Wrath of Man, la recensione

E chi lo direbbe che dietro Wrath of Man si nasconde Guy Ritchie? Il regista inglese maestro di film scanzonati, senza esclusione di colpi e di equivoci, che ha fatto del caper movie (il film sulla rapina) il suo identikit autoriale (e con i suoi Sherlock Holmes ha cristallizzato il suo stile), con Wrath of Man si prende invece dannatamente sul serio, facendosi travolgere da un’intenzione dark ed esistenzialista che non ha affatto la profondità che pensa di avere e che, peccato mortale, non riesce nemmeno a coinvolgere.

Eppure l’ironia è stata il suo pane fino a ieri (The Gentlemen, per quanto non fosse perfetto, era esattamente quel Ritchie), e il divertimento – spesso dei personaggi, quasi sempre dello spettatore – una sicurezza a prescindere. In Wrath of Man invece Ritchie tiene sì i suoi classici gruppi di criminali, la struttura narrativa ad incastro (un puzzle narrativo da risolvere) e il gioco delle parti ma su questi non mette niente di s...