First Cow, la recensione

È tra riquadri a camera fissa, scorci come dipinti ad olio impressi sulle pagine di un libro di fiabe, che Kelly Reichardt ci racconta la storia di First Cow. Una fiaba di frontiera ma non un western, un regno dal realismo magico ma non mitopoietico, dove personaggi-pedine mossi da pulsioni “pure” (speranza, avidità, invidia) si muovono su un immaginario carillon: seguendo binari di un destino già scritto.

Il destino è di tipo storico ed è esattamente quello del capitalismo. Kelly Reichardt, assieme a Jonathan Raymond (dal cui libro è tratto il film) ne fa una meravigliosa miniatura, iperrealistica e incantata; ne trova le radici umane, ed esplorando le origini del sogno americano risale a ritroso fino ad inizio 800, quando la Storia doveva ancora arrivare e Natura e Cultura non erano ancora così nettamente separati.

Siamo nel West, precisamente nell’Oregon dell’epoca della corsa all’oro, ma siamo agli antipodi della frontiera. È infatti tra boschi e cespugli, ...