Ospite di “Casa Alò”, Francesco Zippel ci svela alcuni retroscena del suo ultimo documentario, uscito nel 2022, presentato a Venezia e ora disponibile su Sky e Now.

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Innanzitutto, Zippel ci tiene a sottolineare la parola “italiano” nel sottotitolo.

…l’idea che sia stato un italiano che ha reinventato l’America del cinema e l’immaginario americano del cinema. Quando ci siamo trovati a discutere il sottotitolo del film volevamo qualcosa che fosse un po’ western, un po’ leoniano, ma che sottolineasse anche l’eccezionalità di Leone. Una delle tante.

Il progetto nasce per volontà di Francesca Leone, una delle figlie di Sergio.

Era uscito Friedkin da poco. Aveva visto il film, le era piaciuto e mi chiese se avessi avuto un’idea. Ci siamo dati un tempo, ovviamente. Questa idea che avevo avuto le è piaciuta e abbiamo iniziato. Abbiamo fatto delle prime riprese, anche perché al tempo c’era una mostra su Sergio Leone a Parigi. Poi abbiamo intervistato qui Morricone, una delle ultime penso. Bisognava organizzare tutta la parte americana, che non era facile per molti motivi. Poi è arrivato il Covid e abbiamo ripreso a ottobre 2021.

Uno stop di quasi due anni che però Zippel ammette sia stato fondamentale, soprattutto per contattare le grandi celebrità che costellano il documentario, da Eastwood a De Niro passando per Tarantino. 

La trattativa per avere la disponibilità da parte di alcune persone è durata mesi. Tipo Eastwood. Ha novantatré anni, ma è una delle persone più impegnate che esistano, fa un film dopo l’altro. Poi nel film ci sono degli intermezzi che aprono i vari capitoli che invece ho realizzato a Berlino con il team di miniaturisti che di solito lavorano con Wes Anderson.

Zippel ci confessa poi un dettaglio che l’ha particolarmente colpito nel suo lavoro di ricerca su Leone.

 Una cosa che mi incuriosisce sempre, prima dell’artista, è cercare di capire l’esperienza personale che poi si traduce in scelte artistiche. Ho trovato questi audio alla Cineteca di Bologna e mi ha colpito tantissimo il racconto che lui ha fatto di suo padre, ossia del fatto che il papà, quando lui era bambino, era stato, in quanto antifascista, ostacolato dal regime. (…) Il papà gli raccontava con grande sofferenza di questo ostracismo, questa esclusione che aveva subito, quindi inizialmente lui odiava il cinema. Quando il padre mollò il colpo, decise di abbandonare le proprie ambizioni, lui decide di fare cinema. Quello era il motore che ha acceso la fiamma di Sergio Leone.

Il documentario è stato escluso dalla rosa dei candidati al David di Donatello e in questo Zippel ci vede un parallelismo con Sergio Leone, anche lui mai premiato e che, dice Zippel:

All’estero è venti volte più noto e apprezzato di Federico Fellini.

Sergio Leone – l’italiano che inventò l’America ha comunque riscosso grandi successi, vincendo anche un Nastro d’argento.

L’intera videointervista è disponibile su BadTaste+:

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