moglie l’attrice Mary McCormack, il manager Jason Weinberg e altri si sono spinti oltre il limite della credibilità infastidendo – scusate, facendo lobby – membri dell’Academy via mail e telefonate.

Belloni spiega che c’è un motivo per cui l’Academy ha imposto delle regole sull’invio di email e lettere, solitamente gestito proprio da un sistema dell’Academy che si suppone venga utilizzato da chi promuove i propri film per gli Oscar:

È un sistema che deve essere utilizzato da chi lavora a queste campagne, e che è stato creato appositamente per evitare i contatti costanti che molti hanno ricevuto da McCormack e altri. La campagna di Riseborough è stata definita “naturale” e “dal basso”. […] Ho però parlato con i PR di due attori che hanno pubblicato sui social il loro sostegno, e mi hanno confermato che i loro clienti erano stati contattati più e più volte, con inviti a vedere il film, partecipare a una proiezione, introdurla, pubblicare sui social. Capita spesso durante la stagione degli Oscar, ma stavolta si è trattato di contatti costanti, e senza che vi fosse l’Academy come mediatrice, come invece capita di solito. Quest’attore ora si sente un po’ in imbarazzo, anche se è convinto che l’interpretazione di Riseborough sia ottima ed è ancora convinto del voto che ha espresso nei suoi confronti, tuttavia si sente un po’ manipolato.

Il giornalista poi torna a ribadire l’ovvio, e cioè che se una figura come Lisa Taback (vicepresidente delle Talent Relations & Awards di Netflix) avesse spinto la campagna premi oltre i limiti in maniera simile, la stampa sarebbe impazzita.

Vedremo cosa deciderà oggi l’Academy, sempre che decida qualcosa. Come dicevamo venerdì, è improbabile se non impossibile che Riseborough venga squalificata, perché si creerebbe un pericoloso precedente (non è lei ad aver organizzato la campagna) e l’organizzazione attirerebbe ancora più polemiche. Verosimilmente verranno suggerite piccole modifiche al regolamento per impedire un “liberi tutti” sui social media.

Oscar 2024: link utili

Classifiche consigliate