Si è molto affannato Alberto Barbera a trovare un filo conduttore tra i film del festival [leggi la lista completa], qualcosa che potesse essere identificato come un tema comune, buono per essere dato in pasto ai quotidianisti, e l’ha identificato nella crisi “in generale”. Tutto e niente insomma, quello che ogni festival va ripetendo negli ultimi anni. Il che significa che un filo conduttore non c’è ma una novità vera invece si, quella c’è di sicuro, ed è l’ingresso preponderante dei documentari in tutte le loro forme nelle posizioni più importanti.

Documentari italiani, documentari finti, documentari rigorosi, biografici, di ricostruzione, reportage, giornalistici e infine documentari sperimentali. Ce ne sono due in concorso (è la prima volta) di cui uno italiano (Sacro GRA, davvero ne sentiremo parlare, è stato l’oggetto del desiderio dei festival italiani degli ultimi 3 anni), uno su Zappa in Sicilia (che si presenta da solo), uno girato da Costanza Quatriglio (che già con Terramatta aveva realizzato un esperimento particolare su una storia assurda), quello di Scola su Fellini che rigorosamente “non è un documentario ma un film vero e proprio” e Amazonia 3D che chiuderà il festival.

Non mancano ovviamente nemmeno due tra i più grandi documentaristi del pianeta: Alex Gibney con The Armstrong Lie e Frederick Wiseman con At Berkeley.

Ma se davvero al secondo anno della gestione Barbera (anzi della seconda gestione Barbera) c’è qualcosa che dobbiamo indentificare come discontinuità rispetto agli 8 anni di gestione Mueller, è una minor presenza di “tutto il mondo” (non c’è cioè quel delirio di film da qualsiasi angolo del pianeta), una minor presenza dei nomi noti del cinema autoriale e una maggior presenza della storia del cinema. Non potendo sapere quante delle nuove scoperte saranno a livello dei nomi che conosciamo già, il modo in cui appare il festival di quest’anno è senza dubbio un festival hard core, per cinefili duri, uno che riesce a proporre i 225 minuti del quarto episodio della saga di Heimat (ed è un prequel), l’esperimento finanziato da Kickstarter in cui Brett Easton Ellis e Paul Schrader hanno scritto e diretto un film con Lindsay Lohan e James Deen, uno in cui si potrà vedere l’addio al cinema di Tsai Ming Lian, il nuovo Kim Ki-Duk e un lungometraggio animato su Capitan Harlock. Tutta materia molto poco da prime pagine dei giornali e più da cineclub.

L’unico tassello che manca, realmente, è 12 Years a Slave di Steve McQueen, rubato dal quasi contemporaneo festival di Toronto.

Insomma la 70esima edizione della Mostra del cinema di Venezia appare come un festival dei sogni per un appassionato tuttavia è dura immaginare la folla fuori dalle sale. Se davvero l’amministrazione Barbera dovesse riuscire ad attirare numeri impressionanti con una lineup così raffinata e da storia del cinema, potrebbe segnare un precedente da cui sarà difficile tornare indietro.