Totally Killer, la recensione
All'interno di un viaggio nel tempo non troppo impegnativo Totally Killer inserisce un'idea non banale sui mutamenti sociali e culturali
La recensione di Totally Killer, il film di Prime Video disponibile dal 6 ottobre
È di nuovo Jason Blum a produrre un horror (o pseudo tale visto che in mezzo c’è di tutto) molto divertente, che a differenza di mille produzioni simili, svelte e non troppo ponderose, è scritto con acume e capacità di fingere soltanto di percorrere una strada consueta. Tornare indietro nel tempo è, come nei modelli citati, un modo in primis per notare le differenze tra il presente e il passato, che nel caso specifico è un atteggiamento meno attento alle minoranze, al rispetto, a un linguaggio tollerante, alla salute, alla privacy, ai sentimenti altrui ecc. ecc. Ma ribaltando la prospettiva più consueta questo mondo anni ‘80 in cui i gay vengono insultati senza remore, in cui non c’è rispetto per gli altri e in cui si fuma ovunque non è un posto migliore. Anzi.
Con questa idea dietro anche tutta la parte più convenzionale del film, come il susseguirsi delle morti, i tentativi di evitarle, il giro dei sospetti e l’azione, diventano una maniera per indagare non tanto chi possa essere l’assassino ma quanto fossero considerate normali solo fino a pochi anni fa piccole forme di maltrattamento personale. In uno slancio di positività poi una delle conseguenze di questo viaggio nel passato di qualcuno con una mentalità moderna, sarà il miglioramento delle vite di tutti. Forse un po’ troppo ma la maniera in cui Totally Killer rompe l’associazione tra “generazione moderna” e “piagnistei”, sostituendola con quella “generazione precedente” e “violenza”, è così rinfrescante che glielo si perdona.