I guerrieri della notte di Walter Hill torna in sala dal 6 all’8 marzo, meno di un anno dopo la proiezione pubblica a Bologna in Piazza Maggiore in presenza di Hill in persona. Il pezzo potrebbe chiudersi qui, con un invito a prenotare i biglietti prima che vadano prevedibilmente a ruba: il film è non solo un capolavoro ma anche un cult clamoroso, e l’occasione di vederlo sul grande schermo è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire – e di certo non saremo noi a consigliarvi di fare altro quella sera, o di restare a casa a sorseggiare una tisana al mirtillo. Uscito nel 1979, tratto da un romanzo del 1965 di Sol Yurick, è un film clamoroso per come fa incontrare istanze e ispirazioni “alte” con il cinema di genere più grezzo, viscerale e respingente. All’epoca della sua uscita fu anche una rivoluzione sociale e culturale, e una storia mai vista prima almeno nell’approccio: raccontare la cultura delle gang e della violenza giovanile non con l’intenzione di denunciarla, ma semplicemente di mostrarcela per quello che è, senza alcuna forma di giudizio morale.

Ecco, la parola perfetta per descrivere I guerrieri della notte è proprio questa: amorale. La cultura delle gang di strada al cinema è sempre stata raccontata come un problema, una macchia sulla società che va spazzata via; c’è ovviamente chi l’ha fatto problematizzando la situazione e andando in cerca dei motivi profondi di quella che è fondamentalmente una forma di disagio – pensate ad Arancia meccanica, per dire il più banale. Ma prima dei Guerrieri, nessuno aveva mai provato a raccontare le gang dal punto di vista delle gang, di presentarcele da dentro, come qualcosa che semplicemente esiste. Non troverete (quasi) alcuna traccia di giudizio morale nel film di Walter Hill, che si limita a constatare come in condizioni di degrado i giovani tendano ad aggregarsi e a sistematizzare e strutturare la loro voglia di ribellione e di devasto, e all’interno di questo contesto racconta la sua storia.

I guerrieri della notte Guerrieri

Una storia che affonda le sue radici addirittura nell’Antica Grecia, e in particolare in un’opera che chiunque ha frequentato il liceo classico conosce probabilmente a memoria. I guerrieri della notte (il romanzo di Yurick, e quindi il film di Hill) è infatti ispirato all’Anabasi di Senofonte, che è – ci perdonerete l’estrema semplificazione – il racconto di una viaggio senza speranza, nato come campagna militare e trasformatosi presto in disastro dal quale fuggire a gambe levate. Nell’Anabasi, Senofonte e compagni (la compagnia mercenaria dei Diecimila) si ritrovano in mezzo al territorio nemico in seguito all’omicidio del loro leader, e devono compiere un pericoloso viaggio di ritorno verso casa, che culmina nel grido di sollievo “Mare! Mare!” lanciato quando avvistano il Mar Nero e Trebisonda.

Nei Guerrieri della notte, i Diecimila diventano una decina, ma la struttura narrativa rimane la stessa: il film è un allucinante viaggio di ritorno (un’Odissea, se volete) verso Coney Island, compiuto da una gang ingiustamente accusata dell’omicidio di Cyrus, leader della più grossa banda di New York assassinato mentre sta tenendo il suo Grande Discorso di reclutamento. L’idea di Cyrus, come quella di Ciro il Giovane nell’Anabasi, è quella di conquistare il mondo, o quantomeno New York, riunendo tutte le gang in un unico grande esercito abbastanza numeroso da poter schiacciare le locali forze dell’ordine senza fatica. E come in ogni Odissea che si rispetti, i Guerrieri hanno avventure e disavventure, si trovano ad affrontare la morte ma anche a trovare alleati nei luoghi più impensati, si dividono, sbagliano strada, cambiano programmi: è il classico viaggio che parte lineare e si trasforma in arzigogolo a colpi di imprevisti.

Guriri

Scritto da David Shaber (lo stesso di I falchi della notte con Sylvester Stallone), I guerrieri della notte è quindi una storia di coraggio e follia e violenza, sullo sfondo di una New York notturna che sembra essere due città in una: c’è lo strato superficiale e rispettabile, e c’è il sottobosco di criminalità che non comprende solo gli Warriors ma tutte le gang della città, che vivono una sorta di esistenza parallela che solo occasionalmente si intreccia con quella della gente comune (e di solito non finisce bene). Ha un approccio quasi da film post-apocalittico nel modo in cui dipinge le gang, con le loro vistose divise, le loro armi improvvisate e i loro simboli identitari (e in questo ricorda molto un altro film uscito lo stesso anno 1979, cioè Mad Max), ma è ambientato in una città tutto sommato normale, nel quale la gente conduce la propria vita ignara di quello che ribolle sotto la superficie. Il piano di Cyrus fallisce prima ancora di cominciare a causa di un tradimento, ma da qualche parte esiste una versione di I guerrieri della notte nella quale il capo di tutte le gang non viene ucciso ma riesce a mettere in atto il proprio piano, trasformando così per sempre il volto di New York.

Ma quello sarebbe stato un altro film, che si sarebbe prima o poi scontrato con la necessità di prendere una posizione. Invece, mantenendo relativamente separate le due facce della città, Walter Hill può concentrarsi su quella che gli interessa senza per questo doversi schierare: le gang esistono, è la sua idea, e io voglio raccontarvi com’è vivere questa vita, non spiegarvi perché sia sbagliata o pericolosa. È il motivo per cui il film ebbe un discreto successo in sala e diventò poi un cult: le cronache dell’epoca raccontano di incidenti e violenze alle prime proiezioni, perché I guerrieri della notte attirava i giovani, e in particolare quegli stessi giovani che erano protagonisti del film. E quindi, in tutta America, membri di gang rivali si trovarono a dividere la stessa sala, perché per la prima volta c’era un film che parlava di loro senza metterli automaticamente sotto accusa.

DJ
La DJ che scandisce il ritmo dell’azione, come un coro da tragedia greca o come Super Soul in Punto Zero di Sarafian, è Lynne Thigpen, famosa tra le altre cose per aver dato la voce al personaggio di Luna nella serie per bambini Bear nella grande casa blu, quella la cui sigla italiana fa “tu sei benvenuto nella casa blu, l’uscio è aperto…”, magari la conoscete.

È impressionante riguardare oggi I guerrieri della notte e mettersi a fare il conto di quanti film, serie TV, fumetti, videogiochi e probabilmente anche installazioni di arte moderna abbia influenzato. L’uso del fumetto per segnare le transizioni tra i capitoli (tagliato dalla versione originale andata in sala ma reintegrato solo nel 2005 nella Ultimate Director’s Cut) urla “Quentin Tarantino!”. La serie di GTA probabilmente non esisterebbe, o sarebbe molto diversa, senza I guerrieri della notte – e non è un caso che proprio Rockstar Games abbia pubblicato un (ottimo) gioco ispirato al film. Più tangenzialmente, il fatto che nel film ci sia una quasi totale assenza di armi da fuoco (e anche che il grande tradimento da cui nasce tutto parta proprio da una pistola) ha contribuito a farci re-immaginare l’idea di violenza urbana: non più un’infinita serie di sparatorie e inseguimenti, ma qualcosa che Roger Ebert definì (con disprezzo, ma noi ci appropriamo delle sue parole per rigirarle in positivo) “un balletto di violenza stilizzata”.

I guerrieri della notte andò bene al botteghino, incassando cinque volte il suo budget nonostante Paramount non volesse neanche farlo uscire, visto che secondo Walter Hill “odiavano il film”. Il successo diede modo a Hill di girare, negli anni successivi, alcuni dei suoi film migliori, da I cavalieri dalle lunghe ombre a I guerrieri della palude silenziosa. Ed essendo scampato alla censura e alle polemiche, I guerrieri della notte si trasformò con gli anni in qualcosa di più che un semplice film: oggi è un’epica, un’estetica, un testo sacro. Tra qualche giorno verrà celebrato di nuovo nel luogo che gli spetta, cioè la sala cinematografica.

Non fatevelo sfuggire.

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