E’ finita ieri una delle cause più importanti della giurisprudenza telematica, quella intentata nel 2007 da Viacom (società proprietaria di brand cinematografici e televisivi che vanno da Paramount ad MTV fino alla NBC, qui la lista) ai danni di YouTube (l’anno dopo acquistato da Google). I due colossi si sono dati battaglia per 7 anni spendendo cifre incredibili (solo nel 2010 la difesa era costata 100 milioni di dollari a Google) per trovare un accordo ora. Accordo che non è stato in nessun modo divulgato, non è quindi chiaro quali siano i termini nè cosa preveda, si sa solo che si sono messi daccordo e quindi la più importante causa dei nostri tempi in termini di diritto d’autore è finita.

 Dunque chi ha vinto? Probabilmente Google.

L’origine di tutto era infatti stata l’infrazione di copyright, Viacom nel 2007 accusava YouTube di avere contenuti di sua proprietà e più in grande di essere composto per almeno il 75% di video protetti da copyright. Di contro Google ha sempre difeso il suo acquisto affermando di rientrare perfettamente nel DMCA (Digital Millenium Copyright Act), legge del 1998 per la quale è possibile mettere online contenuti protetti da diritto d’autore a patto di levarli dietro richiesta.

Viacom è dunque passata ad affermare che le richieste c’erano state ma non erano state evase per tempo, Google aveva risposto che la mole di contenuti che gestisce gli impedisce di essere così tempestivo, Viacom aveva allora richiesto che i contenuti fossero rimossi in automatico e il giudice aveva sancito che non poteva andare così, che non era pensabile che un soggetto come YouTube fosse controllore di se stesso, le infrazioni andavano segnalate dai legittimi detentori del diritto.

Infine, l’anno scorso, dopo 6 anni di sentenze a favore di Google e controappelli di Viacom l’ultimo giudice aveva aperto uno spiraglio nei confronti del colosso mediatico, affermando che probabilmente meritava un’indagine più approfondita quanto YouTube sia a conoscenza delle infrazioni presenti sui suoi server e quanto possa fare.

Questa è la storia fino a ieri (ve l’abbiamo riassunta in breve, ma un dettaglio maggiore lo trovate qui.), quando le due parti hanno trovato il suddetto accordo.

Tuttavia sappiamo anche che in questi 7 anni YouTube è cambiato tantissimo, che non somiglia per nulla a quello che era nel 2007. Da anni infatti con la tecnologia Content ID è in grado effettivamente di identificare contenuti che violano il copyright appena sono caricati e offrire ai detentori del diritto la scelta di richiedere la rimozione o monetizzare le inserzioni che compaiono vicino ai suddetti video, da tempo rimuove i canali che infragono troppi copyright con troppa costanza ed ha intrapreso una lunga campagna volta a migliorare i propri contenuti, premiando quelli legittimi e originali. Infatti per tutti i 7 anni le cause hanno sempre e solo fatto riferimento a quei primi due anni di vita del tubo (dal 2005 al 2007).

Il motivo di un tale accanimento su quel periodo quando evidentemente YouTube stava lavorando per venire incontro alle esigenze di colossi come Viacom (che ovviamente coincidono anche con le proprie) va ricercato in quello che quella causa era diventato.

Nessuno aveva voluto mettersi contro YouTube, nessuno aveva intrapreso una lotta così onerosa, tutti avevano mollato temendo il fallimento, tutti tranne Viacom. E non per acrimonia ma per affermare un principio.

L’obiettivo di Viacom non era mettere in ginocchio YouTube in sè quanto creare un precedente legale applicabile a qualsiasi altro soggetto volesse un giorno fare la stessa cosa. YouTube, può essere transitorio, oggi è il re, domani forse no e ci sarà qualcun altro, magari peggiore (dal punto di vista di Viacom), per questo una sentenza in suo favore che stabilisca come le piattaforme debbano sottostare alla volontà dei proprietari dei contenuti era giudicata cruciale. E sempre per questo motivo aver deciso di rinunciare a tale sentenza, proprio ora che un giudice sembrava aver aperto uno spiraglio per la prima volta, è una sconfitta per Viacom e una vittoria per YouTube e, più in grande, per la rete.