Ahed’s Knee, la recensione

Ci sono tanti fattori che lavorano dietro Ahed’s Knee, il primo dei quali è la situazione in Israele per come la percepisce e la vive Nadav Lapid, il secondo è il fatto che il suo film precedente Synonyms, ha vinto il festival di Berlino. Non è infrequente infatti che dopo un film di particolare successo i cineasti guardino di colpo la propria vita e il proprio lavoro nel successivo e così qui la storia è quella di un regista che cerca di fare un film. Vediamo i provini e lo seguiamo mentre va a presentare il suo film precedente in una location desertica.

Il montaggio è nervosissimo, le inquadrature anche di più e c’è un lavoro meticoloso sul sound design per assordare e confondere i rumori di una scena in un’altra. Come fosse un film sulla droga, come fosse la storia di una persona che non sta bene, come fosse un’operazione underground, Ahed’s Knee fa di tutto per essere “storto”, sbagliato e ribelle. Non vuole piacere.

Ci vorrà un bel po’ per capire c...