La persona peggiore del mondo, la recensione

Ha senso un coming of age a trent’anni? È quello che capita a Julie lungo uno film dei film più romantici dei nostri tempi, che non ingabbia il romanticismo in schemi narrativi sempre uguali ma che raggiunge quell’equilibrio e sensazione tramite un ritratto femminile come non capitava di vedere da anni, uno molto concentrato sulla sua protagonista, che usa tutti gli eventi intorno a lei come magnifici pretesti, intrecci molto curati che servono solo a definirla in una divisione (pretestuosissima) in 12 capitoli. Ma non importa. Fin dall’inizio, da una prima inquadratura di profilo, Joachim Trier dimostra una capacità per inquadrare la protagonista (Renate Reinsve) e attivare la macchina dell’attrazione del nostro interesse che vale da sola il costo del biglietto. La persona peggiore del mondo riesce a raccontare un pezzo di una vita, vivendo di piccoli momenti liberatori e accendendo il desiderio di conoscere nuove persone anche nel p...