Leslie "Lester" Conway Bangs è stato uno dei più influenti critici musicali americani. Nel corso della sua breve esistenza – Escondido 14 dicembre 1948, New York 30 aprile del 1982 – ha lavorato per riviste come Creem, New Musical Express, The Village Voice e Rolling Stone.

Da quest'ultima rivista era stato cacciato perché, secondo il suo direttore Jann Wenner, "parlava male dei musicisti".

Lester Bangs era famoso per la sua scrittura in cui il discutere di musica diventava un pretesto per dare vita a interminabili, sovraeccitati, concitati e deliranti flussi di coscienza. La sua prosa esulava dal mero ambito della critica per andare a finire nel territorio della letteratura, riuscendo in quella che, fondamentalmente, resta la più grande ambizione, chimera di ogni persona che, per questo motivo o quell'altro, finisce a fare la professione di giornalista. Dare vita a qualcosa in grado di restare ai posteri dopo il qui e ora.

Cameron Crowe nel suo autobiografico Quasi Famosi, lo ha fatto conoscere al grande pubblico e l'attore che aveva chiamato a interpretarlo era proprio quel Philip Seymour Hoffman recentemente scomparso (e, per quanto sia cinico farlo notare, sia Bangs che Hoffman se ne sono andati prematuramente per abuso di sostanze stupefacenti).

Hoffman aveva catturato appieno l'essenza di Bangs; fattore perfettamente comprensibile sia da chi non aveva avuto il piacere d'incontrare di persona lo scrittore, ma, soprattutto, da chi come Crowe aveva vissuto davvero questa esperienza.

Sul suo blog personale, il filmmaker ricorda come Hoffman era riuscito a dare forma a uno dei passaggi più importanti della pellicola, quello in cui William Miller (l'alter-ego di Crowe) e Bangs parlano al telefono a tarda notte:

La mia idea iniziale di questa scena prevedeva una rumorosa dichiarazione fatta da Bangs a tarda notte. Una chiamata alle armi. Nelle mani di Phil diventò qualcosa di diverso. Una scena basata su una quieta verità condivisa da due ragazzi che si trovano, entrambi, a un punto di svolta delle loro esistenze e feriti nei loro sentimenti e si ritrovano a parlarne al telefono a tarda notte. Si trasformò nell'anima del film. Fra le riprese Philip non parlava con nessuno. Ascoltava solo le sue cuffie, con le registrazioni delle vere parole di Lester Bangs (il suo walkman era pieno di rare interviste di Lester). Una volta finita la scena, realizzai che aveva effettuato un autentico trucco di magia. Era andato oltre le parole della sceneggiatura, le aveva trascese ed era andato a caccia della vera anima, della vera compassione provate da Lester. Quella che solo pochi di noi avevano avuto il privilegio di conoscere. Io e la tropue gli saremo sempre grati per averci permesso di stare in prima fila di fronte al suo genio. 

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Lester Bangs: Aw, man. You made friends with them. See, friendship is the booze they feed you. They want you to get drunk on feeling like you belong.

William Miller: Well, it was fun.

Lester Bangs: They make you feel cool. And hey. I met you. You are not cool.

William Miller: I know. Even when I thought I was, I knew I wasn't.

Lester Bangs: That's because we're uncool. And while women will always be a problem for us, most of the great art in the world is about that very same problem. Good-looking people don't have any spine. Their art never lasts. They get the girls, but we're smarter.

William Miller: I can really see that now.

Lester Bangs: Yeah, great art is about conflict and pain and guilt and longing and love disguised as sex, and sex disguised as love… and let's face it, you got a big head start.

William Miller: I'm glad you were home.

Lester Bangs: I'm always home. I'm uncool.

William Miller: Me too!

Lester Bangs: The only true currency in this bankrupt world is what we share with someone else when we're uncool.

William Miller: I feel better.

Lester Bangs: My advice to you. I know you think those guys are your friends. You wanna be a true friend to them? Be honest, and unmerciful.