Finalmente è arrivato in sala l’attesissimo La fiera delle illusioni – Nightmare Alley di Guillermo del Toro. Dalle molte dichiarazioni rilasciate durante le due fasi della campagna promozionale (il film è arrivato negli States in una versione in bianco e nero) abbiamo appreso che questo adattamento era uno dei tanti progetti “della vita” del regista. Il romanzo del 1946 di William Lindsay Gresham aveva ricevuto già una versione cinematografica l’anno dopo, nel 1947. Diretto da Edmund Goulding con Tyrone Power nei panni di Stanton Carlisle la pellicola originale non ebbe successo.

Il duro flop al botteghino lo rese un noir minore, marginale e difficile da reperire. Si guadagnò però un seguito piuttosto fedele che consolidò la fama di una piccola perla nascosta nello straordinario panorama dei film degli anni ’40. Del Toro, pur essendo un accanito cinefilo, oltre che un esperto di noir, non aveva ancora visto Nightmare Alley quando portò in sala il suo primo film. Fu Ron Perlman a menzionarglielo; i sue avevano infatti lavorato insieme a Cronos nel 1998. Un sodalizio tra attore e regista che continua tuttora caratterizzato da grande stima e amicizia. 

Mentre discutevano di quale poteva essere il loro progetto successivo, Perlman gli suggerì di guardare il film di Goulding e di farne un remake. Si mise così alla ricerca di una rara copia in VHS, che è ancora in suo possesso, ottenendola grazie ai collezionisti di film “perduti”. Così ha detto del Toro:

Il libro mi ha lasciato a bocca aperta. Quando ho visto il film l’ho ammirato, ma ho pensato ‘beh, potremmo fare altre tre o quattro versioni di questa storia perché il film cattura solo un certo aspetto del genio del libro’.

Immediatamente corse dalla Fox a presentare il suo progetto, ma non aveva molte possibilità di convincerli. Era ancora un regista alle prime armi, Cronos era stato apprezzato durante i test screening con grande supporto di James Cameron, doveva però confrontarsi ancora con il pubblico. Declinarono quindi cortesemente l’idea rimandandola a un momento indefinito nel futuro. Praticamente un no secco.

Che cosa ha sbloccato il progetto de La fiera delle illusioni? È facile intuirlo: essendo un regista amatissimo e affermato si pensa che oggi possa essere ascoltato da qualsiasi casa di produzione. Invece Guillermo del Toro ha sempre avuto numerose difficoltà a portare in fase di sviluppo le sue molte idee e, soprattutto, a farle performare bene economicamente.

La forma dell’acqua è stato il successo di cui la sua carriera aveva bisogno. Portato in palmo di mano da pubblico e critica, il film gli ha dato un nuovo potere nell’industria. Ha potuto così andare a “battere cassa” da Searchlight, ovvero la divisione di qualità dell’ex Fox (ora Disney). Loro avevano prodotto La forma dell’acqua e, fortunatamente, possedevano i diritti di Nightmare Alley. 

Se nella prima fase era stato Ron Perlman a stimolare la fantasia del regista, ora la spinta è arrivata dalla sua nuova moglie Kim Morgan. Storica del cinema ed esperta di noir non sapeva che del Toro fosse stato in passato interessato ad adattare quel libro. Glielo propose pochi giorni prima della vittoria agli Oscar invogliandolo a fare un nuovo tentativo. Quando chiese alla produzione, a distanza di 20 anni dalla prima presentazione, la risposta fu affermativa. Decisamente affermativa.

Avendo grande libertà ha cercato così di non fare un noir convenzionale, pur riprendendo l’aspetto estetico della tradizione. L’illuminazione segue i dettami classici e i riferimenti visivi hanno usato i lavori di pittori americani come Andrew Wyeth, Edward Hopper, Grant Wood e Thomas Hart Benton. Ha ingaggiato Cate Blanchett per operare con lei una decostruzione della classica femme fatale: “Guillermo ha visto il mio personaggio come un angelo vendicatore in un certo senso. È un ossimoro interessante perché ha all’interno le ferite e la vendetta, ma ha anche un senso di altruismo e uno scopo superiore” ha detto l’attrice. 

Bradley Cooper fu tra gli ultimi a firmare per avere una parte nel film. Ha detto che quello di Carlisle è stato il ruolo più difficile che abbia mai interpretato. In particolare ricorda che il regista l’ha fatto allenare per lungo tempo facendo boxe. Non c’è però nessun incontro di pugilato all’interno del film. Serviva solamente per avere un fisico coerente con l’epoca. Del Toro voleva evitare che il personaggio si muovesse come se avesse maneggiato fino a poco tempo prima un cellulare o come se vivesse in un mondo dove tutto è a portata di mano con internet. Ne La fiera delle illusioni tutti invece devono combattere contro un ambiente ostile e questo pericolo costante si riflette nel loro corpo e nel portamento.

Fonte: Hollywood Reporter

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