Lovely Boy di Francesco Lettieri non è un film sulla trap, e da subito è chiaro che non gli interessa proporre una riflessione specifica su quel contesto particolare. Quello che gli interessa è palesemente raccontare una realtà emotiva, poco importa che dietro di questa ci sia la trap, il rap o qualsiasi altro genere. La parabola di redenzione umana e artistica di Nic/Lovely Boy (Andrea Carpenzano) dall’inferno della droga al purgatorio della riabilitazione deve quindi riuscire a convincere di per sé, a comunicare attraverso un’indagine umana, non musicale.
Nonostante la chiarezza di intenti Lovely Boy lascia però con la strana sensazione che ci sia sempre qualcosa che il film dovrebbe davvero fare e che invece non sta facendo. Questo accade forse perché il contesto della trap che vediamo nella “parte romana” del film, abitato da personaggi esagerati, costruito su slang e rituali precisi che la maggior parte dei profani al genere non può comprendere – ma...
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