Creed III, la recensione

La nostra recensione di Creed III, terzo capitolo della saga diretto questa volta da Michael B. Jordan, al cinema dal 2 marzo

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Creed III, al cinema dal 2 marzo

Qualsiasi soluzione all’interno di un racconto gioca il suo ruolo e può funzionare solo se ben collegata al resto del flusso narrativo. Nessuna idea, svolta o intreccio è in grado di funzionare da sé, a prescindere da ciò che accade prima e accade dopo.

Creed III si apre con l’ultimo incontro di Adonis prima del ritiro dalla boxe. Una vittoria. Da ora in poi la sua vita sarà quella di un proprietario di una palestra e procuratore. Solo che dal passato arriva una vecchia conoscenza, appena uscita di galera, che gli chiede di aiutarlo a diventare il campione della sua categoria. Adonis si sente in colpa per aver avuto successo e accetta. Da qui in poi, nell’ordine, accade che: un campione dovrà trovare uno sfidante in poco tempo e quindi cerca uno sconosciuto (Rocky, il primo), questo sfidante farà male al campione durante l’incontro scatenando il ritorno di Adonis (Rocky IV), lo sfidante è il passato di Adonis, la sua origine in strada e ha una grinta che lui ha perso (Rocky III), lo sfidante è la stessa persona che lui ha aiutato che gli si è rivoltata contro (Rocky V).

Creed III è quindi una sintesi della saga di Rocky. O meglio: è un frullatore dentro il quale sono stati messi tanti elementi vincenti di quei film, senza che nessuno sia curato e costruito come avveniva in quei film. Dunque niente di tutto ciò funziona. E nonostante la boxe non sia girata male (ma nemmeno particolarmente bene), nonostante i pugili abbiano tutti stili evidentemente diversi che parlano delle diverse personalità, lo stesso è chiaro che non ci sia un racconto vero, negli incontri non c’è nessuna narrazione interna. Solo velleità, impotenza e cattivo gusto in computer grafica.

Michael B. Jordan dirige, in un infausto slancio artistico, mentre Stallone è completamente fuori dai giochi (un solitario credit da produttore non inganna nessuno). In Creed III troviamo personaggi buoni vestiti di bianco e cattivi vestiti di nero e nonostante questo tutti sembrano credere tantissimo nella sfumata complessità di una storia recitata così grossolanamente che qualsiasi dettaglio passa per espressioni nettissime e inesorabili. Massimalismo fatto film. E anche il dettaglio centrale della storia, cioè qualcuno dal passato di Adonis che lo mette alla prova, è una parodia di quel che accadeva in Rocky 3, dove l’avversario era la parte oscura del protagonista, ciò che non era più e che doveva tornare a essere per potersi dire completo: la sua identità perduta. In Creed III, invece, Adonis non deve operare una sintesi tra chi era e chi è, semmai deve riempire di mazzate uno che credeva amico e invece ha fatto il bastardo. Questioni di molto più spicciole e da poco rispetto alla grandiosità di cui il film le ammanta.

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