Raramente i film a tesi sopravvivono a se stessi. Men, di Alex Garland, è una rara eccezione. Per tutto il tempo si preoccupa che arrivi forte e chiaro ciò che vuole far sperimentare al pubblico ad ogni costo: l’oppressione femminile in un mondo in cui gli assurdi e violenti comportamenti degli uomini sono coperti da un sistema sociale consolidato; l’elaborazione della morte tragica del marito che insegue la protagonista Harper (Jessie Buckley); i fantasmi della colpa che imprigionano. 

Non interessano le sfumature: è chiaro chi è la vittima, ma soprattutto è chiarissimo chi sono i carnefici. Guai a dubitarne. Consapevole del suo pensiero nazional popolare (tutti gli uomini sono uguali, la violenza è una regressione infantile del maschio incapace di assumersi le responsabilità) Men lo nasconde dietro un simbolismo intellettuale spinto fino al body horror.

Un disastro molto furbetto. Se non fosse che per 2\3 della sua durata il film costruisce...